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Sentenza

Il CSM infligge a un giudice di Tribunale la sanzione della censura per avere depositato un numero impressionante di sentenze e ordinanze oltre i termini di legge. Il Giudice si difende sostenendo di aver subito 2 interventi per sospette neoplasie e la nascita di 2 gemelli in aggiunta agli altri due figli. La Cassazione annulla con rinvio.
Il CSM infligge a un giudice di Tribunale la sanzione della censura per avere depositato un numero impressionante di sentenze e ordinanze oltre i termini di legge. Il Giudice si difende sostenendo di aver subito 2 interventi per sospette neoplasie e la nascita di 2 gemelli in aggiunta agli altri due figli. La Cassazione annulla con rinvio.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 8 ottobre – 27 novembre 2013, n. 26550
Presidente Rovelli – Relatore Amatucci

Esposizione del fatto

1.- Con sentenza n. 46/2013, pronunciata il 14 febbraio 2013 e depositata il 18 marzo successivo, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha inflitto al Dott. F.M.G. , giudice presso il Tribunale di Lucera, la sanzione della censura, avendolo riconosciuto responsabile dell'illecito previsto dagli artt. 18, r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511 e 2, comma 1, lettera q), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109.
Gli era stato addebitato di avere, nel periodo compreso tra il 25 marzo 2003 ed il 21 febbraio 2011, violato i propri doveri di diligenza ed operosità, depositando n. 291 sentenze civili e n. 116 ordinanze civili oltre il termine di legge. Era specificato nel capo di incolpazione che dall'elenco analitico allegato agli atti emergevano ritardi, quanto alle sentenze, superiori all'anno in n. 183 casi ed ai due anni in n. 2 casi e, quanto alle ordinanze, superiori ai trecento giorni in n. 25 casi ed ai duecento giorni in n. 51. Era inoltre affermato che "con le sopradescritte condotte il Dott. M.G..F. è incorso in gravi, reiterati ed ingiustificati ritardi nel compimento di atti relativi all'esercizio delle sue funzioni, che hanno oltrepassato i limiti di ragionevolezza, ponendo in essere un vero e proprio diniego di giustizia e compromettendo così la credibilità ed il prestigio suoi personali e dell'ordine giudiziario".
L'azione disciplinare era stata promossa su iniziativa del Ministro della giustizia con nota del 28.2.2012, a seguito di ispezione ordinaria terminata il 19 marzo 2011.
2.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il Dott. F. , affidandosi a cinque motivi.

Il Ministero della giustizia non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Sono articolati i seguenti motivi di censura, deducendosi:
a) col primo motivo, falsa applicazione dell'art. 2, comma 1, lettera q), d.lgs. n. 109 del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in riferimento al requisito della reiterazione dei ritardi;
b) col secondo, gli stessi vizi in riferimento al requisito della non giustificabilità dei ritardi, in particolare per incongrua ed inadeguata valutazione complessiva delle cause di giustificazione allegate e dimostrate dal magistrato incolpato;
c) col terzo e col quarto motivo, falsa applicazione della stessa disposizione e omessa o apparente motivazione in riferimento al requisito della colpa, in particolare per la mancata indicazione delle misure e modalità organizzative idonee ad evitare i ritardi (terzo motivo), nonché per incongrua valutazione della carenza di capacità organizzativa (quarto motivo);
d) col quinto ed ultimo motivo, omessa motivazione circa l'insussistenza dell'esimente della scarsa rilevanza del fatto ex art. 3 bis del d.lgs. n. 109 del 2006.
2.- Il primo motivo è infondato.
Benché sia corretto il rilievo del ricorrente circa l'erroneità del riferimento in sentenza ad un numero di ritardi "superiore ai mille", non di meno la circostanza che nell'incolpazione si faccia riferimento a ben 407 provvedimenti (di cui 291 sentenze, tra le quali 183 depositate con ritardo superiore all'anno e 2 con ritardo superiore ai due anni) consente decisamente di escludere - in linea con il principio enunciato da queste sezioni unite con sentenza n. 18696/2011 - che sarebbe stato possibile non considerare reiterato un ritardo verificatosi 407 volte, ed induce dunque a considerare irrilevante l'errore.
Tanto più che l'apprezzamento della reiterazione è concettualmente distinto da quello volto a stabilire se il ritardo sia giustificato o no.
3.- Su questo verte appunto il secondo motivo, peraltro anch'esso infondato.
Il ricorrente si duole che il giudice disciplinare non abbia considerato che i ritardi, una volta (incolpevolmente) accumulatisi, possono eliminarsi solo se non sopravvengano ulteriori cause ostative, nella specie costituite da due interventi per sospette neoplasie, dalla nascita di due gemelli in aggiunta agli altri due figli, dalla designazione del Dott. F. nell'ottobre del 2006 come giudice delegato ai fallimenti (in un contesto connotato da un ruolo di 700 cause civili ordinarie, pendenti nelle più diverse materie), che aveva comportato l'adozione di migliaia di provvedimenti, nell'ordine di 150/200 al mese, oltre che di ascolto dei curatori per molti giorni della settimana. Lamenta, in particolare, che si sia omesso di considerare la bassa incidenza percentuale dei provvedimenti depositati con ritardo rispetto a quelli complessivamente emessi (14,7% del totale, considerando i soli dati dell'ispezione; 8,7% considerando anche i provvedimenti decisori sullo stato passivo).
Ebbene, quanto singoli eventi possano incidere, per un lasso di tempo di circa cinque anni, sulle capacità lavorative di un magistrato costituisce uno squisito giudizio di merito, non rapportabile a precisi parametri numerici o percentuali. Se, in particolare, la contemporanea gestione di due ruoli, la gravosità di uno di essi, vicende familiari e di salute rendano giustificabili ritardi di assai rilevante entità per numero, durata e protrazione nel tempo, è apprezzamento che non può essere automaticamente correlato al valore percentuale, nella specie niente affatto trascurabile, dei provvedimenti depositati in ritardo rispetto al totale di quelli adottati o all'entità media dei ritardi per le sentenze e per le ordinanze, come pure il ricorrente lamenta che non sia accaduto.
A seguito della analitica disamina del fatto, la sezione disciplinare ha escluso che i ritardi fossero giustificabili, rilevando che "le concomitanti circostanze costituite da un numero significativo di ritardi e dalla durata degli stessi porta(no) ad escludere che la particolare situazione verificatasi e la situazione personale in cui il Dott. F. si è trovato possano avere una efficacia scriminante dei ritardi, considerato che la gran parte degli stessi si è verificata in un periodo successivo di alcuni anni a quello in cui il Dott. F. si è trovato a redigere la sentenza penale sopra citata" (n.d.e.: dal 26.10 2005 al 24.4.2006, a chiusura di un importante processo di criminalità organizzata, nel quale era stato giudice a latere per quattro anni, dove l'incarico di redigere la sentenza gli era stato affidato "in violazione di quanto in precedenza concordato", benché egli contestualmente svolgesse le funzioni di giudice civile).
Ha così effettuato una valutazione complessiva, tenendo ragionevolmente conto di tutti gli elementi di fatto rilevanti, dopo avere scrutinato le caratteristiche del caso in esame ed aver posto in luce che ad una diversa conclusione sarebbe stato possibile pervenire solo "se il numero delle sentenze depositate in ritardo fosse stato inferiore e se i ritardi si fossero verificati in un periodo più vicino a quello critico".
4.- Il terzo ed il quarto motivo di ricorso - che possono congiuntamente esaminarsi per la connessione che li connota - investono la decisione nella parte in cui, nonostante l'indubbia laboriosità del magistrato di cui la Sezione disciplinare da esplicitamente atto, ha ritenuto che "criteri di ordinaria diligenza dovevano imporre modalità di organizzazione del lavoro tali da non determinare l'ampio spazio di tempo lasciato decorrere tra l'assunzione della causa in decisione ed il deposito della sua motivazione in così tanti casi", senza peraltro indicare quali potessero essere le diverse modalità organizzative. Tanto più che l'incolpato aveva evidenziato in memoria che l'unica misura in concreto possibile per evitare i ritardi, o per contenerli entro limiti inferiori, sarebbe stato il differimento ad anni di distanza delle cause mature per la decisione; il che, lungi dall'evitare il diniego di giustizia che pure gli era stato addebitato, lo avrebbe soltanto realizzato in altra forma. Sicché la vaghezza della motivazione sul punto "non consente al magistrato incolpato di avere chiare indicazioni sul comportamento da tenere in futuro per evitare i ritardi in ossequio alla funzione conformativa e rieducativa della sanzione disciplinare".
Si rappresenta, inoltre, che le sezioni unite hanno affermato il principio della sostanziale inescusabilità dei ritardi oltre l'anno solo con le sentenze nn. 18697 e 18698 del settembre del 2011 (successive al periodo cui si riferisce l'incolpazione), mentre in precedenza essi erano considerati disciplinarmente rilevanti solo quando fossero sintomo della mancanza di operosità e laboriosità del magistrato, evidenziando caratteristiche di indolenza e neghittosità nell'espletamento dei propri compiti istituzionali. Sicché - si afferma - sotto tale aspetto appare addirittura configurabile una disparità di trattamento in danno di chi, per ritardi antecedentemente maturati in un contesto connotato da riconosciuta laboriosità, abbia avuto la ventura di essere giudicato dopo i menzionati arresti giurisprudenziali.
4.1.- Neanche tali censure colgono nel segno.
Va premesso che non è ipotizzabile disparità di trattamento in relazione alla circostanza che i fatti siano anteriori al primo dictum delle sezioni unite sulla particolare rilevanza del ritardo ultrannuale, atteso il carattere interpretativo dell'attività giurisdizionale (in disparte il rilievo che il magistrato incolpato non ha mai prospettato che nei ritardi egli non sarebbe incappato se non avesse "confidato" nell'antecedente interpretazione sulla portata della disposizione di cui all'art. 2, comma 1, lettera q), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109; avendo all'opposto sostenuto essi erano stati inevitabili ed eziologicamente ricollegabili solo a circostanze obiettive, estranee alla sua sfera volitiva).
Quanto alla sostanza della doglianza, queste sezioni unite hanno costantemente affermato - a far tempo dalla citata sentenza n. 18697/2011 - che in tema di illeciti disciplinari riguardanti magistrati, ai fini dell'integrazione della fattispecie prevista dall'art. 2, comma 1, lett. q) del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, la durata di un anno nel ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali rende ingiustificabile la condotta dell'incolpato, se non siano allegate da quest'ultimo e accertate dalla sezione disciplinare circostanze assolutamente eccezionali che giustifichino l'inottemperanza al precetto sui termini di deposito. Tale termine, infatti, è superiore alla soglia della ragionevolezza perché è ritenuto dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sufficiente, in materia civile, a completare l'intero giudizio di legittimità e, quindi, la stesura di qualsiasi provvedimento ed il suo deposito non possono in genere richiedere tempi superiori a quelli del processo di cassazione che comprende, con gli adempimenti procedurali e lo studio del caso, anche l'ascolto della difesa.
S'è anche chiarito che il ritardo di un anno costituisce il limite massimo assoluto e che tra le eccezionali circostanze che possono giustificarlo non rientra la buona laboriosità, che è doveroso in ogni caso per il magistrato assicurare (sentenza n. 6490/2012), venendo in rilievo il dato obiettivo della lesione del diritto delle parti alla durata ragionevole del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost. e all'art. 6, par. 1, CEDU, il quale evidenzia, in concreto, il superamento della soglia di giustificazione della condotta ed è idonea, di per sé, ad incidere sul prestigio della funzione giurisdizionale (sentenza n. 1768/2013).
S'è ribadito, da ultimo, che non valgono a rendere giustificati i ritardi neppure ragioni personali estranee all'ambiente di lavoro che abbiano influito sulla attività del magistrato, le quali non possono risolversi in un ostacolo al buon funzionamento del servizio giustizia e lasciano aperte, ove il magistrato non sia in grado di svolgere il proprio lavoro in condizioni di apprezzabile serenità ed efficienza, le vie consentite dall'ordinamento giudiziario per potersi assentare temporaneamente dal servizio, quali congedi straordinari e aspettative per motivi familiari (sentenza n. 12108/2013).
Resta altresì aperta - va soggiunto - la via del coinvolgimento dei capi degli uffici che non si siano spontaneamente attivati, come pure devono, per risolvere i problemi connessi a ritardi non sporadici né occasionali, collegati in ipotesi a situazioni cui sia possibile porre anche solo parziale rimedio. È il caso di chiarire sul punto che (al di là di un primo intervento del presidente del tribunale il quale, in ragione della particolare situazione in cui il magistrato si era venuto a trovare, aveva addirittura disposto, irritualmente, la sospensione dei termini per il deposito dei provvedimenti civili dal 26.10.2005 al 24 aprile 2006) non consta né è stato addotto che, in epoca successiva, il Dott. F. abbia mai segnalato al capo dell'ufficio l'ormai cronica situazione di disagio lavorativo in cui si trovava, affinché fossero adottati rimedi idonei a farvi fronte, anche mediante un eventuale alleggerimento del carico, ove possibile e se obiettivamente eccessivo. Se lo avesse infruttuosamente fatto, salva ogni valutazione sulla possibile rilevanza disciplinare dell'inerzia del dirigente, avrebbe potuto legittimamente provvedere a rinvii della discussione abbastanza dilazionati da risultare compatibili con il rispetto dei termini per il deposito delle sentenze.
Non è invece consentito al magistrato che, per il carico di lavoro avverta di non essere in condizione di osservare i termini per il deposito delle sentenze, di effettuare autonomamente la scelta di assumere in decisione cause civili in eccesso rispetto alla possibilità di redigere tempestivamente le relative motivazioni, in luogo di rinviarne la discussione a data compatibile col rispetto dei termini, così privilegiando un modello organizzativo suscettibile di ostacolare la possibilità che siano adottati dal capo dell'ufficio rimedi immediati, che sono anche doverosi se necessari e possibili, ovvero che siano individuate alternative carenze o responsabilità.
Va detto, infine, che la giustificabilità del ritardo deve assumere il carattere della conferenza, pregnanza, oggettività, idoneità concreta ad escludere l'antigiuridicità della condotta (Cass., sez. un., n. 528 del 2012), per un verso superando la soglia della genericità e, per altro verso, ponendosi in rapporto di ragionevole proporzione tra le circostanze addotte, l'entità dei ritardi ed il lasso di tempo per il quale essi siano reiterata mente intervenuti. E tale proporzione, integrante un giudizio di fatto, è stata implicitamente (ma inequivocamente) esclusa dalla sezione disciplinare, laddove ha osservato - come s'è già detto più sopra - che ad una diversa conclusione sarebbe stato possibile pervenire "solo se il numero delle sentenze depositate in ritardo fosse stato inferiore e se i ritardi si fossero verificati in un periodo più vicino a quello critico", costituito dalla stesura della motivazione della citata sentenza sulla criminalità organizzata. Osservazione da collegarsi ovviamente all'incolpazione, nella quale era specificato che, tra le più numerose sentenze (291) ed ordinanze (116) depositate in ritardo nell'arco di molti anni, 183 sentenze lo erano state con ritardo superiore all'anno e 2 ai due anni; mentre il ritardo aveva ecceduto i duecento giorni per 51 ordinanze ed i trecento per 25.
5.- Col quinto motivo la sentenza è ed ultimo censurata per omessa motivazione in ordine alla sussistenza delle ragioni di fatto idonee a determinare la non configurabilità dell'illecito disciplinare per scarsa rilevanza del fatto, ai sensi dell'art. 3 bis del d.lgs. n. 109 del 2006 (introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera e), della legge n. 269 del 2006).
Il ricorrente afferma - con puntuale riferimento agli atti depositati - che il presidente del Tribunale di Lucera, dopo aver illustrato le capacità tecniche del magistrato incolpato, il livello dei contributi in camera di consiglio e la qualità dei suoi provvedimenti, aveva tra l'altro posto in rilievo la stima di cui il Dott. F. godeva tra gli avvocati per la sua dedizione al lavoro e per il livello tecnico dei suoi provvedimenti; e che, per converso, mai aveva ricevuto lamentele o solleciti, neppure in via informale, sui tempi di deposito dei provvedimenti e, in generale, sui tempi di definizione dei procedimenti a lui assegnati, "segno che gli esponenti del foro non percepivano i ritardi come sintomo di negligenza o neghittosità, ben consapevoli che l'alternativa era il rinvio delle cause mature per la decisione a udienze lontane nel tempo".
5.1.- Queste sezioni unite hanno affermato (da ultimo, con la sentenza n. 20570/2013, ma cfr. anche la sentenza n. 7934/2013) che il giudice disciplinare, quando sia stato espressamente sollecitato a considerare la possibile scarsa rilevanza del fatto, è tenuto ad un'esplicita motivazione sul punto. In tal caso non varrebbe sostenere che l'esclusione della scarsa rilevanza del fatto possa implicitamente desumersi dall'intero corpo della decisione, quantomeno nei casi in cui la motivazione non sia assolutamente inequivoca.
Nel caso di specie, per un verso, l'assoluzione dell'incolpato per scarsa rilevanza del fatto era stata esplicitamente domandata; per altro verso, non difettavano dati di fatto potenzialmente suscettibili di condurre, in ipotesi, secondo una valutazione che peraltro costituisce pur sempre compito esclusivo della Sezione disciplinare, ad una valutazione di segno positivo (Cass., sez. un, n. 6327/2012); per altro verso, ancora, nella parte finale della sentenza impugnata non mancano espliciti riferimenti ad una serie di elementi (fra i quali quello di non essere il magistrato incolpato più incorso in ritardi) che hanno indotto la Sezione disciplinare a confidare nella ripresa di "un cammino professionale che presenta tutti i presupposti per una positiva evoluzione".
Sarebbe stato dunque necessario un esplicito apprezzamento in ordine alla ricorrenza dell'ipotesi di cui all'art. 3 bis del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109.
6.- Va conclusivamente accolto il solo quinto motivo, rigettati gli altri. La sentenza è cassata in relazione, con rinvio.
Non v'è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, accoglie il quinto motivo e rigetta gli altri, cassa in relazione e rinvia al Consiglio superiore della magistratura in diversa composizione.
Avv. Antonino Sugamele

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