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Sentenza

E' la Corte dei Conti a decidere sul danno derivante dal non aver realizzato l’impianto per cui si è ricevuto un finanziamento pubblico.
E' la Corte dei Conti a decidere sul danno derivante dal non aver realizzato l’impianto per cui si è ricevuto un finanziamento pubblico.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 9 - 19 luglio 2013, n. 17660
Presidente Rovelli – Relatore Bucciante

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con sentenza del 20 luglio 2010 la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Molise, adita dal Procuratore regionale nei confronti di F..G. , ha condannato costui a pagare al Ministero delle politiche agricole e forestali la somma di 187.909,55 Euro oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali - come risarcimento dei danni derivati dall'avere la s.c.r.l. Lagmar, amministrata dal convenuto, mancato di realizzare un impianto di miticultura nel tratto di mare antistante il comune di (omissis) , per il quale aveva ricevuto un contributo a fondo perduto.
Impugnata dal soccombente, la decisione è stata confermata dalla prima sezione giurisdizionale centrale della Corte dei conti, che con sentenza del 23 maggio 2012 ha rigettato il gravame.
F..G. ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. Il Procuratore generale presso la Corte dei conti si è costituito con controricorso.
Con il primo motivo di impugnazione F..G. si duole della conferma, da parte del giudice di appello, del rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione, che già era stata respinta con la sentenza di primo grado. Secondo il ricorrente né la s.c.r.l. Lagmar, né ancor meno lui stesso, potevano essere considerati soggetti a responsabilità erariale, in quanto non erano legati da alcun rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, essendo stato erogato alla società soltanto un sussidio una tantum, destinato a sostenere e incentivare una gestione imprenditoriale puramente privata.
L'assunto non è condivisibile, poiché si basa su un indimostrato presupposto assiomaticamente affermato: che il finanziamento in questione fosse liberamente utilizzabile nello svolgimento di qualsiasi attività economica lucrativa, per essere stato concesso a titolo di generica sovvenzione, senza specifici vincoli di destinazione. Una tale ipotesi non può avere ingresso in questa sede, a causa della sua "novità", in quanto il ricorrente non deduce di averla prospettata nel giudizio a quo né denuncia omissioni di pronuncia sul punto.
Fermo dunque quanto risulta in fatto dalla sentenza impugnata (che il contributo era stato erogato nell'ambito dei finanziamenti comunitari e nazionali, per la realizzazione di un determinato risultato di pubblico interesse quale l'incremento della produzione ittica di allevamento), ne consegue che correttamente, in diritto, se ne è desunta la sussistenza della giurisdizione contabile. La giurisprudenza di questa Corte regolatrice (v., da ultimo, Cass. s.u. 25 gennaio 2013 n. 1774) è infatti stabilmente e univocamente orientata nel senso che “ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, non deve aversi riguardo alla qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico - che ben può essere un soggetto di diritto privato, destinatario della contribuzione - bensì alla natura del danno ed alla portata degli scopi perseguiti con la contribuzione stessa”, in quanto “in tema di danno erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice del contributo statale ed i soggetti privati e pertanto una loro responsabilità amministrativa qualora essi, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall'Amministrazione”.
Attiene alla giurisdizione anche il terzo motivo di ricorso, con cui F..G. sostiene che un rapporto di servizio può semmai essersi instaurato tra la pubblica amministrazione e la s.c.r.l. Sagmar, ma egli ne è rimasto del tutto estraneo, poiché non lui ma la società ha percepito il contributo in questione.
Anche questa tesi contrasta con la costante giurisprudenza di questa Corte (v., tra le più recenti, Cass. s.u. 9 gennaio 2013 n. 295), secondo cui “qualora il soggetto giuridico fruitore dei fondi pubblici sia una società-persona giuridica, la responsabilità erariale attinge anche coloro che con la società abbiano intrattenuto un rapporto organico, ove dai comportamenti da loro tenuti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal fine pubblico cui erano destinati”, poiché “il parametro di riferimento della responsabilità erariale (e, quindi, della giurisdizione contabile) è rappresentato dalla provenienza dal bilancio pubblico dei fondi erogati e dal dovere facente capo a tutti i soggetti che tali fondi amministrano di assicurarne l'utilizzo per i fini cui gli stessi sono destinati”.
Alla luce di questi principi - dai quali non si ravvisano ragioni per discostarsi, né del resto il ricorrente ne ha indicato alcuna - i due motivi di ricorso in esame risultano entrambi infondati.
Con il secondo motivo si sostiene che erroneamente il giudice a quo ha negato che l'azione di responsabilità è stata esercitata nei confronti di F..G. quando ormai era già prescritta.
La censura è inammissibile, poiché attiene a un asserito error in iudicando, la cui eventuale commissione non implicherebbe uno sconfinamento da parte della Corte dei conti dai limiti esterni della sua sfera di giurisdizione (v., proprio a proposito della prescrizione dell'azione di responsabilità erariale, Cass. s.u. 16 febbraio 2007 n. 3615).
Il ricorso viene pertanto rigettato.
Non vi è da provvedere sulle spese di giudizio, stante la qualità di parte solo in senso formale del controricorrente Procuratore generale presso la Corte dei conti (cfr. Cass. s.u. 2 aprile 2003 n. 5105).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Avv. Antonino Sugamele

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