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Sentenza

Guida contromano e causa un sinistro stradale: la confessione resa nel CID dal conducente non proprietario fa piena prova, ma solo contro di lui.
Guida contromano e causa un sinistro stradale: la confessione resa nel CID dal conducente non proprietario fa piena prova, ma solo contro di lui.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 febbraio – 4 aprile 2013, n. 8214
Presidente Trifone – Relatore Corleo

Svolgimento del processo

Con citazione ritualmente notificata A..P. conveniva in giudizio davanti al giudice di Pace di Foggia i Sig.ri V.G.L. e T.V., nonché il Lloyd Adriatico S.p.A., esponendo di aver subito in data (omissis) un incidente stradale per loro fatto e colpa in quanto che il primo, alla guida del ciclomotore di proprietà del secondo ed assicurato per la R.C.A. con la terza, aveva imboccato contromano una rampa d'accesso stradale e nel discenderla in curva aveva urtato di striscio la fiancata anteriore sinistra dell'autovettura dell'attrice, che invece la stava regolarmente percorrendo nell'unico senso opposto di marcia in salita, facendola sterzare a destra effettuare vari testa-coda, fino ad urtare frontalmente il guardrail laterale di destra della rampa stessa rispetto al suo originario senso di marcia, riportando ingenti danni alla parte anteriore destra del veicolo di cui chiedeva il risarcimento integrale. Si costituiva in giudizio la sola Società assicuratrice che contestava l'esistenza del sinistro stradale e l'incompatibilità del nesso causale tra i danni reclamati e la descritta dinamica dell'incidente. Veniva espletata perizia ed assunta una prova testimoniale sulla dinamica del sinistro. In esito al giudizio, il giudice adito respingeva la domanda risarcitoria. Avverso tale decisione proponeva appello la soccombente ed, in esito al giudizio, in cui si costituiva la Lloyd Adriatico Spa, il Tribunale di Foggia con sentenza depositata in data 7.11.2006, in riforma della sentenza impugnata, condannava i V. e la compagnia assicuratrice al pagamento in solido della somma di Euro 2.931,34 oltre interessi nonché al pagamento delle spese di appello, compensate quelle di primo grado. Avverso la detta sentenza la Allianz Spa, già RAS Spa, conferitaria della Lloyd Adriatico, proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi. All'udienza del 13 luglio 2012 la Corte di Cassazione ordinava integrarsi il contraddittorio nei confronti di V.G. e T. ; il relativo atto veniva notificato il 22 ottobre 2012.

Motivi della decisione

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697, 2735 cc, 5 d.l. 857/76 nonché la motivazione omessa e insufficiente, la ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto fondata sulla sola scorta del documento di constatazione amichevole d'incidente acquisito in atti di causa, senza tener conto dei contenuti della perizia d'ufficio espletata in primo grado, dalla quale risultava l'incompatibilità dei danni da urto laterale diretto con la dinamica dell'incidente, e senza tener conto che la confessione stragiudiziale resa dall'assicurato al danneggiato non vincola l'assicuratore della responsabilità civile. D'altra parte, la Corte non avrebbe motivato adeguatamente neppure sul fatto che il modulo era stato sottoscritto dal solo conducente assicurato e quindi valeva come mera denuncia del sinistro ai sensi del primo comma dell'art. 5 citato.
Inoltre - ed in tale rilievo si sostanzia la seconda censura, articolata sotto il profilo della motivazione omessa e insufficiente- la Corte territoriale avrebbe argomentato in maniera non adeguata "sul punto della prova costitutiva dell'azione circolatoria illecita del motociclista e della prova costitutiva del nesso causale tra tale azione e i danni subiti dall'attrice" (cfr pag.19 del ricorso).
I motivi in questione, che possono essere trattati congiuntamente, proponendo profili di censura intimamente connessi tra loro, sono entrambi fondati e meritano accoglimento.
A riguardo, si deve premettere che le ragioni della decisione impugnata si fondano sul rilievo che in esito alla compiuta istruttoria era rimasta "accertata la violazione, da parte del conducente della moto, di una norma stabilita dalla legge; e cioè l'entrata contromano del conducente della moto nella rampa tangenziale ha determinato una condotta di guida illecita, quale causa effettiva dell'occorso sinistro a lui imputabile" (cfr pag. 7). Ora, il fatto di aver imboccato la corsia di marcia percorsa dalla BMW contromano attingendo quest'ultima - così motiva il giudice del merito - risultava dal documento di constatazione amichevole di incidente acquisito agli atti. Né poteva ritenersi che il successivo urto dell'auto contro il guard-rail potesse aver determinato danni non riconducibili alla condotta del motociclista, dovendosi invece riconoscere il nesso causale anche tra tali danni e l'illecita condotta del conducente della moto.
Ciò premesso, appare pertanto di ovvia evidenza come la ricostruzione del sinistro, compiuta dal Tribunale di Foggia, sia fondata esclusivamente sul c.d. modulo di constatazione amichevole del sinistro, che peraltro, come risulta dalla copia opportunamente allegata allo stesso ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza dei ricorsi per cassazione, appare sottoscritto dal solo conducente, non proprietario, della moto Honda assicurata e non anche dal conducente della vettura danneggiata. Pertanto, solo sulla base di tale documento, il giudice del merito ha ritenuto provati sia la circolazione contromano del conducente la moto, sia l'urto inferto all'autovettura, sia infine lo stato viscido del manto stradale per la pioggia.
Ciò premesso, il primo motivo di doglianza appare manifestamente fondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, nel giudizio instaurato ai sensi dell'art. 18 della legge n. 990 del 1969 - sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l'azione diretta che nell'ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno - la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale in caso di litisconsorzio necessario la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice. Invero, questa norma costituisce una deroga a ciò che dispone il secondo comma, secondo cui la confessione fa piena prova contro chi l'ha fatta; infatti viene esclusa la funzione di piena prova della confessione, la quale assume soltanto la natura di elemento che il giudice apprezza liberamente, e ciò non solo nei confronti di chi ha reso la dichiarazione ma anche nei confronti degli altri litisconsorti. (Sez. Un. n. 10311/06 in motivazione).
Ciò senza considerare che la dichiarazione, avente valore confessorio, deve essere resa dal responsabile del danno, che sia anche litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicuratore, e cioè dal proprietario del veicolo assicurato, essendo estranee all'ipotesi in esame le questioni che attengono alla confessione resa dal conducente del veicolo, il quale non sia anche proprietario del mezzo, così come è invece avvenuto nella vicenda processuale in esame. Ed invero, poiché in ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell'articolo 2733, terzo comma, cod. civ., le affermazioni confessorie sottoscritte dal conducente nel suddetto modello di constatazione, mentre fanno piena prova nei confronti del conducente confitente secondo gli articoli 2733, secondo comma, 2734 e 2735 cod. civ., vanno invece liberamente apprezzate nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del veicolo. Infatti, il litisconsorzio necessario, di cui al citato articolo 23 della legge 24 dicembre 1969 n. 990, sussiste solo tra il responsabile (il proprietario del veicolo) e l'assicuratore, mentre non sussiste, a norma dell'articolo 2054, terzo comma, cod. civ., tra il conducente e tale assicuratore, ovvero tra il primo ed il proprietario, in tal caso derivando soltanto un'ipotesi di obbligazione solidale e quindi di litisconsorzio facoltativo. (Cass. n. 10304/2007). Ugualmente, è fondato il secondo profilo di doglianza, relativo al dedotto vizio motivazionale, ove si consideri che il giudice del merito ha proceduto alla ricostruzione del sinistro senza prendere minimamente in considerazione né le perplessità sollevate dalla compagnia assicuratrice, peraltro recepite nella sentenza di primo grado in merito alla non veridicità del coinvolgimento del motociclista nella dinamica del sinistro, né i rilievi della C.T.U. espletata in primo grado, con cui era stata affermata l'incompatibilità dei danni riportati dalla B.M.W. con la dinamica d'urto diretto tra i due veicoli. Ora, a fronte di tale quadro che sostanzialmente induceva a dubitare della verità storica del sinistro, sarebbe stato obbligo del giudice di merito valutare gli elementi dedotti e spiegare perché essi non fossero idonei ad infirmare la ricostruzione del sinistro, rappresentata nel modulo di constatazione dell'incidente. Al contrario, il giudice di merito colpevolmente si è ben guardato dallo svolgere il necessario esame nonché di provvedere alla confutazione delle considerazioni svolte dalla parte.
Ciò posto, è appena il caso di sottolineare che sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell'omissione e/o dell'insufficienza, dedotto dalla ricorrente, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabile d'ufficio. Ne consegue che nella specie l'omesso compimento degli accertamenti richiesti, tali da comportare una decisione diversa nella sua sostanza, inficia la correttezza del ragionamento svolto dal giudice del merito e ne determina la sua censurabilità.
Ne consegue che il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata deve essere cassata.
Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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