Il Giudice intende ridurre la parcella dell'avvocato: è obbligatoria una motivazione dettagliata e analitica. In caso contrario la decisione è illegittima.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 febbraio - 23 maggio 2013, n. 12822
Presidente Oddo – Relatore Bursese
Fatto e diritto
1. - L'avvocato V. impugna l'ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, pubblicata il 22 dicembre 2006, che ha definito la procedura dallo stesso avvocato proposta ai sensi degli articoli 28 e 29 della legge 794 del 1942 per la liquidazione degli onorari spettantigli per aver assistito e difeso, in un giudizio civile, il cliente M..C. .
2. Al riguardo, il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1 - Con il primo lamenta violazione di legge e vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che: a) non ha considerato l'attività svolta, risultante dal fascicolo di causa e dalla notula prodotta; b) ha applicato per gli onorari la tariffa del 1994 invece che quella del 2004, posto che l'attività processuale si era conclusa in data 8 giugno 2004 e che le tariffe del 2004 erano entrate in vigore il 2 giugno 2004 (decreto ministeriale 8 aprile 2004, Gazzetta Ufficiale n. 115 del 18 maggio 2004); c) ha infine operato una liquidazione al di sotto dei minimi, anche a voler considerare come applicabili le tariffe del 1994.
Il provvedimento impugnato, inoltre, era errato per non aver riconosciuto nella misura del 12,5% le spese generali così come previsto dall'articolo 14 del decreto ministeriale del 2004, posto che tali spese vanno calcolate con riguardo al momento finale della prestazione, che ricadeva appunto nella vigenza di tale ultimo decreto ministeriale.
2.2 - Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento degli interessi di mora al tasso legale a decorrere dalla costituzione in mora, avvenuta il 17 luglio 2006, nonché il mancato ed immotivato riconoscimento della rivalutazione monetaria.
3. Nessuna attività in questa sede ha svolto l'intimato.
4. Il ricorso è fondato e va accolto limitatamente alla censura, contenuta nel primo motivo, di vizio di motivazione, essendo invece infondato nel resto, per quanto di seguito si chiarisce.
4.1 - Il primo motivo va accolto sotto il dedotto profilo del vizio di motivazione. Occorre premettere che questa Corte ha già avuto più volte occasione di affermare che “in tema di determinazione del compenso spettante al difensore nel caso di successione di tariffe professionali nel corso del processo, mentre gli onorari di avvocato devono essere liquidati in base alla tariffa vigente al momento in cui l'opera complessiva è stata condotta a termine con l'esaurimento o la cessazione dell'incarico professionale, i diritti di procuratore, invece, vanno liquidati alla stregua delle tariffe vigenti al momento delle singole prestazioni, le quali si esauriscono nell'atto stesso in cui sono compiute. (Cass. n. 11814 del 1998, Rv. 52095; nonché Cass. 2005 n. 5426, Cass. 2010 n. 11482)”.
L'ordinanza impugnata non sembra aver fatto applicazione di tali principi, posto che, come osservato dal ricorrente, anche utilizzando le tariffe precedenti, risulterebbe una liquidazione al di sotto dei minimi, aspetto anche questo censurato. Ma, al riguardo occorre rilevare che appare prevalente il dedotto vizio di motivazione. Infatti, pur avendo dato atto analiticamente di tutti i presupposti necessari ai fini della richiesta liquidazione, l'ordinanza impugnata ha proceduto poi ad una liquidazione sintetica (indicando solo l'importo per diritti, per onorari ecc) senza in alcun modo indicare le voci eventualmente escluse (e i relativi motivi), pure specificate nella notula presentata dal professionista ed accompagnata anche dal parere del competente ordine professionale.
4.2 - Infondato risulta, invece, il secondo motivo, relativo alla decorrenza degli interessi di mora e della rivalutazione, posto come questa Corte ha già avuto occasione di affermare il condiviso principio secondo cui “... quando insorge controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento ex art. 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (che è di particolare, sollecita definizione), sicché è da quella data - e nei limiti di quanto liquidato dal giudice - e non da prima che va riportata la decorrenza degli interessi”. (Sez. 2, Sentenza n. 2431 del 02/02/2011, Rv. 616494).
5. Il ricorso va accolto nei limiti indicati, il provvedimento impugnato cassato, e la causa va rimessa per nuovo esame al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in altra composizione, cui è anche demandato, ex art. 385 cpc, di pronunziare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie in parte il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo; cassa in relazione al motivo accolto il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in altra composizione anche per le spese.
26-05-2013 17:00
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