Imputato di sequestro di persona per avere impedito alla ex moglie, dopo un litigio, di scendere dall'autovettura nella quale era salita volontariamente.
Cassazione penale sez. V
Data:
25/09/2013 ( ud. 25/09/2013 , dep.07/10/2013 )
Numero:
41338
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano - Presidente -
Dott. FUMO Maurizio - Consigliere -
Dott. ZAZA Carlo - Consigliere -
Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere -
Dott. PISTORELLI Luca - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.M., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/10/2011 della Corte d'appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per l'imputato l'avv. Soldani Aldo, che ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con pronunzia del 24 ottobre 2011 la Corte d'appello di Firenze confermava la condanna alla pena di giustizia di M.M. per i reati di lesioni personali e sequestro di persona, commessi ai danni della moglie separata B.S., rigettando in tal modo l'appello proposto dall'imputato, peraltro esclusivamente avverso il capo della sentenza di primo grado relativo al delitto di cui all'art. 605 c.p..
2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre motivi.
2.1 Con il primo deduce vizi motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla ritenuta sussistenza del reato di sequestro di persona, lamentando che la Corte territoriale non avrebbe correttamente valutato e conseguentemente argomentato sulle seguenti circostanze:
- che in realtà la B. si era volontariamente recata all'appuntamento con l'imputato e che altrettanto volontariamente aveva acconsentito di accompagnarlo a (OMISSIS) per espletare delle pratiche relative alla società di cui il M. era socio di maggioranza e la donna amministratrice;
- che dopo il litigio verificatosi nel corso del tragitto - culminato nelle percosse che avevano causato le lesioni alla B., episodio questo non contestato dal ricorrente -come concordemente riferito tanto dall'imputato che dalla persona offesa, il M. si era fermato in una piazzola di servizio e qui aveva impedito alla moglie di scendere soltanto perchè temeva che la stessa, nello stato di alterazione in cui si trovava, volesse compiere un gesto estremo;
- che nel prosieguo del viaggio il M. non aveva compiuto ulteriori atti di violenza nei confronti della B., mentre questa aveva liberamente effettuato ben due telefonate a propri congiunti e ricevuto quella di un sottufficiale dei carabinieri allertato da questi ultimi;
- che l'imputato a questo punto aveva sì privato la donna del cellulare, gettandolo fuori dal finestrino, ma solo perchè preoccupato che il suo colloquio con il militare potesse comportare conseguenze in merito all'affidamento dei figli.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita da un sms asseritamente inviato dalla persona offesa all'imputato successivamente alla pronunzia della sentenza di primo grado, messaggio in cui la donna avrebbe escluso di essere stata "rapita" dal marito, ammettendo per di più di essere stata colpita dal medesimo solo in reazione al fatto che ella per prima gli avrebbe "tirato i capelli". Non meno illegittimamente la Corte territoriale avrebbe altresì rigettato la richiesta di riapertura dell'istruttoria dibattimentale finalizzata ad una nuova audizione della B..
2.3 Con il terzo motivo viene invece denunciata l'errata qualificazione giuridica del fatto da parte dei giudici d'appello, atteso che lo stesso avrebbe dovuto più correttamente essere ricondotto allo schema della violenza privata, atteso che la persona offesa non sarebbe stata privata della propria libertà personale.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili sotto diversi profili.
1.1 Per quanto concerne le presunte carenze argomentative della sentenza, le doglianze del ricorrente risultano sia generiche che manifestamente infondate. Infatti, la Corte territoriale ha sviluppato una motivazione tanto esaustiva, quanto coerente con il compendio probatorio di riferimento, aderendo alla versione dei fatti offerta dalla persona offesa, in quanto intrinsecamente attendibile e soprattutto assistita da molteplici elementi esterni di conferma - non ultime le parziali ammissioni dell'imputato in merito alle percosse infette. Ed in tal senso, in maniera che va esente da censure rilevabili in questa sede, i giudici di legittimità sono approdati alla conclusione che, ignorando le ripetute richieste della donna di fermarsi e di lasciarla andare, picchiandola, privandola del cellulare (dopo che ella aveva ricevuto la telefonata del carabiniere allertato dai familiari) ed, infine, inseguendola e minacciandola dopo che questa, una volta giunti a (OMISSIS), era riuscita a fuggire ed a rifugiarsi in una tabaccheria, l'imputato abbia effettivamente privato della libertà personale la B. per un periodo di tempo apprezzabile, commettendo così il reato di sequestro di persona.
1.2 Il ricorrente lamenta per converso che la Corte territoriale avrebbe omesso di prendere in considerazione le circostanze illustrate in precedenza, viziando conseguentemente la tenuta logica della linea argomentativa sviluppata a sostegno della rassegnata conclusione sulla base di una selezione arbitraria dei fatti effettivamente accertati.
Tale censura è, come detto, innanzi tutto generica, atteso che il ricorso si limita a riportare i fatti dedotti, senza premurarsi di spiegare perchè gli stessi inficerebbero il ragionamento svolto nella sentenza e perchè dunque la loro eventuale omessa considerazione risulterebbe decisiva nella ricostruzione del fatto.
Ed in proposito particolarmente evidente risultano i limiti di ammissibilità del ricorso solo che si guardi alla descrizione dell'episodio della sosta nella piazzola di servizio, in riferimento alla quale si sostiene la presunta convergenza delle versioni fornite dall'imputato e dalla persona offesa, che gli stessi brani delle rispettive dichiarazioni riportati dal ricorrente rivelano invece inesistente (atteso che la B. ha riferito come sia stato il M. a sostenere di trattenerla paventando sue reazioni sconsiderate e non lei a minacciarle), evidenziando la correttezza dell'interpretazione fornitane dai giudici fiorentini.
1.3 Ma in realtà le obiezioni difensive si rivelano altresì manifestamente infondate, atteso che la Corte territoriale ha invero preso in considerazione la maggior parte delle circostanze menzionate nel primo motivo di ricorso, interpretandone il significato in punto di fatto e di diritto nel modo che si è ricordato in precedenza. Ed in tal senso, dunque, l'ambito effettivo della contestazione si riduce all'omessa valutazione dell'antefatto di quanto avvenuto nel tragitto verso (OMISSIS) e cioè che la B. si era prestata volontariamente ad accompagnare 61 M.. Ma in proposito va ribadito come la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all'annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l'esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 9242 del 8 febbraio 2013, Reggio, Rv.
254988).
1.4 In definitiva deve rilevarsi come le censure del ricorrente si traducano nel tentativo di prospettare una diversa ricostruzione del fatto che si risolve nella prospettazione di una lettura soggettivamente orientata del materiale probatorio alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito al fine di sollecitare quello di legittimità ad una rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o all'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei medesimi, che invece gli sono precluse ai sensi dello stesso art. 606, lett. e) invocato con il ricorso.
1.5 Quanto infine alla presunta erroneità della qualificazione giuridica, deve osservarsi come nuovamente le doglianze del ricorrente risultino generiche ed assertive, atteso che il ricorso difetta della necessaria correlazione con il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale per affermare la configurabilità nei fatti esposti del reato di sequestro di persona, limitandosi a ribadire la diversa tesi favorevole alla sussumibilità degli stessi nello schema della violenza privata, motivatamente confutata nella sentenza impugnata e indubbiamente corretta. Infatti, nel caso di specie, non v'è dubbio che il M. abbia impedito, ricorrendo alla violenza e alle minacce, alla persona offesa di scendere dalla vettura obbligandola a seguirlo anche quando questa non era più la sua volontà, limitandone dunque la libertà personale, senza che in tal senso rilevi il fatto che questa abbia potuto continuare ad usare il cellulare (peraltro sottrattole non appena l'imputato ha ritenuto il suo utilizzo eccessivamente pericoloso), atteso che non è necessario che tale limitazione si traduca in una privazione assoluta della suddetta libertà (Sez. 1, n. 18186 del 8 aprile 2009, Lombardo, Rv. 244050).
2. inammissibile è infine anche il secondo motivo di ricorso, atteso che la Corte territoriale ha fornito adeguata motivazione sulle ragioni per cui ha ritenuto l'assoluta superfluità dell'assunzione delle prove richieste con l'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, la cui critica si riduce all'apodittica affermazione dell'erroneità dell'assunto giustificativo, senza che il ricorrente abbia in alcun modo argomentato sulla decisività delle prove che avevano formato oggetto di richiesta e cioè sulla loro effettiva attitudine, tenuto conto del compendio probatorio già acquisito, a determinare, se esperite, una diversa decisione (Sez. 6, n. 14916 del 25 marzo 2010, Brustenghi e altro, Rv. 246667).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2013
07-11-2013 20:36
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