Il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 ottobre – 4 novembre 2013, n. 24718
Presidente Segreto – Relatore Giacalone
In fatto e in diritto
Nella causa indicata in premessa, é stata depositata la seguente relazione: "1. - La sentenza impugnata (App. Napoli, 02/05/2011) ha, per quanto qui rileva, rigettato l'appello proposto da G.A. e confermato la sentenza del Tribunale di Napoli, che, in parziale accoglimento della domanda di risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura a seguito del tamponamento da parte dell'autocarro di proprietà della Europlastik S.r.l., assicurato dalla Uni One Assicurazioni S.p.a. (già Uniass Ass.ni), aveva accertato l'operatività della presunzione di pari colpa concorrente di cui all'art. 2054, secondo comma, c.c. e condannato la Europlastik e la Uni One Ass.ni, in solido, al pagamento di 1.971, 83 Euro a favore dell'odierno ricorrente.
2. - Ricorre per Cassazione il G. ; gli intimati non hanno svolto attività difensiva. I motivi lamentati dal ricorrente sono:
2.1 - Violazione o falsa applicazione dell'art. 2054, secondo comma, c.c., art. 176, primo comma CdS e art. 149, primo comma, CdS, in relazione all'art. 360, n. 3 - 5, in quanto il ragionamento seguito dalla Corte Territoriale sarebbe in contrasto con la presunzione di responsabilità che de facto va posta a carico di colui il quale tampona il veicolo che precede, laddove ha ritenuto condivisibili le conclusioni del giudice di primo grado circa l'operatività della presunzione di cui all'art. 2054, secondo comma, c.c.;
2.2 - Erronea o omessa motivazione in ordine alla liquidazione del danno, violazione dell'art. 1226 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 - 5, per avere il giudice d'appello ritenuto che il risarcimento del danno vada commisurato al valore commerciale del bene al momento del sinistro. Il ricorrente richiama l'orientamento giurisprudenziale in base al quale, nel caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato e il costo delle riparazioni, il giudice possa condannare il danneggiante ad un risarcimento per equivalente: la Corte Territoriale, dopo aver dichiarato pacifiche la demolizione del veicolo e la eccessiva onerosità delle riparazioni, ha sottratto la statuizione del primo giudice a censura, in quanto comunque sorretta da una valutazione non specificamente contestata, laddove quella del G. aveva ad oggetto il preventivo di spesa ed il valore a nuovo del veicolo. Il G. , invece, ritiene di aver adeguatamente dimostrato, già in primo grado, le scriminanti necessarie per determinare un risarcimento per equivalente, supportate dalla consulenza del perito F..R. ;
2.3 - Erronea e/o omessa motivazione in ordine alla mancata liquidazione dell'IVA, falsa applicazione dell'art. 18 DPR 633/1972, in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 - 5, evidenziando che l'IVA costituisce una componente del danno, in quanto spese non evitabili dal creditore e, conseguentemente, illegittima la decisione del giudice di secondo grado laddove non provvede alla liquidazione della stessa;
2.4 - Violazione e o falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 - 5, per avere il giudice d'appello confermato quanto disposto dal giudice di primo grado in ordine alle spese di lite, senza un adeguato supporto motivazionale a sostegno della disposta compensazione.
3. - Il ricorso è manifestamente privo di pregio.
3.1 - Quanto al primo motivo di ricorso, si ripropone, in particolare, un'inammissibile "diversa lettura" delle risultanze probatorie, senza tenere conto del consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonché Cass. n. 26886/08 e 21062/09, in motivazione). Inoltre, in tema di incidenti stradali la ricostruzione della loro dinamica, come pure l'accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento della esistenza o esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico - giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all'art. 2054 c.c. (tra le tantissime, Cass. 5 giugno 2007 n. 15434; 10 agosto 2004 n. 15434; Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10 luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. 11 novembre 2002, n. 15809).
3.2 - Il secondo motivo di gravame è infondato. Il ricorrente, nel formulare la censura, prescinde totalmente dall'orientamento di questa S.C., secondo cui a norma dell'art. 2058, secondo comma, c.c., il giudice, allorché sia richiesto il risarcimento in forma specifica può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore.
Si ha eccessiva onerosità, ai sensi della citata norma, quando il sacrificio economico necessario per il risarcimento in forma specifica, in qualsiasi dei modi prospettabili (incluse, quindi, le riparazioni effettuate direttamente dal danneggiante o la corresponsione delle somme al danneggiato per effettuare dette riparazioni), superi in misura appunto eccessiva, date le circostanze del caso, il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente.
Ne consegue che, in caso di domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, costituita dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni, in effetti si è proposta una domanda di risarcimento in forma specifica. Se detta somma supera notevolmente il valore di mercato dell'auto, da una parte essa risulta eccessivamente onerosa per il debitore danneggiante e dall'altra finisce per costituire una lucupletazione per il danneggiato. Ne consegue che in caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto delle riparazioni necessarie, il giudice potrà, in luogo di quest'ultimo, condannare il danneggiante (ed in caso di azione diretta ex art. 18 L. n.990/69, l'assicuratore), al risarcimento del danno per equivalente (Cass. 2402/1998; 15197/2004; 21012/2010; 259/2013).
Nel caso in esame, il giudice d'appello ha ritenuto che, pacifiche la demolizione a seguito del sinistro del veicolo già del G. nonché la eccessiva onerosità delle riparazioni, si sottrae dunque a censura la statuizione del primo giudice, comunque sorretta da una valutazione non specificamente contestata, laddove quella del consulente dell'odierno ricorrente aveva ad oggetto il preventivo di spesa ed il valore a nuovo del veicolo.
Inoltre, è devoluta al giudice del merito l'individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l'unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata(Cass. n. 9384/1995; 6023/2000; 17365/2004). Quindi è immune da censure in questa sede di legittimità la sentenza impugnata che ha ritenuto di non poter accogliere la domanda.
3.3. Conseguentemente, anche il terzo motivo di ricorso è infondato, in quanto, come motivato nella sentenza qui impugnata, è pur vero che il risarcimento del danno patrimoniale si estende agli oneri accessori e consequenziali, ma solo qualora la liquidazione sia stata operata in base alle spese di riattazione il risarcimento comprende anche l'IVA; essendo in questo caso stato riconosciuto il valore commerciale del veicolo e non l'importo, non sarebbe possibile aggiungervi l'IVA, occorrente per le riparazioni.
3.4 - Il quarto motivo di gravame è manifestamente privo di pregio, in quanto non tiene conto che si configura la violazione del precetto di cui all'art. 91 cod. proc. civ. - che impone di condannare la parte soccombente al pagamento totale delle spese giudiziali, salvi i casi di compensazione totale o parziale delle stesse, come consentito dal successivo art. 92 cod. proc. civ. - ogni qualvolta il giudice ponga, anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte risultata totalmente vittoriosa. (Cass. 12963/2007; 13229/2011). Il giudice d'appello invece ha, nel caso in esame, ritenuto che la consistente riduzione nel quantum giustificava indubbiamente la compensazione delle spese di lite in ragione della metà.
4. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso".
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.
Non sono state presentate memorie né conclusioni scritte.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato;
nulla per le spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede;
visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
06-11-2013 15:13
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