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Sentenza

L’esame del DNA svolto sui mozziconi delle sigarette fumate dall’imputato, mentre era intrattenuto negli uffici del carabinieri, è utilizzabile e  non è qualificabile atto invasivo o costrittivo, e non richiede l’osservanza delle garanzie difensive.
L’esame del DNA svolto sui mozziconi delle sigarette fumate dall’imputato, mentre era intrattenuto negli uffici del carabinieri, è utilizzabile e non è qualificabile atto invasivo o costrittivo, e non richiede l’osservanza delle garanzie difensive.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 ottobre – 15 novembre 2013, n. 45959
Presidente Marasca – Relatore De Marzo

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 15/06/2011 la Corte d'appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado che aveva ritenuto la responsabilità di T..I. , in relazione al delitto di furto aggravato in abitazione e lo aveva condannato alla pena di tre anni di reclusione e di Euro 250,00 di multa.
A fondamento della condanna, la sentenza impugnata ha posto, in primo luogo, i risultati dell'esame del DNA condotto sui mozziconi delle due sigarette fumate dall'imputato, mentre era intrattenuto negli uffici dei carabinieri: il test aveva rivelato un profilo genetico sovrapponibile in dodici loci genetici con quello che emergeva dalle tracce ematiche rinvenute sul luogo del furto e quindi esprimeva un'assoluta certezza quanto all'identificazione dell'autore del reato. In punto di utilizzabilità di siffatti esiti investigativi, la Corte territoriale ha sottolineato che i militari, peraltro autorizzati dal P.M., ben potevano recuperare i mozziconi; inoltre l'eccezione di nullità per violazione diritto di difesa, formulata per la prima volta con i motivi d'appello, doveva ritenersi sanata ai sensi dell'art. 180 cod. proc. pen..
Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte d'appello ha rilevato che neppure il difensore aveva evidenziato elementi positivi, utili all'invocato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sottolineando "la non particolare gravità dei precedenti penali", i quali, al contrario, deponevano per la pericolosità e la notevole capacità a delinquere dell'I. , sottoposto, all'epoca del furto in abitazione, a misura di prevenzione e, sempre all'epoca del furto, denunciato per porto abusivo d'arma.
2. Nell'interesse dell'I. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
2.1. La prima articolazione del motivo investe il capo della sentenza relativo all'affermazione di responsabilità dell'imputato e lamenta, in primo luogo, che il test del DNA effettuato sui mozziconi di sigaretta era stato eseguito senza che il ricorrente fosse stato informato degli accertamenti, che avrebbero dovuto svolgersi in contraddittorio e, pertanto, avrebbero dovuto essere preceduti dall'avviso al difensore, e senza che si fosse raccolto il consenso del destinatario. In secondo luogo, si rileva che, in assenza dei risultati del test, gli elementi valorizzati dalla Corte territoriale (i graffi riscontrati sulle mani e i polsi nonché in particolare disegno del tacco e della suola delle scarpe) rappresentavano meri indizi. In particolare, si rileva che scarpe simili sono acquistagli in normali negozi e che mancava un accertamento della misura della scarpa.
2.2. Con la seconda articolazione del motivo, si rileva che il giudice sarebbe dovuto pervenire ad una più mite determinazione della pena, attraverso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, da considerarsi prevalenti o almeno equivalenti alla contestata aggravante. Al riguardo, il ricorrente rileva che la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare la lontananza nel tempo dei due precedenti specifici e la non particolare gravità degli stessi.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. La prima articolazione del motivo è manifestamente infondata.
Va premesso che gli esiti dell'indagine genetica condotta sul DNA, atteso l'elevatissimo numero delle ricorrenze statistiche confermative, tale da rendere infinitesimale la possibilità di un errore, presentano natura di prova, e non di mero elemento indiziario ai sensi dell'art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 8434 del 05/02/2013 - dep. 21/02/2013, Mariller, Rv. 255257).
Ciò posto, occorre distinguere la critica che attiene alla mancanza di consenso dell'I. alla raccolta dei mozziconi di sigaretta dalla censura che investe la successiva fase degli accertamenti tecnici.
Sotto il primo profilo, osserva la Corte che, in tema di perizia o di accertamenti tecnici irripetibili, il prelievo del DNA della persona indagata, attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili, non è qualificabile quale atto invasivo o costrittivo, e, essendo prodromico all'effettuazione di accertamenti tecnici, non richiede l'osservanza delle garanzie difensive (Sez. 2, n. 2087 del 10/01/2012, Bardhaj, Rv. 251775).
Sotto il secondo profilo, si rileva che, come puntualmente rilevato dalla Corte territoriale, in tema di accertamento tecnico non ripetibile nel corso delle indagini preliminari, il mancato avviso all'imputato e al difensore del conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare un consulente tecnico di parte, da luogo a nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta non oltre la conclusione del giudizio di primo grado (Sez. 3, n. 46715 del 11/10/2012, Fichera, Rv. 253992).
Nella specie, il ricorrente solo con l'atto di appello, e dunque tardivamente, ha sollevato la questione.
1.2. Del pari inammissibile è la seconda articolazione del motivo.
Al riguardo, va ribadito che l'applicazione di attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola (Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, Stentano, Rv. 195339).
Nella specie, la doglianza del ricorrente non si concentra su tali elementi, se non per sminuire la portata negativa dei precedenti e, comunque, non considera affatto gli altri profili evidenziati dalla sentenza impugnata, rappresentati dalla sottoposizione dell'I. , all'epoca della commissione del furto, a misura di prevenzione e dalla denuncia, sempre riferita allo stesso periodo, per porto abusivo d'arma.
2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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