Associazione a delinquere. Truffa. Rapina impropria aggravata.
Autorità: Cassazione penale sez. II
Data udienza: 29 novembre 2012
Numero: n. 48741
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Giuseppe M. - Presidente -
Dott. IANNELLI Enzo - rel. Consigliere -
Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere -
Dott. TADDEI Margherita - Consigliere -
Dott. RAGO Geppino - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) B.L. N. IL (OMISSIS);
2) B.R. N. IL (OMISSIS);
3) B.M. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 407/2012 TRIB. LIBERTA' di BRESCIA, del
26/06/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
Letti gli atti, la ordinanza, i ricorsi;
Udita la relazione del Cons. Dr. Enzo Jannelli;
Udite le richieste del S. Procuratore Generale, Dr. Gialanella
Antonio, per il rigetto dei ricorsi.
Udito il difensore degli imputati, avv.to Della Capanna Enrico in
sostituzione dell'avv. Cianferoni Luca, che ha chiesto l'accoglimento
dei ricorsi.
(Torna su ) Fatto
OSSERVA
1- B.L., B.R. e B.M., con tre distinti atti, ricorrono avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Brescia in data 26.6/9.7.2012, di conferma della pregressa ordinanza del gip del predetto tribunale datata 23.5.2012 che disponeva nei loro confronti la custodia cautelare in carcere per il delitto di associazione a delinquere, contestato insieme ad altri delitti di truffa, (e, per B.M. e B.L. anche insieme al il delitto di rapina impropria aggravata - capo sub 4-), deducendone l'illegittimità per i rilievi di seguito indicati: a) inutilizzabilità del contenuto delle intercettazioni disposte in mancanza di gravità indiziaria; b) difetto di motivazione in ordine agli indizi di colpevolezza.
2- Sta di fatto che i giudici di merito hanno registrato per un lungo periodo di tempo dall'anno 2007 all'anno 2012 una serie di delitti di truffa caratterizzati da un medesimo modus operandi con una spartizione di ruoli ben determinata: da un lato B.M., con il correo B.A., che si occupavano in prima persona delle trattative con le persone offese, le quali intendevano vendere i proprio beni, ed a cui si presentavano come referenti ed interlocutori primari, dall'altro gli altri imputati, tra cui, per quel che in questa sede interessa, B.L. e R. che inducevano, tra l'altro, le vittime a riciclare o cambiare denaro provento di reati con promessa di guadagno solitamente pari al 10%, con il conseguente impossessamento delle somme senza alcuna contro- partita ovvero con la consegna di contropartita in banconote false.
Il lungo scarto temporale di protrazione e di reiterazione delle attività illecite, il coinvolgimento delle medesime persone, l'uniforme modus operandi, la adeguata organizzazione di mezzi preordinati in modo strumentale alla consumazione duratura ed indeterminata di imprese truffaldine, quali il presentarsi alle vittime a bordo di macchine prestigiose e con indosso gioielli di valore, attrarli in ville e case addobbate in modo lussuoso, l'avvalersi per avvicinare le persone offese da intermediari di fiducia, secondo l'ordinanza impugnata, erano tutti elementi deponenti con sufficiente chiarezza per una organizzazione dedita ai fini delittuosi.
3- Le ragioni di doglianza dei tre ricorrenti ripetono le stesse cadenze argomentative. In primo luogo denunciano l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per la assenza di gravi e, invece la presenza al limite di solo sufficienti indizi di colpevolezza e per essere le stesse non indispensabili per lo svolgimento della attività investigativa. In secondo luogo insistono nel sostenere l'inesistenza di una associazione di cui facessero parte, con la conseguente insussistenza delle esigenze cautelari, per essere una tale ricostruzione incompatibile con le relazioni di astio e di rancore tra le famiglie degli zingari , palesati dalla querela proposta da B.R. contro altri soggetti coinvolti in tesi nella associazione (i fratelli A., G. ed il nipote omonimo).
4- Infondato il primo motivo di ricorso, inammissibile per genericità il secondo. Invero in tema di intercettazione di comunicazioni o conversazioni disposte a norma del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 13, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203, la nozione di "delitti di criminalità organizzata" cui detta norma si riferisce deve essere intesa con riguardo alle finalità di essa, che mira a far rientrare nel suo ambito applicativo le attività criminose più diverse, purchè realizzate da una pluralità di soggetti i quali, per la commissione del reato, abbiano costituito un apposito apparato organizzativo (Sez. 1, 26.12.2004/27.1.2001, P.G. in proc. Tomasi e a., Rv. 230454). Peraltro, al di là del principio di diritto, le ragioni di doglianza non svolgono alcuna critica in concreto con riferimento agli elementi ed alle ragioni in forza dei quali il giudice di legittimità, mantenendosi nei limiti della sua cognizione, sia messo in grado di valutare la gravità, la sufficienza ovvero anche l'inesistenza degli elementi indizianti pur minuziosamente indicati. Peraltro i giudici del merito hanno dato ampio conto, attraverso adeguata motivazione, della ritenuta probabile colpevolezza degli imputati in ordine al reato allo stesso contestato, specificamente enunciando gli elementi posti a base del giudizio e determinando le ragioni per cui a tali elementi è stata riconosciuta in concreto efficacia indiziante in ordine alla sussistenza di un sodalizio criminoso avente le caratteristiche previste dalla legge ed in ordine alla partecipazione allo stesso da parte degli imputati.
Inammissibile, poi, contestare la partecipazione alla associazione, denunciando in modo generico, l'insussistenza di un affectio societatis solo in tesi evidenziata dalla denuncia presenta da B.R. contro alcuni parenti componenti del consorzio criminoso. Invero la prova del vincolo associavo tra i componenti di una associazione per delinquere può ben ragionevolmente trarsi da facta concludentia sintomaticamente volti a rivelare come, in concreto, le singole intese dirette alla consumazione dei vari reati costituiscono la espressione del più vasto programma di delinquenza oggetto dell'associazione. Tale indagine comporta un apprezzamento di fatto nel quale assume valore un complesso di elementi, come la notevole reiterazione dei fatti criminosi, il tipo di delinquenza prescelto, la esigenza di impiegarvi persone esperte con compiti ben definiti la costante identità di esse e dei modi di esecuzione dell'attività svolta, la loro comunanza di vita, il sistema predisposto per la sottrazione delle cose rubate, la cessazione dell'attività criminosa solo a seguito di intervento della polizia.
Peraltro nessuno dei dati evidenziati dai giudici di merito viene rappresentato e considerato criticamente dai ricorrenti; in particolar modo il numero rilevante dei tatti di truffa in cui i prevenuti sono stati coinvolti, le modalità della azione che li vede rivestire ruoli sempre identici nella commissione delle truffe, i contenuti significativi delle conversazioni telefoniche intercettate.
Alla statuizione di rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2012
20-01-2013 16:51
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