Consigliere comunale di minoranza vota una delibera consiliare per l’aumento di cubatura ammissibile in un determinato sito, ricevendo dal proprietario la promessa di una progressione in carriera presso l’agenda municipalizzata di Alessandria dove lavorava come operaio di terzo livello.
Rientrano nello schema concettuale degli elementi costitutivi, materiale e psicologico, del reato di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, di cui all'art. 319, primo comma, cod. pen., la dazione e la promessa di denaro e altre utilità effettuate nei confronti di consiglieri comunali affinché costoro, compiendo un atto contrario al loro dovere di votare nei consiglio comunale in piena libertà, secondo scienza e coscienza, esprimano un voto già determinato e precostituito”.
“Ebbene la Corte territoriale si è posta nell'alveo del richiamato concorde orientamento correttamente qualificando l'esercizio del voto da parte del ricorrente come contrario ai doveri di ufficio trovando la sua causa nel patto illecito che ha realizzato l'asservimento del munus publicum all'interesse privato. E a tal fine anche considerando - con incensurabile valutazione in fatto delle emergenze dichiarative ed intercettive - l'assenza di lecite ragioni del voto espresso dal ricorrente e la condotta da questi tenuta nei confronti del dissenziente gruppo di appartenenza, verificando l'assenza di qualsiasi considerazione da parte del ricorrente dell'interesse pubblico nell'esercizio della propria funzione pubblica”.
13-07-2013 15:28
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