Il fisioterapista non ha alcuna autonomia nelle prestazioni riabilitative erogate dal S.S.N.. Il controllo è del medico fisiatra.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 18 gennaio - 5 aprile 2013, n. 1890
Presidente Lodi – Estensore Puliatti
Fatto
1. L'A.I.F.I. - Associazione Italiana Fisioterapisti, Sezione regionale del Veneto, ha impugnato due delibere adottate dalla Regione (la seconda a parziale modifica della prima) che, asseritamente in contrasto con la normativa statale, delineano un ruolo del fisioterapista meramente esecutivo e privo di autonomia rispetto a quello del fisiatra, al quale attribuiscono non solo la diagnosi, ma anche di stabilire le “specifiche prescrizioni”, oggetto del programma/progetto riabilitativo individuale, che, invece, secondo l'Associazione ricorrente, rientrerebbero nella competenza del fisioterapista, in base all'art. 2 del D.M. 741 del 14.9.1994 e all'art. 2 della l. 251 del 10.8.2000.
2. La sentenza appellata ha rigettato il ricorso, riconducendo i compiti del fisioterapista nell'ambito dell'attività di equipe, che dà attuazione al progetto/programma riabilitativo redatto dal fisiatra.
3. L'Associazione propone appello, lamentando l'errata interpretazione da parte del TAR delle norme statali che disciplinano la professione del fisioterapista, con efficacia vincolante anche per le regioni, in rapporto alle competenze mediche ed a quelle delle altre professioni sanitarie.
Essenzialmente, l'appellante, pur non contestando che spetti al medico la diagnosi e la prescrizione del trattamento sanitario, si oppone all'accentramento dei compiti e delle responsabilità del processo riabilitativo esclusivamente in capo al fisiatra, con conseguenze lesive non solo delle attribuzioni professionali del fisioterapista e della sua autonomia, ma anche lesive per gli utenti, che si vedono complicare l'accesso alle prestazioni sanitarie del S.S.N. dalla necessità di provvedere ad una visita ulteriore del fisiatra, anche quando la prescrizione sia proveniente da altro medico (ad es. ortopedico).
Secondo l'appellante, invece, ai sensi del D.M. 741/1994, spetta al fisioterapista definire il “programma di riabilitazione”, che costituisce la “valutazione qualitativa dei casi e delle terapie” da svolgere, conformemente alle previsioni dell'art. 2, comma 1, l. 251 del 10.8.2000.
Le delibere regionali impugnate, attribuendo al fisiatra la competenza riguardo al progetto/programma riabilitativo, invaderebbero illegittimamente l'ambito di attività che il legislatore riserva al fisioterapista; pertanto, l'inciso “nel rispetto delle attribuzioni e competenze definite dalla vigente normativa per ogni specifico profilo professionale” rimarrebbe privo di significato precettivo. La Regione, inoltre, avrebbe omesso di motivare al riguardo.
Mancherebbe, infine, nella sentenza l'esplicitazione delle ragioni che giustificano una così grave alterazione delle competenze professionali del fisioterapista.
4. Sono intervenute ad adiuvandum varie Associazioni che perseguono istituzionalmente la tutela delle professioni sanitarie nell'area riabilitativa e della salute degli utenti che di tali servizi si avvalgono.
5. All'udienza del 18 gennaio 2013, l'appello è stato trattenuto in decisione.
Diritto
1. L'appello non può essere accolto.
2. La ricostruzione della normativa statale, fatta propria dal primo giudice, evidenzia, in effetti, un ruolo di centralità e responsabilità nel percorso terapeutico nell'area della riabilitazione in capo al medico; cosicché non è stato ritenuto lesivo delle competenze professionali del fisioterapista che le delibere impugnate abbiano previsto che l'accesso alle prestazioni riabilitative erogate dal S.S.N. avvenga sotto il controllo di un medico fisiatra, non solo per il profilo della individuazione della terapia, ma anche della sua esecuzione.
Analoga interpretazione è stata seguita nella giurisprudenza di altri TAR (T.A.R. Sicilia - Catania sez. II, 17 febbraio 2003, n. 238; T.A.R. Lazio - Roma, sez. III, 22 febbraio 2012, n. 1792).
Ad avviso del Collegio la sentenza impugnata tiene debitamente conto, oltre che del principio dell'autonomia delle competenze degli operatori sanitari, sancito dall' art. 2 l. 251/2000, anche del sistema che si è venuto a delineare a livello statale per assicurare uniformità ai livelli assistenziali sul territorio nazionale.
L'art. 2 della l. 251/2000 definisce l'attività degli operatori delle professioni sanitarie dell
10-04-2013 20:15
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