Invia al datore di lavoro via fax dei certificati risultati falsificati. Per la Cassazione è falsità materiale commessa dal privato in certificati ex art. 482 c.p.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 maggio - 10 giugno 2013, n. 25412
Presidente Gallo – Relatore Carrelli Palombi di Montrone
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 3/7/2012, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Corno sez. dist. di Cantù del 16/7/2009, che aveva condannato N.G. alla pena di mesi quattro e giorni venticinque di reclusione ed Euro 100,00 di multa per i reati di cui agli artt. a) 81 cpv. , 640 commi 1 comma 2 n. 1 cod. pen. e b) 81 cpv., 477, 482 cod. pen..
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, in punto di applicazione della disciplina del reato impossibile di cui all'art. 49 comma 2 cod. pen., rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e trattamento sanzionatorio con applicazione del minimo della pena previa concessione delle attenuanti generiche.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. mancata osservanza delle norme processuali, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen., in relazione all'art. 161 cod. proc. pen. Eccepisce al riguardo la nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello all'imputato, in quanto il primo tentativo di notifica dello stesso non è stato effettuato presso il corretto indirizzo di residenza dell'imputato.
2.2. mancata assunzione di una prova decisiva nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla mancata audizione in appello della teste Giuseppa Ruta ed alla mancata effettuazione di una perizia calligrafica sui certificati di cui al capo b).
2.3. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 640, 477 e 482 cod. pen.. Fa rilevare, al riguardo, che i certificati medici corretti sono pervenuti all'Agenzia dell'entrate, luogo di lavoro del ricorrente, solo a mezzo fax e che tale modalità di trasmissione, non seguita dal deposito dell'originale, non è idonea ad integrare il delitto di truffa. Ha eccepito poi che neppure sussiste il reato di falso, in quanto la condotta ha avuto per oggetto delle copie fotostatiche.
Considerato in diritto
3. Tutto ciò sopra posto, evidenziato preliminarmente che dagli atti non emergono cause di proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., osserva la Corte che il ricorso, non risultando manifestamente infondato, deve essere accolto, non sulla base dei motivi proposti, ma in forza della previsione contenuta ai sensi dell'art. 609, comma 2 c.p.p., essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione. Segnatamente il reato, consumato il giorno 28/4/2005 è estinto, essendo decorso il termine massimo di prescrizione di cui agli artt. 157 e ss c.p.p. Di conseguenza la sentenza deve essere annullata senza rinvio, ricorrendo l'ipotesi di cui all'art. 620, comma 1 lett. a) cod. proc. pen..
3.1. Segnatamente, con riferimento al primo motivo di ricorso rileva il Collegio che non si è verificata alcuna nullità assoluta nella citazione dell'imputato per il giudizio di appello. Difatti, come correttamente argomenta la Corte territoriale, la notifica è stata ritualmente effettuata, in base a quanto previsto dall'art. 157 comma 1 cod. proc. pen. presso il luogo ove l'imputato esercitava attività lavorativa mediante consegna a persona incaricata alla ricezione degli atti, modalità di notifica prevista, appunto, in via alternativa e non sussidiaria rispetto alla notifica presso il luogo di abitazione e dovendosi escludere che nel caso di specie l'imputato non abbia potuto avere conoscenza dell'atto ed esercitare il proprio diritto di difesa.
3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, nel giudizio d'appello la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'art. 603, comma 1 cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria e tale accertamento comporta una valutazione rimessa al giudice di merito che, se correttamente motivata come nel caso in esame, è insindacabile in sede di legittimità (sez. 4 n. 18660 del 19/2/2004, Montanari, Rv. 228353; sez. 3 n. 35372 del 23/5/2007, Panozzo, Rv. 237410; sez. 3 n. 8382 del 22/1/2008, Finazzo, Rv. 239341). Ed infatti la Corte territoriale ha dato ampia e articolata giustificazione in ordine alla decisione di non accogliere la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di sentire il teste indicato dalla difesa ed effettuare una perizia calligrafica sui certificati, evidenziando l'assoluta irrilevanza delle circostanze che si volevano con tali mezzi istruttori provare rispetto ai fatti contestati all'imputato.
2.3. Passando, infine, al terzo motivo di ricorso, quanto al reato di truffa la Corte argomenta in modo esaustivo con affermazioni prive di illogicità in ordine alla ritenuta integrazione del reato, indipendentemente dal fatto che la trasmissione dei certificati è avvenuta a mezzo fax; in tal senso la sentenza impugnata da atto che il comportamento dell'imputato era idoneo ad indurre in errore il datore di lavoro in ordine alla legittimità delle sue assenze per malattia, a nulla rilevando, ai fini dell'integrazione del reato, la circostanze che il datore di lavoro si sarebbe potuto avvedere prima del comportamento truffaldino tenuto dall'imputato, ove avesse tempestivamente richiesto, dopo l'invio del fax, il deposito dei certificati in originale. Difatti l'imputato aveva conseguiva l'ingiusto profitto, costituito dalla percezione del trattamento retributivo dovuto in caso di malattia, pur non sussistendone i presupposti, con conseguente danno per il datore di lavoro, già con la semplice trasmissione dei certificati contraffatti via fax.
Quanto poi al reato di falso di cui al capo b), correttamente la Corte territoriale, confermando la decisione di primo grado, ha ravvisato l'integrazione nel fatto materiale del reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., non potendo applicarsi al caso di specie quelle affermazioni di questa Corte, in base alle quali non sussiste il reato di falso documentale per inesistenza dell'oggetto ex art. 49 cod. pen., quando la falsificazione ha ad oggetto una copia fotostatica, presentata come tale, atteso che quest'ultima non ha, di per sé, valore di documento e può essere produttiva di effetti giuridici solo se autenticata o non espressamente disconosciuta (sez. 5 n. 11185 del 5/5/1998, Rv. 212130). Difatti nel caso di specie la fotocopia, trasmessa via fax, aveva l'apparenza dell'originale e veniva utilizzata in quanto tale e non come fotocopia, rivelandosi del tutto idonea a palesare una contraffazione dei certificati originali. Ciò in linea con il costante orientamento espresso sul punto da questa Corte, in base al quale le condotte di falsificazione di copie che tengono luogo dell'originale, quando il documento abbia l'apparenza e sia utilizzato come originale e non si presenti come una mera riproduzione fotostatica (sez. 5 n. 14308 del 19/3/2008, Rv. 239490; sez. 5 n. 22694 del 14/4/2010, Rv. 247981).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
11-06-2013 20:31
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