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Sentenza

Automobilista tratta con una prostituta una prestazione sessuale: i vigili lo multano con 500 Euro. L'ordinanza del Sindaco forse è illegittima.
Automobilista tratta con una prostituta una prestazione sessuale: i vigili lo multano con 500 Euro. L'ordinanza del Sindaco forse è illegittima.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 24 aprile - 25 luglio 2013, n. 18073
Presidente Goldoni – Relatore D'Ascola

 Svolgimento del processo

1) Il giudice di pace di Pescara ha respinto nel 2010 l'opposizione proposta dal ricorrente avverso l'ordinanza ingiunzione n. 479 del comune di Montesilvano per la violazione di ordinanza sindacale che proibiva di fermarsi con autoveicolo in prossimità di esercente il meretricio sulla via pubblica.
Ha ridotto la sanzione da 500 a 250 euro e compensato le spese. Il tribunale di Pescara con sentenza 7 aprile 2011 ha rigettato l'appello dell'opponente e lo ha condannato al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
L'opponente ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 26 aprile 2011.
Il comune di Montesilvano è rimasto intimato.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, proponendo l'accoglimento del ricorso.
2) Il primo motivo di ricorso denuncia vizi di motivazione e violazione dell'art. 54 d.lgs. n.267/00 e DM Interno 5-8-2008 e artt. 7 e 157 CdS.
Sostiene che l'ordinanza comunale è viziata da eccesso di potere e invoca tra l'altro la sentenza della Corte Cost. n. 115/11, con la quale è stato stabilito che: "è incostituzionale l'art. 54, 4°  comma, d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, come sostituito dall'art. 6 d.l. 23 maggio 2008 n. 92, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, 1° comma, l. 24 luglio 2008 n. 125, nella parte in cui consente che il sindaco, quale ufficiale del governo, adotti provvedimenti a contenuto normativo ed  efficacia a tempo indeterminato al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità e urgenza".
3) Il ricorso è fondato.
La Corte Costituzionale ha ritenuto che la disposizione citata - attribuendo ai sindaci il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico - viola, da un lato, la riserva di legge relativa di cui all'art. 23 cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello dell'imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati; dall'altro, viola l'ulteriore riserva di legge relativa di cui all'art. 97 cost., poiché la p.a. può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge; e viola, infine, anche l'art. 3, comma 1, cost., in quanto, in assenza di una valida base legislativa, gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci. Ne consegue che spetta al giudice di merito il compito di valutare nuovamente la legittimità della disposizione (ordinanza sindacale) posta a base della sanzione comunale, alla luce di principi sanciti dalla Corte Costituzionale in ordine ai poteri del Sindaco in materia di sicurezza urbana.
Dovrà quindi verificare se l'ordinanza trovasse copertura normativa soltanto nella norma di legge         dichiarata incostituzionale o fosse compatibile con il limitato potere in materia, abnormemente ampliato dal legislatore del 2008. 4) Fondato è anche ill secondo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 91 e 112 cpc in relazione alla statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, adottata in difetto di specifico motivo di appello incidentale da parte del Comune, vittorioso in primo grado, che non si era però lamentato della compensazione disposta dal giudice di pace.
Sul punto il tribunale ha violato il principio posto da Cass. Su 15559/03 e Cass. 6540/00, secondo cui il giudice di appello, nel caso di rigetto del gravame, non puo', in mancanza di uno
specifico motivo d'impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado.
5) Resta assorbito il terzo motivo.
La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice del tribunale di Pescara per il riesame dell'appello alla luce della modifica normativa causata dalla sentenza 115/11 . Provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro giudice del tribunale di Pescara, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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