Sequestro preventivo di un computer e pen drive a un soggetto che gestisce un appartamento per la prostituzione e ola pubblicizza su un sito web
Corte di Cassazione Sez. Terza Pen. - Sent. del 18.01.2012, n. 1895
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 22 febbraio 2011, il Tribunale di Roma, in sede di riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip presso lo stesso Tribunale il 5 gennaio 2011, in relazione al reato di cui all'articolo 3, secondo comma, della legge n. 75 del 1958, ed avente ad oggetto il computer e la pen drive del ricorrente.
2. - Avverso tale ordinanza, l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento e lamentando, con unico motivo di impugnazione, la mancanza dei presupposti di cui agli articoli 321 c.p.p. e 240 c.p., perché nessun riferimento specifico sarebbe stato svolto dal pubblico ministero a presunte attività dello stesso indagato quale procacciatore d'affari per le tre donne che esercitavano il meretricio nell'appartamento da lui messo a disposizione, per il quale percepiva la somma di € 300 al giorno per l'affitto. Ad avviso della difesa, la consulenza tecnica espletata avrebbe accertato che il ricorrente aveva effettivamente visitato numerosi siti internet, nei quali donne uomini offrono le proprie prestazioni sessuali a pagamento, ma non avrebbe trovato alcuna attività informatica di costruzione di home pages riferibile alle tre donne, né contatti ricevuti in relazione a tali donne.
Considerato in diritto
3. - Il ricorso è inammissibile, perché proposto per ottenere una rivalutazione del merito della decisione; rivalutazione preclusa in questa sede.
L'ordinanza impugnata chiarisce, in punto di periculum in mora, che una delle tre donne che usufruivano, per l'attività di prostituzione, dell'appartamento messo a disposizione dall'indagato ha chiaramente affermato che questo curava la pagina web relativa agli annunci erotici necessari per pubblicizzare l'attività di dette donne e che in tali dichiarazioni - indipendentemente dalle risultanze della consulenza tecnica effettuata - sta la prova dell'utilizzazione del computer, unitamente all'accessorio costituito dalla pen drive, per la commissione del reato.
A fronte di una siffatta motivazione, incentrata sulle dichiarazioni accusatorie rese da una delle donne sfruttate, il ricorrente nulla rileva sulla valenza probatoria di tali dichiarazioni, limitandosi a contestare la ricostruzione della sussistenza del periculum sotto il profilo, estraneo alla ratio decidendi, della valutazione delle risultanze della consulenza tecnica.
4. -Ne consegue l'inammissibilità del ricorso. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Depositata in Cancelleria il 18.01.2012
23-01-2012 00:00
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