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Sentenza

Il danno biologico («cioè la lesione della salute»), quello morale («cioè la sofferenza interiore») e quello esistenziale (o «dinamico-relazionale e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane»), costituiscono pregiudizi diversi e quindi autonomamente risarcibili.
Il danno biologico («cioè la lesione della salute»), quello morale («cioè la sofferenza interiore») e quello esistenziale (o «dinamico-relazionale e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane»), costituiscono pregiudizi diversi e quindi autonomamente risarcibili.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 marzo - 28 giugno 2013, n. 16413
Presidente Stile – Relatore Marotta

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 246/2007 del 18 febbraio 2008 la Corte di appello, giudice del lavoro, di Lecce confermava la decisione del Tribunale di Taranto che, in parziale accoglimento della domanda di L.G. nei confronti della Wartsila NDS Italia S.p.A., aveva ritenuto che il ricorrente, con il trasferimento presso la base di Taranto della divisione Grandi Motori fosse stato privato, di fatto, di ogni compito lavorativo e posto in una condizione di isolamento e svilimento della sua dignità di uomo e lavoratore causativa dello stato depressivo in cui era caduto. La Corte di merito, analogamente a quanto sul punto deciso dal giudice di primo grado, escludeva, peraltro, che potesse essere ricollegata alla suddetta condizione lavorativa anche la patologia tumorale da cui il L. era risultato affetto. Confermava, infine, il riconoscimento di un danno biologico permanente nella misura del 35% e liquidava tale danno in Euro 87.686,00 sulla base delle tabelle in uso presso il distretto; confermava, altresì, il riconoscimento della somma di Euro 21.921,00 (pari ad 1/4 del danno biologico) a titolo di danno morale ed Euro 15.493,00 a titolo di danno esistenziale. Riteneva, infine, corretta la decisione di rigetto della domanda di garanzia proposta dalla Warstalia nei confronti della SASA Ass.ni e Riass.ni S.p.A..
Per la cassazione di tale sentenza la Warstalia NSD Italia S.p.A. affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso G..L. e propone contestuale ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
È rimasta solo intimata la SASA Ass.ni e Riass.ni S.p.A..

Motivi della decisione

1. I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti ex art. 335 cod. proc. civ..
2. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia: "Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) costituito dagli eventi che avevano preceduto ed accompagnato il trasferimento del sig. L. alla Divisione Grandi Motori di Taranto". Deduce che Corte territoriale non ha attribuito rilevanza alla circostanza, specialmente posta in rilievo dalla società nel giudizio di merito, che lo stato di parziale inattività del lavoratore non era addebitabile ad una scelta volontaria della Wartsila bensì piuttosto l'effetto di obiettive e dimostrate ragioni tecnico produttive nell'ambito di una manovra tesa a consentire la salvaguardia di alcuni profili professionali ed il risultato di una consensuale valutazione per mantenere la posizione lavorativa del L. a XXXXXXX. Addebita, in sostanza, alla Corte di merito, la mancata contestualizzazione della circostanza del sottoutilizzo delle energie lavorative del L. .
3. Il motivo presenta innanzitutto profili di inammissibilità.
Se pure è vero che si riporta il contenuto delle pagine 12, 13, 14 e 15 del ricorso in appello non altrettanto avviene con riguardo ai documenti in questo citati (ciò in violazione del principio di autosufficienza del ricorso).
Mancano, quindi, elementi, per ritenere la decisività del rilievo.
Inoltre dal contenuto delle pagine suddette che, invero, appaiono meramente descrittive delle ragione che, a dire della società, avrebbero determinato il trasferimento del L. , non si rileva una specifica censura, sul punto, alla sentenza della Corte Lecce che, lungi dall'aver ignorato le circostanze fattuali addotte dall'appellante (afferenti alla omessa considerazione del fatto che il L. , provenendo dalla Fincantioeri, era divenuto dipendente della società in nel quadro di un accordo complessivo tra varie società del siderurgico "sicché per alcune figure professionali, come quella dell'appellato, non vi era la possibilità di un inserimento proficui nel ciclo produttivo") ha escluso, sulla base della complessiva valutazione delle risultanze istruttorie, che l'inoperosità del dipendente potesse essere la conseguenza di una oggettiva carenza di lavoro ovvero di problemi organizzativi derivanti dagli accordi conclusi in ambito siderurgico.
In ogni caso la società ricorrente sviluppa censure di merito che tendono ad una rivalutazione del "fatto", non consentita in questa sede.
Sul punto deve ribadirsi l'indirizzo consolidato in base al quale la valutazione delle risultanze probatorie e la scelta, tra queste, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la decisione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, con la conseguenza che il controllo di legittimità da parte della Corte di cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria degli elementi considerati, ma solo la sua congruenza dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova, non essendo conferito alla S.C. il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è, appunto, riservato l'apprezzamento dei fatti (cfr. ex plurimis Cass. n. 6288 del 18/03/2011, id. n. 27162 del 23/12/2009 e n. 17477 del 9/08/2007). Ond'è che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all'opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. Diversamente, si risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito; cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi di aver omesso l'esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacché né l'una né l'altra gli sono richieste, mentre soddisfa l'esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo (in tali termini, cfr. Cass. 23 maggio 2007 n. 120520).
In aderenza alla suddetta regola di diritto, rileva questa Corte che il giudice del merito ha fatto corretta applicazione della legge e della logica ed ha compiutamente esposto le ragioni per cui, sulla base delle deposizioni testimoniali rese da C.F. , da A..V. e F..T. , era da confermare la ricostruzione operata dal Tribunale secondo la quale il L. , al momento del suo trasferimento presso la base di XXXXXXX della divisione Grandi Motori, era stato privato, di fatto, di ogni compito lavorativo restando così pregiudicato nella sua identità culturale e professionale. Inoltre la Corte territoriale ha chiaramente escluso che l'inoperosità del L. potesse essere la conseguenza di una oggetti va carenza di lavoro o di problemi di carattere organizzativo derivanti da accordi conclusi in ordine siderurgico per contenere l'espulsione di manodopera, con ciò dando atto di un completo esame di tutte le risultanze di causa e dei rilievi della parte appellante.
3. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia: "Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) costituito dalle concrete modalità di ricorso allo straordinario da parte della Wartsila persso la sede di XXXXXXX". Si duole del fatto che la Corte territoriale ha ritenuto quale sintomo rilevatore del proposito della società di svilire il L. la mancata attribuzione allo stesso di lavoro straordinario, costantemente assegnato ad altri dipendenti, ciò senza tener conto della diversità delle mansioni svolte da coloro (impiegati tecnici) che tali prestazioni ulteriori erano stati chiamati ad effettuare.
4. Valgono anche per questo motivo i rilievi sopra evidenziati sia con riguardo alla carenza di autosufficienza (si fa riferimento a risultanze di prove testimoniali che avrebbero escluso l'effettuazione di lavoro straordinario da parte di impiegati di eguale professionalità del L. senza altra specificazione) sia con riguardo alla inammissibilità di una rivalutazione del fatto.
Si aggiunga, inoltre, che il riferimento operato dalla Corte di merito alle modalità di ricorso al lavoro straordinario è utilizzato quale argomentazione ad abundantiam, pertanto non essenziale a sorreggere la decisione rispetto alle ragioni in precedenza esaminate.
5. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia: "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2049, 1123 e 1225 cod. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.)" Si duole del fatto che la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado anche in punto di quantificazione del risarcimento del danno, non ha tenuto conto della specifiche censure sollevate in sede di atto di appello in relazione al riconoscimento di somme risarcitorie a titolo di danno morale ed esistenziale. Rileva che in tal modo il giudice di merito ha erroneamente effettuato una duplicazione di voci risarcitorie in contrasto con i principio affermati da questa Corte nella decisione a sezioni unite del 11/11/2008 n. 26972.
6. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Si osserva innanzitutto che, con riferimento alla quantificazione del danno, non risulta alcun corrispondente motivo di appello (si rileva dalla sentenza impugnata che le doglianze dell'appellante afferivano alla sola valutazione medico-legale della misura del danno biologico).
Inoltre, non si riscontra alcuna duplicazione laddove le voci risarcitorie hanno distintamente riguardato (come si rileva dalla confermata sentenza di primo grado il cui testo è stato riprodotto in sede di controricorso) il danno biologico (inteso come mera lesione della integrità psicofisica), il danno morale (inteso come sofferenza interiore temporanea causata dalla commissione di un fatto illecito), il danno esistenziale (inteso come umiliazione delle capacità ed attitudini lavorative con pregiudizio all'immagine del dipendente sul luogo di lavoro).
Si ricorda, sul punto, che in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato ovvero sia stato erroneamente sottostimato, rileva non il nome assegnato dal giudicante al pregiudizio lamentato dall'attore (biologico, morale, esistenziale) ma unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dal giudice. Si ha pertanto duplicazione di risarcimento solo quando il medesimo pregiudizio sia stato liquidato due volte, sebbene con l'uso di nomi diversi (cfr. in tal senso Cass. n. 10527/2011, v, anche Cass. n. 15414/2011 cfr., in materia di danno subito dal lavoratore, anche Cass. n. 9238/2010, n. 23053/2009 nonché la più recente Cass. 20 novembre 2012 n. 20292 secondo cui il danno biologico - cioè la lesione della salute -, quello morale - cioè la sofferenza interiore - e quello dinamico - relazionale - altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l'illecito abbia violato diritti fondamentali della persona -costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili; né tale conclusione contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti).
6. Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia: "Omessa e/o contraddittoria e/o motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.), costituito dalla copertura assicurativa fornita alla Wartsila dalla polizza n. 26.306-286-6 stipulata con la SASA". Assume che la Corte territoriale non ha fornito alcuna risposta alle legittime domande poste dalla Warstila al punto G del proprio appello ed in particolare omesso di considerare il punto 7, lett. B delle Condizioni particolari della polizza che non conteneva alcuna limitazione temporale.
7. Il motivo è infondato.
Le censure attengono alla interpretazione di un atto contrattuale (polizza). In termini generali, l'interpretazione di ogni atto contrattuale, richiedendo l'accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in una indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, ed è pertanto censurabile in sede di legittimità soltanto nel caso in cui la motivazione risulti talmente inadeguata da non consentire la ricostruire l'iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche. La denuncia di quest'ultima violazione esige una specifica indicazione dei canoni in concreto non osservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione, mentre la denuncia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell'obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice di merito, non potendo nessuna delle due censure risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. ex multis Cass. n. 26683 del 3 dicembre 2006).
Orbene, la società ricorrente per correttamente investire questa Corte dell'erroneità dell'interpretazione fornita dal giudice del merito alla polizza indicata avrebbe dovuto dedurre una specifica violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero specifici vizi di motivazione.
Nella specie la Wartsila si è limitata solo a prospettare una diversa (e più favorevole) interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante, il che non è ammissibile (cfr. anche Cass. n. 3772 del 25 febbraio 2004).
Del resto, in ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l'interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un'altra (si veda, tra le altre, Cass. n. 4178 del 22 febbraio 2007).
In ogni caso, nella fattispecie in esame non si ravvisa nel ragionamento della Corte leccese né violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362 cod. civ. e segg.) né un vizio di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 5) avendo i giudici di appello ritenuto che la polizza cui aveva fatto riferimento il giudice di primo grado non consentisse di ricomprendere nella copertura assicurativa la malattia professionale del L. (verificatasi prima della data di decorrenza stabilita in contratto) e che non potesse farsi riferimento ad una polizza precedentemente stipulata (peraltro tardivamente prodotta dalla società) che aveva esaurito la propria efficacia molto tempo prima della data alla quale andava fatta risalire la malattia dell'appellato.
8. Il ricorso principale deve, di conseguenza, essere rigettato.
9. Con l'unico motivo di ricorso incidentale L.G. denuncia: "Omessa, contraddittoria insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 2043, 2087 e 2059 cod. civ., 40, 41 e 185 cod. pen., 29, 30 e 31 Cost. ed infine art. 2697 cod. civ.". Si duole della perentoria ed immotivata esclusione del rapporto causale tra la riconosciuta patologia da stress e la nefasta patologia tumorale da cui è afflitto il ricorrente.
10. Anche tale motivo è infondato.
Per costante insegnamento di questa S.C., nei giudizi in cui sia stata esperita c.t.u. medico-legale, nel caso in cui il giudice del merito si basi sulle conclusioni dell'ausiliare giudiziario, affinché i lamentati errori e lacune della consulenza tecnica determinino un vizio di motivazione della sentenza denunciabile in cassazione, è necessario che i relativi vizi logico-formali si concretino in una palese devianza dalle nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente errate, con il relativo onere, a carico della parte interessata, di indicare le relative fonti, senza potersi la stessa limitare a mere considerazioni che si traducono in una inammissibile critica del convincimento del giudice di merito fondato, per l'appunto, sulla consulenza tecnica (cfr, ex plurimis, Cass., n. 17324 del 25 agosto 2005; id. n. 7049 del 22 marzo 2007; n. 18906 del 7 settembre 2007; n. 8654 del 3 aprile 2008).
Nella specie la Corte territoriale ha ritenuto di avvalersi degli accertamenti e delle valutazioni del consulente tecnico nominato nel corso del giudizio di primo grado il quale aveva ritenuto, allo stato delle conoscenze, che non vi fosse alcuna evidenza scientifica ed empirica che uno stato depressivo, anche se protratto nel tempo, potesse determinare l'insorgenza di un processo tumorale. Dunque, ad avviso della Corte leccese non vi erano elementi per sostenere che un evento stressante potesse essere all'origine di quelle complesse trasformazioni, a livello cellulare, che portano alla comparsa della malattia tumorale (ancorché quest'ultima fosse stata diagnosticata nel giugno del 1999 e cioè due anni dopo l'arrivo del L. presso la sede lavorativa ove egli era stato posto in una condizione di isolamento e svilimento della sua dignità di uomo e lavoratore).
Rispetto a tali conclusioni, le censure del ricorrente incidentale si risolvono in un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, e si traducono, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del 12/01/2011; n. 22707 del 08/11/2010; n. 9988 del 29/04/2009).
È, infatti, da rilevare che, nella fattispecie, alla valutazione del consulente tecnico d'ufficio recepita dal giudice di appello il ricorrente ha contrapposto un diverso apprezzamento della depressione quale fattore di rischio per la comparsa del tumore, senza evidenziare alcuna specifica carenza o deficienza diagnostica o errore scientifico, bensì limitandosi ad esprimere una diversa valutazione della relazione tra l'una patologia e l'altra.
Si tratta di giudizio magari opinabile al pari, però, di quelli, di segno diverso, menzionati dal ricorrente, cosicché non ricorre l'ipotesi dell'affermazione sicuramente errata scientificamente.
11. Da tanto consegue che anche il ricorso incidentale deve essere rigettato.
12. L'esito del ricorso principale e di quello incidentale costituisco motivo per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
13. Infine, nulla va disposto per le spese nei confronti della SASA Ass.ni e Riass.ni S.p.A.. rimasta solo intimata.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti costituite le spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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