Un parlamentare in un comizio si riferisce ad un soggetto dicendo che si era
Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Sent. del 10.05.2012, n. 17700
Presidente Oldi - Relatore Lapalorcia
Ritenuto in fatto
1. Il PM presso il Tribunale di Viterbo, su richiesta della parte civile A.D.P. , ha proposto ricorso avverso la sentenza del Giudice di Pace di quella città, in data 5-10-2010, che ha dichiarato S.B. non punibile per il reato di diffamazione in danno di D.P., per aver agito nell'esercizio della funzione parlamentare.
1.1 Il (…) B. , nel corso di un comizio pubblico tenuto presso il (…) , aveva detto, in sostanza, che D.P. si era laureato grazie ai Servizi, che aveva orrore di lui in quanto rappresentava “il peggio del peggio” e che aveva “mandato in galera italiani senza avere alcuna prova”.
Sull'eccezione della difesa di applicabilità dell'art. 68 Cost., il primo giudice, trasmessi gli atti alla camera dei deputati, alla quale l'imputato apparteneva, e ricevuta la delibera di questa favorevole all'applicazione dell'art. 68 Cost., si pronunciava come sopra non ravvisando i presupposti per sollevare conflitto di attribuzione dinanzi alla corte costituzionale. Riteneva che le affermazioni dell'imputato, nella loro obiettiva offensività, costituissero una critica, per quanto aspra, dell'avversario politico, finalizzata ad allontanare da lui il consenso degli elettori, e fossero quindi espressione della funzione parlamentare.
2. Il PM ricorrente deduce con il primo motivo violazione di legge in relazione all'esimente di cui all'art. 68 Cost. in quanto l'opinione espressa dal prevenuto non è connessa alla funzione di parlamentare essendo un comizio elettorale privo di legami con tale funzione, perché finalizzato ad ottenere il consenso degli elettori.
Con il secondo motivo si deducono mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione per essere stata comunque omessa la valutazione della riconducibilità alla critica politica - piuttosto che all'attacco personale - e della continenza delle espressioni usate, non potendo la previsione dell'esimente autorizzare, secondo la giurisprudenza di questa corte, l'esistenza di una zona grigia in cui i rappresentanti dei pubblici poteri potrebbero esprimere le proprie opinioni con strumenti di comunicazione vietati dalla legge.
Si chiede quindi l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice a quo affinché sollevi conflitto di attribuzione tra poteri dello stato per la valutazione della legittimità della delibera della camera dei deputati 22-9-2010.
3. Con memoria in data 29-12-2011 l'avv. M. R. T., difensore di A.D.P. , ha chiesto l'accoglimento del ricorso del PM richiamando la giurisprudenza costituzionale secondo la quale l'esimente ricorre soltanto quando l'opinione espressa extra moenia sia sostanzialmente riproduttiva di un'opinione espressa in sede parlamentare e quindi legata da nesso funzionale con quest'ultima, della quale abbia finalità divulgativa. Ipotesi ritenuta non ricorrente nella specie, trattandosi di comizio elettorale.
Alla memoria sono stati allegati provvedimenti del Gip del tribunale di Bergamo e del giudice civile di Roma, con i quali è stato sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello stato in relazione alla delibera della camera di cui sopra con riferimento alla stessa opinione espressa da B. in altre sedi.
Considerato in diritto
1. Va osservato incidentalmente che l'affermazione del difensore dell'imputato secondo cui il ricorso sarebbe da qualificare per saltum, onde con esso potrebbe essere fatto valere esclusivamente il vizio di violazione di legge, è erronea in quanto trascura di considerare che le sentenze del giudice di pace sono appellabili dal PM soltanto se di condanna a pena diversa da quella pecuniaria.
Ciò posto, si osserva che, mentre appare infondato il secondo motivo di ricorso - in quanto, secondo indirizzo giurisprudenziale di questa corte, all'esimente riconosciuta al parlamentare non si applicano i parametri del rispetto della verità, della rilevanza sociale e della continenza (Cass. 2384/2010) -, correttamente il PM nel primo motivo di ricorso e la parte civile nella memoria depositata, hanno osservato, sulla scorta dal dato normativo e della giurisprudenza formatasi sul punto, che l'art. 3, comma primo, della Legge 20.6.2003 n. 140 - che innova la disciplina applicativa dell'art. 68 della Costituzione - esplicita, ma non amplia, il contenuto della tutela accordata al parlamentare, limitata alle opinioni espresse o agli atti compiuti, che presentino un chiaro nesso funzionale con il concreto esercizio delle funzioni parlamentari, pur se svolte in forme non tipiche o “extra moenia” (Cass. 1600/2004, relativa proprio al caso di comizio elettorale).
L'esimente ricorre quindi, in caso di attività del parlamentare espletata fuori del Parlamento, soltanto se la critica sia connessa alla sua funzione, essendo sostanzialmente riproduttiva di un'opinione espressa in sede parlamentare e quindi legata da nesso funzionale con quest'ultima, della quale abbia finalità divulgativa.
Per contro il primo giudice, senza svolgere alcuna indagine al riguardo, preso atto della delibera della camera dei deputati favorevole all'applicazione dell'art. 68 Cost., si è limitato ad osservare, non ravvisando i presupposti per sollevare conflitto di attribuzione dinanzi alla corte costituzionale, che le opinioni espresse da B. su D.P. , nel corso di un comizio elettorale, erano, per ciò solo, espressione dell'esercizio della funzione parlamentare, trascurando, senza quindi svolgere approfondimenti sul punto, che l'attività extra moenia del parlamentare, quale quella in questione, per essere coperta dall'esimente, deve, come sopra evidenziato, riprodurre attività svolta in sede istituzionale. Tale indagine si appalesa necessaria in quanto, nella specie, da un lato l'opinione su D.P. era stata espressa da B. in un comizio elettorale, sede di per sé estranea all'esercizio delle funzioni parlamentari, dall'altro le espressioni utilizzate non riguardavano la figura di uomo politico dell'antagonista, ma attingevano la sua sfera personale e professionale. La sentenza merita quindi annullamento con rinvio al giudice a quo per l'indagine indicata.
L'esito del giudizio di legittimità comporta che la parte civile potrà far valere le proprie pretese relative alla rifusione delle spese, nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito accerterà l'eventuale sussistenza, a carico dell'imputato, di tale obbligo (Cass. 32440/2003).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Viterbo per nuovo esame.
Depositata in Cancelleria il 10.05.2012
17-05-2012 00:00
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