Sulla responsabilita' erariale.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE , SENTENZA 9 marzo 2012 3692 Pres. f.f. Vittoria – rel. Segreto , n.3692 - Pres. f.f. Vittoria – rel. Segreto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 16.12.2005 alla Corte di appello di Reggio Calabria, la s.p.a. Poste Italiane proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale, sez. lavoro, di Reggio Calabria del 17.12.2004, con la quale il tribunale, decidendo sulla domanda proposta da Poste Italiane nei confronti del dipendente M.A. e diretta ad ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 4.906,34, pari all'importo di vaglia cambiario accettato dal M. in corrispettivo della vendita a terzi di valori bollati in violazione delle disposizioni interne, aveva dichiarato il suo difetto di giurisdizione in favore della giurisdizione della Corte dei Conti.
La Corte di appello adita, con sentenza depositata il 30.11.2009, rigettava l'appello, confermando la declaratoria di difetto di giurisdizione dell'AGO, sul rilievo che, nonostante le Poste Italiane costituissero una s.p.a., tuttavia azionista unico era il Ministero del Tesoro; era organismo di diritto pubblico, attesa anche la gestione de servizio pubblico postale; la L. n. 97 del 2001, art. 7 prevedeva per il P.G. presso a Corte dei conti il dovere di procedere nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o enti pubblici o enti a prevalente partecipazione pubblica.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a. Poste Italiane, che ha presentato memoria. Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di riparto di giurisdizione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 1, invocando in particolare il principio affermato da Cass. S.U. 19.12.2009, n. 26806, per cui spetta alla giurisdizione dell'AGO la domanda di risarcimento del danno subito da società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite di amministratori o dipendenti che rechino un danno diretto alla società e solo indiretto al socio pubblico.
2.1. Il motivo è fondato.
Le S.U. di questa Corte (Cass. S.U. 19/12/2009, n. 26806) hanno statuito che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all'azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti (nella specie, consistenti nell'avere accettato indebite dazioni di denaro al fine di favorire determinate imprese nell'aggiudicazione e nella successiva gestione di appalti), non essendo in tal caso configurabile, avuto riguardo all'autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio tra l'agente e l'ente pubblico titolare della partecipazione, né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
Sussiste invece la giurisdizione di quest'ultima quando l'azione di responsabilità trovi fondamento nel comportamento di chi, quale rappresentante dell'ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione, ovvero in comportamenti tali da compromettere la ragione stessa della partecipazione sociale dell'ente pubblico, strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed implicante l'impiego di risorse pubbliche, o da arrecare direttamente pregiudizio al suo patrimonio.
2.2. Tale principio è stato pacificamente adottato da tutta la giurisprudenza successiva di questa Corte anche in relazione a società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria o totalitaria, ed anche se sottoposte a penetranti poteri di controllo dell'ente pubblico ed anche se la s.p.a. gestisce un servizio pubblico essenziale (S.U. 7.7.2011, n. 14957; Sez. U, 12.10.2011, n. 20940; 5/07/2011, n. 14655).
A tale conclusione questa Corte è pervenuta innanzitutto sulla base del rilievo che le disposizioni del codice civile sulle società per azioni a partecipazione pubblica non valgono a configurare uno statuto speciale per dette società e che (alla luce anche di quanto indicato nella relazione al codice) la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Quanto in particolare all'ipotesi in cui la società per azioni intrattenga con la pubblica amministrazione un rapporto di servizio funzionale al perseguimento degli scopi della pubblica amministrazione (o un'altra di quelle analoghe relazioni giuridiche ritenute dalla giurisprudenza idonee a giustificare ipotesi di danno erariale, nel concorso degli altri presupposti), le Sezioni unite hanno sottolineato la necessità di distinguere la posizione della società partecipata, con cui intercorra tale rapporto, e quella personale degli amministratori (e degli altri organi della società), i quali non si identificano con la società, sicché non è consentito riferire loro il rapporto di servizio di cui la società stessa sia parte. La Corte è quindi pervenuta alla conclusione che l'azione del pubblico ministero presso la Corte dei Conti per responsabilità dell'amministratore o dell'organo di controllo della società partecipata dall'ente pubblico sia ipotizzabile solo nel caso in cui l'ente pubblico sia stato direttamente danneggiato dall'azione illegittima. Ciò peraltro, in coerenza con la disciplina del codice civile sulla responsabilità degli organi sociali - non contenente speciali disposizioni per le società partecipate da soggetti pubblici -, che distingue tra responsabilità di tali organi nei confronti della società e responsabilità degli stessi nei confronti dei singoli soci e dei terzi.
2.3. Le linee interpretative che si sono sinteticamente esposte sono rilevanti anche in relazione al regime di responsabilità dei dipendenti delle società partecipate per i danni dai medesimi arrecati direttamente alla società e solo indirettamente e di riflesso al soggetto pubblico partecipante. Anche in questo caso ha carattere dirimente la natura giuridica (privatistica) del soggetto immediatamente danneggiato e dei suo patrimonio. Del resto si sono rilevati, da parte della richiamata recente giurisprudenza, aspetti di analogia delle posizioni dei dipendenti e degli organi sociali rispetto all'eventuale azione di responsabilità del procuratore contabile, a proposito delle limitazioni poste dal D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 30 ter convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2009, n. 102 (quale risultante a seguito delle modifiche apportate con D.L. 3 agosto 2009, n. 103, convertito con ulteriori modificazioni dalla L. 3 ottobre 2009, n. 41), specificamente in materia di risarcimento del danno all'immagine, limitato all'ipotesi prevista dalla L. 27 marzo 2001, n. 141, art. 7 e cioè al caso di presenza di una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nel precedente art. 3 della stessa legge, compresi quelli "di enti a prevalente partecipazione pubblica".
2.4. Nella presente occasione non vi è poi ragione di ulteriormente prendere in considerazione la disposizione di cui al richiamato L. n. 141 del 2001, art. 7 non ricorrendo il relativo presupposto base di una sentenza penale irrevocabile di condanna per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione ivi considerati, ferma restando, evidentemente, la conclusione che la stessa disposizione non può considerarsi espressione di un più generale principio di sottoposizione dei dipendenti delle società a prevalente partecipazione pubblica alla giurisdizione della Corte dei Conti per i danni arrecati alla società datrice di lavoro.
3. Ne consegue che la controversia riguardante l'azione di responsabilità a carico degli amministratori o dipendenti di una società per azioni a partecipazione pubblica anche se totalitaria, come nella fattispecie per Poste italiane s.p.a. per il danno patrimoniale subito dalla compagine sociale a causa delle condotte illecite di tali soggetti è assoggettata alla giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice contabile, atteso che, da un lato, l'autonoma personalità giuridica della società porta ad escludere l'esistenza di un rapporto di servizio tra amministratori, sindaci e dipendenti e P.A. e, dall'altro, il danno cagionato dalla "mala gestio" incide in via diretta solo sul patrimonio della società, che resta privato e separato da quello dei soci.
4.1. Tale principio è stato già affermato da Cass. Sez. Unite, 19/01/2010, n. 674, in una controversia analoga tra Poste italiane s.p.a. ed un dipendente per il danno da quest'ultimo ad essa cagionato nello svolgimento del rapporto di lavoro e non vi sono ragioni per discostarsi dallo stesso.
4.2. Va solo osservato che è irrilevante la prospettata natura di Poste italiane s.p.a., quale organismo di diritto pubblico per aver subito il danno nell'esercizio della gestione del servizio pubblico di vendita di valori bollati.
Infatti, a parte il rilievo che secondo l'orientamento prevalente tale qualità viene riconosciuta a Poste Italiane solo in relazione al servizio pubblico universale, in ogni caso queste S.U. (n. 14655 del 05/07/2011) hanno di recente statuito che la natura di organismo di diritto pubblico non è di ostacolo alla giurisdizione del giudice ordinario per danni inferti direttamente al patrimonio della società per azioni. Tale principio va condiviso perché si tratta di istituti che operano su piani differenti e quindi rispondono a diversi principi normativi ed a diverse finalità. Segnatamente il primo attiene alla disciplina di derivazione comunitaria in materia di procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica di appalti e quindi di scelta da parte della società del contraente privato, mentre la seconda alla responsabilità amministrativa-risarcitoria dell'amministratore o del dipendente nei confronti della società.
4.3. Va, quindi, accolto il primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo motivo.
Va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
Poiché la giurisdizione era stata declinata anche dal giudice di primo grado (Tribunale di Reggio Calabria), si impone il rinvio al medesimo, a norma dell'art. 383 c.p.c., comma 3, e dell'art. 353 c.p.c., anche per le spese processuali.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale di Reggio Calabria.
28-03-2012 00:00
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