Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Cassazionista Trapani

Sentenza

Circonvenzione di incapace. Schizofrenia. Inattendibili le dichiarazioni del Notaio. Infermità percepibile e rilevabile per la condotta serbata anche al momento della stipula del contratto.
Circonvenzione di incapace. Schizofrenia. Inattendibili le dichiarazioni del Notaio. Infermità percepibile e rilevabile per la condotta serbata anche al momento della stipula del contratto.
Cassazione penale  sez. II   
Data:
    04/06/2013 ( ud. 04/06/2013 , dep.21/06/2013 ) 
Numero:
    27290

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. PETTI           Ciro     -  Presidente   -                     
    Dott. IANNELLI        Enzo     -  Consigliere  -                     
    Dott. GENTILE         Domenico -  Consigliere  -                     
    Dott. CASUCCI         G.  -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. CARRELLI P.d.M. Roberto  -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                    F.M.G. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la  sentenza  n.  3101/2011 CORTE  APPELLO  di  GENOVA,  del 
    09/05/2012; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 04/06/2013 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI; 
    Udito  il  Procuratore Generale in persona del Dott. ANIELLO  Roberto 
    che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; 
    Udito,  per la parte civile, l'Avv. Romanelli Liborio che si  riporta 
    alle conclusioni scritte che deposita unitamente alla nota spese; 
    Udito   il   difensore  Avv.  Vernazza  Andrea   che   conclude   per 
    l'accoglimento del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    Con sentenza in data 9 maggio 2012, la Corte di appello di Genova, 2 sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Savona appellata da F.M.G., dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato a lei ascritto perchè estinto per prescrizione; confermava nel resto la sentenza impugnata con la quale era stata condannata al risarcimento del danno in favore della parte civile liquidato in Euro 140.000,00 oltre interessi dalla pronuncia al saldo oltre alla rifusione delle spese di difesa.

    La Corte territoriale, confermato il giudizio di circonvenibilità della persona offesa M.M. al momento della stipula del contratto perchè affetta da infermità psichica (schizofrenia), infermità percepibile e rilevabile per la condotta serbata anche al momento della stipula del contratto, a nulla valendo le contrarie dichiarazioni del notaio L. C. e delle altre persone presenti. Si riteneva provata anche la condotta induttiva, perchè se è vero che la decisione di vendere l'immobile era stata autonomamente maturata per far fronte alla necessità di pagare la casa di cura dove si trovava la madre, era risultato che la decisione di vendere, venuta meno a seguito della morte di quest'ultima, era stata determinata unicamente dalle continue ed insistenti pressioni della parte acquirente. Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso F.M.G., a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi:

    - omessa motivazione su aspetti fondamentali del processo sollevati con l'appello, in particolare in riferimento alla sussistenza dello stato di infermità o deficienza psichica per la rilevata disparità di valutazione degli esperti;

    - omessa motivazione con riferimento alla conoscibilità dello stato di circonvenibilità o comunque contraddittorietà della stessa perchè lo stesso perito nominato dal Tribunale aveva dovuto dare atto di possibili fasi di attenuazione della rilevata patologia;

    perchè immotivatamente viene considerata inattendibile la testimonianza del notaio La Cava fiduciariamente scelto dalla stessa persona offesa; perchè illogicamente si sottovaluta la circostanza che l'iniziativa di vendere l'immobile partì da autonoma decisione della persona offesa e si trascura di considerare che la stessa M. ha ammesso che l'offerta della parte acquirente era in quel momento la più conveniente fra quelle ricevute;

    - erronea applicazione dell'art. 643 cod. pen. sia sotto il profilo della certezza della sussistenza della deficienza psichica, della conoscibilità di tale menomazione, della prova dell'attività di induzione, dell'effettivo pregiudizio dell'atto dispositivo;

    - manifesta contraddittorietà logica e travisamento della prova in ordine alì effettivo valore dell'immobile nonchè per erronea applicazione dell'art. 643 cod. pen. in relazione al concetto di effetto giuridico dannoso dell'atto dispositivo espresso dall'art. 643 cit. ed altresì omessa motivazione in ordine alle doglianze mosse con l'appello in punto di difforme valutazione dell'immobile da parte del CTP dell'imputata rispetto a quella del CTP del PM.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il primo motivo di ricorso è infondato, perchè la sentenza impugnata ha spiegato le ragioni della solo apparente difformità della diagnosi effettuata dal dott. Fr. (che si era limitato ad esprimere il suo parere sullo stato di salute della M. al fine di ottenere un provvedimento di tutela) e quella formulata dal perito dott. P., con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede.

    2. Il secondo motivo di ricorso è dedotto in maniera inammissibile, perchè sollecita una valutazione alternativa del materiale probatorio già preso in considerazione dalla sentenza impugnata con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, si sottrae a censura in questa sede. In particolare il giudizio di scarsa attendibilità della testimonianza del notaio si fonda sulla considerazione della sua posizione di soggetto portatore di un potenziale interesse (per non incorrere in responsabilità professionale), considerazione confortata dal giudizio tecnico del perito medico. Il limite della verifica consentita in questa sede, impedisce di apprezzare una diversa ed alternativa lettura che finirebbe inevitabilmente con il sovrapporre un giudizio di merito in sede di legittimità rispetto a quello espresso nella sede propria.

    L'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

    Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, rie. Petrella).

    Sempre apprezzamento di fatto sollecita l'assunto secondo il quale la persona offesa avrebbe ammesso di avere accettato l'offerta dei coniugi I. perchè la più conveniente fra quelle fino a quel momento ricevute, assunto che oltretutto richiederebbe una verifica degli atti non consentita e comunque genericamente dedotta perchè priva della specifica indicazione dell'atto processuale dal quale essa risulterebbe.

    3. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso, perchè la denunciata erronea applicazione dell'art. 643 cod. pen., pur muovendo da condivise affermazioni in diritto attraverso il richiamo di canoni ermeneutici espressi da questa Corte, finisce poi con il sollecitare nuova analisi dei risultati probatori relativi alle modalità e ai tempi della stipula del contratto, alla sussistenza di attività di induzione e approfittamento e quindi ulteriore e non consento esame che attiene al merito della vicenda in esame.

    4. Infondato infine è l'ultimo motivo di ricorso. Le pur dettagliate critiche mosse con l'appello relativamente alla valutazione effettuata dal consulente del P.M. in riferimento agli effetti dannosi dell'atto di disposizione patrimoniale, si basano infatti su apprezzamenti soggettivi, non suffragate da apprezzamenti di tipo tecnico. Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, l'imputata non si è avvalsa di un consulente di parte al fine di contrastare le vantazioni formulate dal consulente del Pubblico Ministero. La sentenza impugnata si è quindi non illogicamente limitata ad esprimere condivisione dell'unico parere tecnico acquisito legittimamente, senza poterlo porre a confronto con valutazione alternativa perchè mai offerta dall'imputata.

    E' canone ermeneutico condiviso quello secondo il quale in tema di valutazione delle risultanze peritali, quando le conclusioni del perito d'ufficio non siano condivise da consulenti di parte, ed il giudice ritenga di aderire alle prime, non dovrà per ciò necessariamente fornire, in motivazione, la dimostrazione autonoma della loro esattezza scientifica e della erroneità, per converso, delle altre, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di aver comunque criticamente valutato le conclusioni del perito d'ufficio, senza ignorare le argomentazioni dei consulenti;

    ragione per cui potrà configurarsi vizio di motivazione solo quando risulti che queste ultime fossero tali da dimostrare in modo assolutamente lampante ed inconfutabile la fallacia di quanto affermato dal suddetto perito; e ciò avuto anche riguardo alla diversa posizione processuale dei consulenti di parte rispetto ai periti, essendo i primi, a differenza degli altri, chiamati a prestare la loro opera nel solo interesse della parte che li ha nominati, senza assunzione, quindi, dell'impegno di obiettività previsto, per i soli periti, dall'art. 226 cod. proc. pen.. Cass. Sez. 1, 11.11.1993 n. 11706; Cass. Sez. 2, 25.9.1996 n. 9472.

    Diversa tuttavia è la situazione nella quale il giudice non abbia provveduto alla nomina di un proprio perito. In tal caso il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorchè gli sia richiesto dalla natura della questione, l'una piuttosto che l'altra tesi scientifica, purchè dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire. (Cass. Sez. 4, 5.6.97 n. 11235). Ed invero costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, la scelta operata dal giudice, tra le diverse tesi prospettate dal perito e dai consulenti delle parti, di quella che ritiene maggiormente condivisibile, purchè la sentenza dia conto, con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni di tale scelta, del contenuto dell'opinione disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti (Cass. Sez. 4, 6.11.2008 n. 45124); in virtù del principio del libero convincimento, il giudice di merito, pur in assenza di una perizia d'ufficio, può scegliere tra le diverse tesi prospettate dai consulenti delle parti, quella che ritiene condivisibile, purchè dia conto con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta nonchè del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti. Ne deriva che, ove tale valutazione sia effettuata in modo congruo, è inibito al giudice di legittimità procedere ad una differente valutazione, trattandosi di accertamento di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 4, 17.5.2012 n. 34747). Ma se, come nel caso in esame, l'adesione è effettuata in relazione alì unica valutazione tecnica esistente, peraltro non in maniera acritica, la scelta del giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità.

    5. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio che si liquidano secondo la richiesta quantificata nei valori medi delle vigenti tabelle.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle sostenute in questo grado dalla parte civile Ma.My. che liquida in Euro 5.760,00 oltre accessori di legge.

    Così deciso in Roma, il 4 giugno 2013.

    Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza