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Sentenza

Un giovane si rifiuta di eseguire l'ordine del vigile che gli proibiva di parcheggiare il ciclomotore: lo colpisce con una testata al volto: per la Cassazione sono integrati i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie
Un giovane si rifiuta di eseguire l'ordine del vigile che gli proibiva di parcheggiare il ciclomotore: lo colpisce con una testata al volto: per la Cassazione sono integrati i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - SENTENZA 8 febbraio 2012, n.4929 - Pres. Di Virginio – est. Garribba
Motivi della decisione

§1. Con sentenza del 4 marzo 2009 la Corte d'appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale che aveva dichiarato C. D. colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni volontarie lievissime, per avere colpito al volto con una testata il vigile urbano M.F. che, preposto alla regolazione della sosta nel piazzale antistante il porto di Sorrento, gli aveva ordinato di non parcheggiare il ciclomotore.
Contro detta sentenza ricorre l'imputato che denuncia:
1.. violazione dell'art. 337 cod.. pen. e mancanza di motivazione, perché la discussione, degenerata in una reciproca aggressione fisica, era insorta dopo ch'egli aveva ottemperato all'ordine impartitogli dal vigile urbano e quindi, essendo mancata la necessaria contemporaneità tra l'atto del pubblico ufficiale e la violenza o minaccia diretta all'opposizione, non sarebbe configurabile il reato contestato;
2. violazione dell'art. 4 d.lgs.lgt. n. 288/1944 e mancanza di motivazione, perche la sentenza non ha considerato che la violenza incriminata fu posta in essere per reazione al comportamento aggressivo e arrogante del pubblico ufficiale che, colpendolo con uno schiaffo, attuò l'atto arbitrario previsto dalla citata esimente;
3. violazione dell'art. 582 cod.pen. e mancanza di motivazione, perché le lesioni sarebbero state la conseguenza di un gesto istintivo e involontario.
§2. Il ricorso è manifestamente infondato, perché la decisione impugnata poggia su una motivazione completa ed esaustiva (fornita soprattutto dal giudice di primo grado), che, muovendo da un'accurata analisi delle risultanze probatorie, perviene a una ricostruzione dei fatti logica e coerente, seguita dalla corretta applicazione della norma penale. I motivi proposti in realtà prospettano solo ragioni di merito volte a ottenere una diversa valutazione della prova, sollecitando questa Corte a una rilettura degli atti che esorbita dal sindacato riservato al giudice di legittimità.
In particolare si osserva:
- in ordine al primo motivo, che l'imputato si rifiutò di ottemperare all'ordine del vigile urbano che gli proibiva di parcheggiare in quel posto e proprio per questa ragione nacque la discussione poi degenerata nella violenza; pertanto i giudici di merito, accertato che l'imputato colpì il vigile con la testata per opporsi all'esecuzione di un ordine legittimamente impartito, lo hanno correttamente dichiarato colpevole del reato di resistenza a pubblico ufficiale;
- in ordine al secondo motivo, è emerso che il vigile urbano, in risposta agli improperi rivoltigli, levò la mano verso il viso dell'imputato minacciando di dargli 'due paccheri' e quest'ultimo, come immediata reazione, lo colpì con la testata al volto; la minaccia profferita dal pubblico ufficiale a seguito dell'ingiusta aggressione verbale subita non si è posta --secondo la valutazione discrezionale dei giudici di merito - completamente ai di fuori della sua attività funzionale né ha manifestato intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni per perseguire finalità vessatorie e, pertanto, mancavano le condizioni per riconoscere l'esimente invocata;
- in ordine al terzo motivo, il giudice ha affermato l'intenzionalità della testata,. rilevando che l'imputato era seduto sul ciclomotore, mentre il vigile, alto m. 1,90, gli stava di fronte, per cui, per colpire il pubblico ufficiale, l'imputato ha dovuto di proposito puntare i piedi e proiettarsi verso l'alto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende.. Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte civile che liquida nella somma di euro mille oltre accessori.



	

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Avv. Antonino Sugamele

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