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Sentenza

Puo' essere sottoposta a fallimento una ditta individuale di procacciamento di affari senza azienda.
Puo' essere sottoposta a fallimento una ditta individuale di procacciamento di affari senza azienda.
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 04.06.2012, n. 8930

Presidente Plenteda - Relatore Barnabai

Svolgimento del processo

Su ricorso della Cassa di Risparmio di (…), il Tribunale di Acqui Terme con sentenza 16 luglio 2010 dichiarava il fallimento dell'impresa individuale P.S.C. , avente ad oggetto l'attività di procacciatore d'affari.
Il successivo reclamo del P. era respinto dalla Corte d'appello di Torino con sentenza 7 ottobre 2010.
La corte territoriale motivava:
- che sussistevano i requisiti di fallibilità fissati dall'art. 1, legge fallimentare, dal momento che l'imprenditore non aveva assolto l'onere di provare i fatti impeditivi elencati nella medesima norma;
- che, in particolare, il ricorso alla contabilità semplificata consentito dall'art. 18 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) non costituiva causa esimente della mancata produzione delle scritture contabili attestanti la carenza dei requisiti dimensionali per la dichiarazione di fallimento;
- che difatti la norma invocata introduceva una disciplina semplificata di favore ai soli fini tributari, senza derogare all'obbligo civilistico della tenuta delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e segg. cod. civile;
- che in ogni caso il P. non aveva prodotto una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata della propria impresa, in violazione dell'art. 15, terzo comma, legge fallimentare;
- che la curatela aveva dimostrato la sussistenza di debiti ampiamente superiori al limite di cui all'art. 1, secondo comma, lettera c) legge fallimentare;
- che era irrilevante l'asserita natura personale dei debiti del P. , derivati da fideiussioni rilasciate prima dell'inizio dell'attività imprenditoriale in favore della Cassa di Risparmio di (…), dato che non vi era spazio per l'allegata distinzione dei debiti, in ragione della natura imprenditoriale o privata, ai fini della sussistenza del presupposto oggettivo dell'insolvenza.
Avverso la sentenza notificata il 13 ottobre 2010, il P. proponeva ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, notificato il 5 novembre 2010 ed ulteriormente illustrato con memoria.
Deduceva:
1) la violazione degli articoli 1 e 5, legge fallimentare, e la carenza di motivazione, dal momento che un'impresa di procacciamento d'affari non poteva strutturalmente fallire nell'esercizio di un'attività mediatrice svolta personalmente dal titolare, senza organizzazione aziendale;
2) la violazione degli articoli 15 legge fallimentare e 18 d.P.R. n. 600/1973 e l'insufficienza della motivazione nel mancato riconoscimento dell'insussistenza dei presupposti dimensionali dell'impresa ai fini del fallimento;
3) la violazione degli articoli 1 e 5, legge fallimentare, 2704 e 1944 cod. civ. nonché la carenza di motivazione per aver ritenuto raggiunto il limite di indebitamento richiesto dall'art. 1, legge fallimentare, nonostante la natura civile, e non commerciale, della fideiussione prestata per le obbligazioni di una società poi fallita;
4) la violazione degli articoli 1 e 5 legge fallimentare con riguardo agli articoli 2697 e 2361, secondo comma, codice civile, perché la dichiarazione di fallimento presupponeva l'accertamento di una società di fatto con la E. s.r.l. debitrice principale, garantita con la fideiussione prestata dal P.
Resistevano con controricorso la curatela del fallimento e la Cassa di Risparmio di (…).
All'udienza del 7 marzo 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione nella ritenuta sottoponibilità a fallimento di un'impresa individuale di procacciamento d'affari, priva di azienda.
Il motivo è infondato, dal momento che i requisiti per il fallimento sono soltanto quelli di cui all'art. 1 legge fallimentare, contenente una disciplina speciale ed esaustiva, fondata su criteri squisitamente oggettivi e quantitativi: con superamento definitivo del criterio della prevalenza del capitale sul lavoro, vigente anteriormente alla riforma (d. lgs. 9 gennaio 2006 n. 5).
Con il secondo motivo si censura la violazione di legge e l'insufficienza della motivazione nel mancato rilievo dell'insussistenza dei presupposti dimensionali dell'impresa ai fini del fallimento.
Il motivo è infondato.
Anche se l'affermazione dell'obbligo civilistico di tenuta dei registri contabili di cui all'art. 2394 cod. civ. è espressa, in motivazione, in termini che sembrano adombrare un regime di prova legale ed esclusiva dell'insussistenza dei requisiti quantitativi previsti dall'arti legge fallimentare - principio, che non si potrebbe condividere, dal momento che la prova è libera e può essere desunta aliunde, in difetto della predetta contabilità: come si desume dalla locuzione “in qualunque modo risulti” che, seppur testualmente riferita alla prova del volume di ricavi lordi l'art. 1, secondo comma, lett. b), deve ritenersi estensibile all'ammontare dell'attivo patrimoniale e dei debiti (ibidem, lett. b e c) - resta valida ed incontestata l'ulteriore ratio decidendi fondata sull'omessa produzione, da parte del P. , della situazione patrimoniale, economica e finanziaria: in violazione dell'art. 15, quarto comma, legge fallimentare, risolventesi nell'inadempimento dell'onere della prova di non raggiungere la soglia di fallibilità.
Il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente per affinità di contenuto, relativi all'insussistenza dell'indebitamento richiesto dall'arti, legge fallimentare, attesa la natura civile e non commerciale della fideiussione prestata dal P. per le obbligazioni di una società poi fallita, sono manifestamente infondati.
Come correttamente ritenuto dalla corte territoriale, non vi è distinzione tra i debiti di un imprenditore individuale in ragione della loro natura, civile o commerciale. L'ordinamento italiano non consente, infatti, limitazioni della garanzia patrimoniale in funzione della causa sottesa alle obbligazioni contratte; tutte egualmente, rilevanti sotto il profilo dell'esposizione del debitore a fallimento. Solo l'alterità soggettiva (ad es., in caso di impresa gestita tramite una società di capitali unipersonale) introduce un criterio diverso di imputazione dei rapporti obbligatori, in base al ben noto principio dell'autonomia patrimoniale perfetta.
L'obbligazione fideiussoria rimasta insoluta determinava, dunque, l'insolvenza del P. , pur se, in ipotesi, anteriore alla genesi dello status di imprenditore, ricollegato all'attività commerciale di procacciatore d'affari.
Il ricorso è dunque infondato e dev'essere respinto, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero complessità dei questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 04.06.2012
Avv. Antonino Sugamele

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