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Sentenza

Agente di polizia giudiziaria imputato di peculato per aver utilizzato un pass per disabili rilasciato a persona deceduta, commettendo il delitto di truffa ai danni della società esercizio aeroportuale di Milano-Linate. Assolto dalla Cassazione.
Agente di polizia giudiziaria imputato di peculato per aver utilizzato un pass per disabili rilasciato a persona deceduta, commettendo il delitto di truffa ai danni della società esercizio aeroportuale di Milano-Linate. Assolto dalla Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 – 18 ottobre 2013, n. 42836
Presidente Milo – Relatore Capozzi

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 24.11.2011 la Corte di appello di Brescia - a seguito di gravame interposto dall'imputato S.A. avverso la sentenza del GUP del Tribunale di Bergamo in data 8.1.2008 - ha confermato detta sentenza con la quale è stata affermata la responsabilità dello stesso imputato in ordine al delitto di cui agli artt. 61 n. 2 e 314 c.p. perché, quale agente di polizia giudiziaria in servizio presso il Corpo di Polizia Locale di Caravaggio ed avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità del “pass” per disabili n. 331 rilasciato a persona poi deceduta, se ne appropriava al fine di commettere il delitto di truffa ai danni della società esercizio aeroportuali di (omissis) , condannandolo a pena di giustizia.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore deducendo:
2.1. violazione ed errata applicazione dell'art. 314 c.p. in quanto l'imputato, impossessandosi del “pass per disabili”, non ha determinato un detrimento dell'integrità patrimoniale della P.A., ponendo in essere, per l'indebito uso del bene, al più, una condotta di abuso di ufficio.
2.2. inosservanza dell'art. 323 bis c.p. e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione dell'attenuante in parola ovvero di quella di cui all'art. 62 n. 4 c.p. avendo - da un lato - la Corte erroneamente identificato il danno patrimoniale in quello eventualmente perseguito ai danni della società aeroportuale presso la quale era stato esibito il documento e - dall'altro - avendo negato la speciale tenuità del danno in ragione del generale profilo della lesione del buon andamento ed imparzialità della P.A..
3. Il ricorso è fondato.
4. La sentenza impugnata ha avallato l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato - da un lato - ritenendo la irrilevanza dell'assenza di valore patrimoniale del documento oggetto di impossessamento e richiamando la plurioffensività del delitto contestato ritenendo violato il buon andamento della pubblica amministrazione; non ha mancato di evidenziare, d'altro lato, che lo stesso documento aveva acquistato o riacquistato rilevanza economica per l'utilizzazione che ne aveva fatto l'imputato in vista della perseguita riduzione dell'importo dovuto per il parcheggio.
5. Ritiene il Collegio che, innanzitutto, le valutazioni in diritto seguite dalla Corte territoriale in ordine alla irrilevanza del valore economico del bene oggetto di appropriazione non possono essere condivise.
6. Questa Corte ha insegnato, in caso di appropriazione di materiale atto a realizzare falsificazioni (materiale cartaceo, stampante, sigillo), che non è configurabile il delitto di peculato in assenza o estrema esiguità del valore della cosa oggetto di appropriazione (Sez. 6, Sentenza n. 10543 del 07/06/2000 Rv. 218338 Imputato: Baldassarre V e altro) come pure è stato escluso il reato di peculato di cui all'art. 314 cod. pen. nella condotta del pubblico ufficiale il quale utilizzi beni appartenenti alla P.A. privi in sé di rilevanza economica e quindi inidonei a costituire l'oggetto materiale dell'appropriazione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la configurabilità del peculato in ipotesi di utilizzazione dei modelli prestampati per i libretti di idoneità sanitaria, al fine di commettere il delitto di falsità materiale in atto pubblico) (Sez. 6, Sentenza n. 21867 del 22/03/2001 Rv. 21902 Imputato: Ioia S.); analogo indirizzo è ribadito in caso di utilizzazione di cartuccia in dotazione esplosa da pistola di ordinanza (Sez. 6, Sentenza n. 47193 del 11/11/2004 Rv. 230466 Imputato: Battaglia) in quello di saltuaria utilizzazione di telefono e fotocopiatrice dell'ufficio per ragioni private (Sez. 6, Sentenza n. 5010 del 18/01/2012 Rv. 251786 Pmt in proc. Borgia). Da ultimo, può considerarsi autorevolissimo avallo di tale orientamento, saldamente fondato sul principio di offensività, quello espresso dalle S.U. in tema di indebito utilizzo del telefono di ufficio che ne l'ha qualificato come peculato d'uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della P.A. o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell'ufficio, mentre deve ritenersi penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative (Sez. U, Sentenza n. 19054 del 20/12/2012 Rv. 255296, Imputato: Vattani e altro).
7. Né vale richiamare l'orientamento che ha dato rilievo all'acquisto o al riacquisto di valore che l'uso successivo all'impossessamento determina. Affermato in relazione a valori di bollo rimessi in circolazione una volta deprivati dell'annullamento (Sez. 6, Sentenza n. 30154 del 12/06/2007 Imputato: Bortolotto e altro.), comunque, non si attaglia al caso di specie in cui si tratta di un documento ab origine privo di qualsiasi valore economico intrinseco che assumerebbe rilevanza economica in base a condizioni esterne, quale la convenzione tariffaria della quale l'imputato intendeva fraudolentemente avvalersi.
8. Nella specie, in ogni caso, è stata apoditticamente affermata la diversa lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, in assenza di qualsiasi concreta incidenza sulla relativa funzionalità, posto che il “pass” oggetto di appropriazione risultava restituito all'ente dopo la morte del legittimo titolare.
9. Questo Collegio,quindi, intende ribadire il principio di diritto secondo il quale non sussiste il delitto di peculato in assenza di intrinseco rilievo economico dell'oggetto dell'appropriazione e di concreta incidenza di quest'ultima sulla funzionalità dell'ufficio o del servizio.
10. Neanche può accedersi alla riqualificazione del fatto nell'ambito della fattispecie sussidiaria dell'abuso di ufficio, benché non vi sia dubbio della condotta infedele dell'imputato.
10.1. Se è vero che la nozione di "atto di ufficio" comprende una vasta gamma di comportamenti umani, effettivamente o potenzialmente riconducigli all'incarico del pubblico ufficiale, e quindi non solo il compimento di atti di amministrazione attiva, la formulazione di richieste o di proposte, l'emissione di pareri, ma anche la tenuta di una condotta meramente materiale o il compimento di atti di diritto privato (Sez. 6, Sentenza n. 38698 del 26/09/2006 Rv. 234991 Imputato: Moschetti ed altri), purtuttavia indefettibile correlazione deve esservi tra lo svolgimento delle funzioni o del servizio e l'atto abusivo affinché questo formi un "quid" giuridicamente rilevante nella sua riferibilità alla pubblica amministrazione, capace di produrre conseguenze giuridiche. (Sez. 6, Sentenza n. 10896 del 02/04/1992 Rv. 192874 Imputato: Bronte ed altri.). Costituisce, invero, jus receptum che l'abuso richiesto per la integrazione della fattispecie criminosa in esame deve intendersi come esercizio del potere per scopi diversi da quelli imposti dalla natura della funzione; sicché, mancando l'elemento dell'esercizio del potere è da escludere la configurabilità del reato (Sez. 6, Sentenza n. 5118 del 25/02/1998 Rv. 211709 Imputato: Percoco; Sez. 2, Sentenza n. 7600 del 09/02/2006 Rv. 233234 Imputato: Scalerà ed altro.; Sez. 6, Sentenza n. 6489 del 04/11/2008 Rv. 243051 Imputato: Andreotti) (Sez. 6, Sentenza n. 5895 del 09/01/2013 Rv. 254892, P.M. in proc. Verdini e altro).
10.2. Nella specie, invece, la condotta appropriativa non si è realizzata nell'ambito dello svolgimento di dette funzioni o servizio, ma è stata soltanto occasionata da esse (v. anche Sez. 6 sentenza n. 38762 del 8.3.2012, imp. D'Alfonso RV 253371), rimanendo nell'ambito del mero rilievo disciplinare.
11. L'accoglimento dell'assorbente primo motivo comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Avv. Antonino Sugamele

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