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Sentenza

Sinistro mortale. Il Gip deve disporre il rinvio a giudizio quando l’eventuale insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti appaiano ragionevolmente superabili nel dibattimento
Sinistro mortale. Il Gip deve disporre il rinvio a giudizio quando l’eventuale insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti appaiano ragionevolmente superabili nel dibattimento
Corte di Cassazione Sez. Quarta Pen. - Sent. del 12.07.2012, n. 27969

Presidente Marzano - Relatore Dovere

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 1 marzo 2011 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Vasto dichiarava non luogo a procedere nei confronti di B.G. per insussistenza del fatto ascritto al medesimo.
Nei confronti del B. era stata elevata imputazione di omicidio colposo in danno di I.S. perché, trovandosi alla guida di un'autovettura Ford Focus, ometteva di tenere rigorosamente la destra della propria corsia di marcia e veniva a collidere frontalmente con l'autovettura condotta dallo I. , il quale viaggiava nella direzione opposta e invadeva la corsia di pertinenza dell'autovettura del B. in prossimità di una curva.
Il Giudice, rilevato che risultava accertato che il B. , a differenza dello I. , non aveva superato il limite di velocità vigente nel tratto di strada interessato al sinistro, rimarcava come l'unico elemento a carico dell'imputato fosse costituito dalla non accertata ma solo verosimile circostanza che questi non avesse tenuto rigorosamente la propria destra; ragion per cui il consulente del P.M. aveva ritenuto di poter attribuire una minima corresponsabilità per il sinistro anche al B.
Il dato dichiarativo proveniente dal “teste” G. , sostanzialmente a discarico, era valutato consonante con le risultanze dei rilievi di polizia giudiziaria e dell'accertamento tecnico disposto dal P.M. Quanto all'assunto della costituita parte civile, secondo il quale vi era una contraddizione tra le conclusioni dell'esperto ed i citati rilievi, il decidente reputava che essa potesse essere stata determinata dalla difficoltà di “lettura” dello stato dei veicoli successivo all'impatto. Infatti, i rilievi di polizia giudiziaria indicavano che l'auto della vittima a seguito dell'impatto aveva ruotato in senso antiorario; l'esperto del P.M. era invece dell'avviso che l'autovettura aveva ruotato da subito in senso orario e mentre ruotava in detto senso aveva nuovamente urtato l'altro veicolo e si era ribaltata con un'ulteriore rotazione e conseguente transazione in senso antiorario. Per il Giudice, gli ufficiali di polizia giudiziaria potevano essere stati indotti in errore dall'ultima rotazione.
In conclusione, ad avviso del G.u.p. si profilava l'assoluta insufficienza delle fonti di prova poste a base della richiesta di rinvio a giudizio, dalla quale derivava una prognosi di esiti di contraddittorietà probatoria: le circostanze a carico dell'imputato, pur presenti, risultano inserite in un contesto di incertezza o di contraddittorietà e senz'altro tali da non poter essere chiarite in dibattimento.
2. Avverso la decisione proponevano ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia le parti civili costituite I.I. , I.P. , I.S. , I.M. e D.T.E.
2.1. Con un primo motivo si censura l'illegittima applicazione della regola di giudizio che deve essere adottata all'esito dell'udienza preliminare e l'illegittima valutazione di inidoneità degli elementi acquisiti per sostenere l'accusa in giudizio, nonché la carente e manifesta illogicità della motivazione e l'inesatta percezione delle risultanze processuali.
Ad avviso dei ricorrenti il giudice ha omesso di considerare che la Polstrada di Vasto aveva elevato verbale nei confronti dell'imputato per violazione dell'articolo 143, co. 13 C.D.S. e che nella consulenza tecnica il presumibile punto d'urto veniva individuato a 0,55 mt. dalla linea di mezzeria. Inoltre, pur essendo stato evidenziato dal decidente che il consulente del pubblico ministero aveva ritenuto di attribuire una sia pure minima responsabilità all'imputato, era stato ignorato che il menzionato ausiliario aveva concluso nel senso che se il conducente della Ford Focus avesse tenuto rigorosamente la propria destra avrebbe avuto maggiori possibilità di evitare l'impatto. Pertanto, la divergenza tra quanto dichiarato dal teste G. e l'esito degli accertamenti tecnici avrebbe dovuto imporre il vaglio dibattimentale.
2.2. Con un secondo motivo si censura l'insufficienza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al rigetto della richiesta istruttoria avanzata dal pubblico ministero. In sostanza si lamenta che il decidente ha omesso di disporre l'accertamento peritale richiesto dall'accusa pubblica nonostante lo stesso decidente abbia evidenziato carenze e contraddizioni tra i rilievi di polizia giudiziaria e le conclusioni del consulente tecnico dell'accusa.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è fondato sotto entrambi i profili evidenziati dalle censure delle parti civili.
3.1. La corretta applicazione dell'art. 425 cod. proc. pen. impone al giudice dell'udienza preliminare di disporre il rinvio a giudizio quando l'eventuale insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti appaiano ragionevolmente superabili nel dibattimento. In quella sede, infatti, non deve essere accertata l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato, bensì la sostenibilità dell'accusa nel giudizio. La natura della sentenza emessa ai sensi dell'art. 425 cod. proc. pen. all'esito dell'udienza preliminare, infatti, ha natura processuale, nel senso che essa esprime un giudizio prognostico sulla sorte futura dell'accusa, che si ritiene impossibile da sostenere in giudizio. Quando a determinare tale giudizio sia l'insufficienza e/o la contraddittorietà degli elementi acquisiti non si richiede comunque una valutazione nel merito, sulla falsariga di quella sottesa all'art. 530, co. 2 cod. proc. pen. Anche in tal caso si tratta di valutare se quella insufficienza e/o contraddittorietà può condurre alla paralisi dell'azione pubblica perché non suscettibile di chiarimenti o sviluppi nel giudizio (ex multis, Cass. sez. 4, n. 26410 del 19.4.2007, rv. 236800, Giganti e altri; Cass. sez. 6, n. 10849 del 12/01/2012, rv. 252280, P.M. in proc. Petramala e altro).
3.2. La decisione impugnata non appare in linea con tali principi. Sulla scorta delle indicazioni provenienti dall'accertamento tecnico fatto eseguire dal P.M., il giudice ha rappresentato in più occasioni la ricorrenza di un profilo di colpa dell'imputato, consistente nel non aver mantenuto rigorosamente la destra della propria corsia di marcia. Egli rileva che l'esperto “ha accalorato (rectius: acclarato) che la maggiore, se non la esclusiva responsabilità, dell'incidente è da attribuirsi allo I. …”; che il consulente ha attribuito “… una minima corresponsabilità al conducente della Focus siccome verosimilmente non teneva rigorosamente la destra…”. A fronte di ciò il decidente sostiene che la circostanza della violazione dell'art. 143, co. 1 C.d.S. non è accertata ma solo verosimile.
Ebbene, al di là della opacità del giudizio espresso dal G.u.p., vi è da rilevare che a fronte della mera verosimiglianza lo strumento idoneo ad eliminare ogni perplessità al riguardo (mutando il verosimile in accertato, secondo la terminologia del giudice territoriale; oppure acclarando che il verosimile non era il vero) era appunto il giudizio.
Né risulta risolutivo in senso diverso il fatto che il decidente abbia concluso per l'irrilevanza causale della condotta dell'imputato, stante la ritenuta impossibilità di questi di compiere manovre di emergenza atte ad evitare il sinistro o a ridurne gli effetti, per la repentinità e l'imprevedibilità della manovra del veicolo dello I. . Infatti, quella conclusione riposa sul già menzionato giudizio di verosimiglianza, tanto che non è stato neppure affrontato il tema relativo all'incidenza della condotta colposa dell'imputato sulla impossibilità di eseguire manovre di emergenza.
Quanto alla contraddizione tra la ricostruzione dei movimenti dei veicoli coinvolti nel sinistro operata dal consulente del P.M. e quella elaborata dalla Polizia giudiziaria, appare invero tutt'altro che persuasiva la chiave di soluzione prescelta dal G.u.p., il quale evoca la possibilità che la polizia giudiziaria sia incorsa in un errore. Un dubbio al riguardo avrebbe dovuto essere affidato al successivo giudizio o sciolto facendo ricorso ai poteri istruttori che il codice di rito conferisce anche al giudice dell'udienza preliminare.
È possibile che anche il giudizio non fosse in grado di dare sul punto adeguato supporto probatorio all'ipotesi accusatoria. Ma la valutazione del G.u.p. non ha ad oggetto la possibilità di una sentenza di condanna, bensì la inutilità dello sviluppo processuale assicurato dal giudizio, stante la definitività (come numerus clausus) delle acquisizioni vagliate nell'udienza preliminare.
4. In presenza dell'impugnazione della sola parte civile va puntualizzato che il ricorso per cassazione della stessa contro la sentenza di non luogo a procedere, emessa all'esito dell'udienza preliminare, è proposto, dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006 all'art. 428 cod. proc. pen., esclusivamente agli effetti penali, sicché la Corte, in caso di annullamento con rinvio, deve disporre la trasmissione degli atti al Tribunale cui appartiene il Gup che ha emesso la sentenza impugnata (Cass. sez. U, n. 25695 del 29/05/2008, Rv. 239701, P.C. in proc. D'Eramo).
La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio al Tribunale di Vasto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Vasto.

 

Depositata in Cancelleria il 12.07.2012
Avv. Antonino Sugamele

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