Assegno divorzile. La moglie ottiene 1.000 euro al mese in primo grado e 730 mila euro. In appello assegno ridotto a 280 euro mensili. La Cassazione annulla.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 aprile – 27 novembre 2013, n. 26491
Presidente Salmé – Relatore Camapnile
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza n. 1507 depositata in data 10 luglio 2008 il Tribunale di Ancona, nel giudizio promosso da D.P. per ottenere la declaratoria della cessazione degli effetti civili del matrimonio da lui contratto con A.R. , stabiliva a favore di quest'ultima un assegno mensile di Euro 1.000,00, da rivalutarsi secondo gli indici Istat.
1.1 - Avverso tale decisione proponeva appello il D. , il quale ribadiva la tesi, già avanzata in primo grado, dell'insussistenza dei presupposti per l'attribuzione dell'assegno divorzile, sulla base degli accordi intervenuti in sede di separazione giudiziale (non esaminati dal Tribunale a causa dell'assenza, a seguito di smarrimento, del proprio fascicolo di parte), in forza dei quali la moglie, alla quale venivano assegnati beni immobili e la somma di Euro 730.000,00, aveva dato atto della propria autosufficienza sul piano economico.
1.2 - Si costituiva l'A. , deducendo l'infondatezza del gravame, e chiedendo, in via incidentale, che l'ammontare dell'assegno venisse elevato, in considerazione del significativo incremento patrimoniale realizzatosi di recente nell'ambito dell'attività imprenditoriale esercitata dal D. .
1.3 - La Corte di appello di Ancona dava atto dell'acquisizione della prova inerente agli accordi di natura transattiva intervenuti in occasione della separazione dei coniugi, e, osservato preliminarmente che in linea teorica gli stessi, che includevano la rinuncia dell'A. all'assegno di mantenimento, erano privi di efficacia vincolante in relazione all'assegno di divorzio, rilevava che non si poteva tuttavia prescindere dal dato secondo cui le attribuzioni patrimoniali in favore dell'appellata erano sufficienti a fornire alla stessa mezzi adeguati per mantenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Esclusa la ricorrenza dei presupposti per la soddisfazione del criterio assistenziale, osservava la Corte che ciò nondimeno bisognava tener conto delle residue funzioni, ancorché accessorie, dell'assegno divorzile, e quindi, tenuto conto "del presumibile, relativo sviluppo, in corso di tempo, della già ben avviata attività imprenditoriale dell'ex marito", stimava "conforme a giustizia riconoscere in favore della moglie (titolare di pensione di vecchiaia di ben modesto importo) un assegno divorzile limitato ad Euro 280 mensili, rivalutabili annualmente su base ISTAT".
1.4 - Per la cassazione di tale decisione il D. propone ricorso, affidato ad unico mezzo, illustrato da memoria, cui l'A. - previa rimessione in termini con provvedimento di questa Corte del 23 ottobre 2012 - resiste con controricorso, interponendo ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
Motivi della decisione
2 - Con l'unico motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge 5 dicembre 1970, come successivamente modificato dall'art. 10 della l. 6 marzo 1987, n. 74, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in relazione, rispettivamente, all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per aver la corte territoriale disatteso il fondamentale criterio, di natura assistenziale, di attribuzione dell'assegno dell'ex coniuge, per aver affermato tale diritto nonostante avesse accertato che, a seguito dell'incremento del proprio patrimonio per effetto di quanto ricevuto in precedenza in virtù degli accordi di natura transattiva raggiunti nell'ambito della separazione personale, l'A. disponeva di mezzi "ampiamente sufficienti" per mantenere un tenore di vita paragonabile a quello mantenuto in costanza di matrimonio.
2.1 - Con il primo mezzo del ricorso incidentale si denuncia violazione dei criteri normativi in materia di assegno divorzile, nonché vizio motivazionale, rilevandosi che la corte territoriale avrebbe ridotto la misura dell'assegno determinato dal tribunale e disatteso il gravame dell'A. tendente a ottenerne un aumento, senza indicarne in maniera compiuta e congrua le ragioni.
2.2 - Con il secondo motivo la ricorrente in via incidentale si duole del rigetto, del tutto immotivato, in merito alla richiesta della decorrenza dell'assegno dalla data della domanda.
2.3 - Con la terza censura l'A. deduce, in maniera in qualche maniera speculare rispetto alla doglianza del D. , che la corte territoriale, ricorrendo meramente al criterio sussidiario per l'attribuzione, sia pure in misura ridotta, dell'assegno, avrebbe omesso di considerare, così violando le disposizioni normative in materia di attribuzione dell'assegno divorzile, la piena spettanza del diritto all'assegno, alla luce della totale inadeguatezza dei propri mezzi economici rispetto al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e prospettabile in relazione ai prevedibili sviluppi della lucrosa attività imprenditoriale del D. , titolare di un patrimonio di rilevante entità.
3 - Deve preliminarmente disattendersi l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente in merito al ricorso del D. , per difetto di autosufficienza relativamente ai termini della transazione già intervenuta fra le parti, in quanto, come già evidenziato e come meglio risulterà in seguito, la censura proposta, prescindendo da qualsiasi altra valutazione, è fondamentalmente incentrata sulla violazione del criterio normativo di attribuzione dell'assegno divorzile.
3.1 - Tanto premesso, il ricorso principale è fondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l'assegno periodico di divorzio, nella disciplina introdotta dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987 n. 74, modificativo dell'art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, ha carattere esclusivamente assistenziale, atteso che la sua attribuzione trova presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando invece l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate. Ove sussista tale presupposto, la liquidazione in concreto dell'assegno deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge (Cass. sez. un. 27 novembre 1990, n. 11492 e sez. un. 29 novembre 1990, n. 11490; Cass., 27 novembre 1992, n. 12682; Cass. 20 dicembre 1995, n. 13017; Cass. 15 gennaio 1998, n. 317; Cass., 17 gennaio 2002, n. 432; Cass., 28 febbraio 2007, n. 4764; Cass., 12 febbraio 2013, n. 3398).
3.2 - La Corte territoriale è palesemente incorsa nella violazione del principio sopra indicato, in quanto, dopo aver affermato che "non vi sarebbe esigenza di ulteriori prestazioni dal punto di vista della funzione assistenziale", ha giustificato l'attribuzione dell'assegno, sia pure in misura ridotta rispetto a quella determinata nella decisione di primo grado, "tenendo conto .. delle ulteriori, e pur complementari ed accessorie, funzioni dell'assegno divorzile", così considerando ed applicando in maniera indistinta, confondendoli fra loro, i criteri di attribuzione e quelli di quantificazione.
4 - Merita per altro accoglimento - rimanendo in esso assorbite le ulteriori censure - il terzo motivo del ricorso incidentale (da esaminarsi in via preliminare per evidenti ragioni di priorità sul piano logico-giuridico) inerente alla totale carenza di motivazione circa la pur affermata insussistenza dei presupposti, sotto il profilo assistenziale, del diritto dell'A. ad ottenere il richiesto assegno di mantenimento: il riferimento della Corte di merito a non meglio specificate attribuzioni patrimoniali operate in favore della moglie in virtù di transazione intervenuta nel giudizio di separazione personale, ritenute sufficienti per mantenere un tenore di vita analogo a quello mantenuto durante il matrimonio, appare del tutto apodittico, in quanto svincolato non solo da una precisa ed attuale considerazione della capacità economica attuale dell'A. , ma anche da qualsiasi tentativo di ricostruzione del testé richiamato tenore di vita, anche alla luce dei miglioramenti che costituiscono sviluppi naturali e prevedibili dell'attività svolta durante il matrimonio, dei quali la stessa corte di appello, sempre in termini assolutamente generici, correttamente ritiene di dover tener conto. Manca, in altri termini, qualsiasi concreto riferimento alle condizioni patrimoniali e reddituali, effettive ed attuali, della ricorrente incidentale - salvo un quanto mai contraddittorio duplice riferimento, da un lato, alle "cospicue attribuzioni patrimoniali", e dall'altro, a "una pensione di vecchiaia di ben modesto importo" - da rapportarsi al tenore di vita coniugale, che avrebbe dovuto essere parimenti ricostruito, in maniera seria e approfondita, nei termini sopra indicati.
5 - Soltanto dopo aver verificato la sussistenza o meno del diritto all'assegno, la corte avrebbe dovuto procedere a una valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), con riguardo al momento della pronuncia.
Giova per altro ribadire che il giudice del merito, purché ne dia adeguata giustificazione, non è tenuto ad utilizzare tutti i suddetti criteri, anche in relazione alle deduzioni e alle richieste delle parti, salva restando la valutazione della loro influenza sulla misura dell'assegno stesso (v. la cit. Cass. n. 11490/1990).
6 - L'accoglimento dei ricorsi comporta la cassazione della decisione con rinvio alla Corte di appello di Ancona che, in diversa composizione, esaminerà i motivi di gravame applicando i principi sopra richiamati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e l'incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.
29-11-2013 21:59
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