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Sentenza

Non sono assoggettabili a contribuzione previdenziale le somme destinate al servizio della mensa aziendale.
Non sono assoggettabili a contribuzione previdenziale le somme destinate al servizio della mensa aziendale.
Corte di Cassazione Sez. Lavoro - Sent. del 23.01.2012, n. 865

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20 febbraio 2007, la Corte d'Appello di Bologna accoglieva il gravame svolto dall'INPS contro la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta dalla S. s.p.a. aveva dichiarato non assoggettabile a contribuzione previdenziale il corrispettivo per servizio di mensa erogato in favore dei dipendenti della società, nel periodo 1 gennaio 1994-31 agosto 1997, con conseguente nullità del verbale ispettivo.

2. La Corte territoriale riconosceva l'assoggettamento a contribuzione previdenziale degli importi in questione, ritenendo non provato, da parte della società, che la fornitura del servizio mensa costituisse una prestazione esorbitante il rapporto lavorativo stipulato con i dipendenti con connotazione di agevolazione a carattere assistenziale; non precisata, caso per caso, la causa giuridica della prestazione fornita, in base al rilievo che la società si era limitata a negare che i buoni pasto fossero sottoposti a contribuzione, anche prescindendo dal superamento del tetto, di cui al decreto ministeriale di riferimento, del quale aveva contestato, in via subordinata, i conteggi; la fornitura della ristorazione, ad opera di società terze convenzionate ed il servizio mensa presso i locali della società, si risolveva in una quantificazione pecuniaria, con connotati di prestazione corrispettiva dell'attività lavorativa in ambienti esterni, secondo gli impegni assunti con i sindacati. Infine, la corte di merito riteneva non provato l'ammontare effettivo dei costi della ristorazione al fine di verificare il mancato superamento del tetto ministeriale applicabile ratione temporis.

3. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, la S. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico articolato motivo, illustrato con memoria. L'INPS ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

4. Con unico articolato motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 17, in relazione alla L. n. 153 del 1969, art. 12, e al D.M. 3 marzo 1994, nonché omessa motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Si duole che la corte di merito non abbia applicato il D.Lgs. n. 503, art. 17, che regola la materia ratione temporis, che le risultanze istruttorie hanno comprovato trattarsi, nella specie, di vero e proprio servizio mensa organizzato con modalità diverse dalle mense tradizionali, in ragione della peculiare attività della società e della propria organizzazione interna; assume la rilevanza, ai fini dell'esenzione dall'imposizione contributiva, che il buono pasto sia riferito alla generalità dei lavoratori ed erogato per esigenze connesse all'attività lavorativa;

deduce, infine, la violazione del D.M. attuativo. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto.

5. Il ricorso è meritevole di accoglimento.

6. La cornice normativa in cui si inserisce, ratione temporis, la vicenda è costituita dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3″ che all'art. 17, con disposizione rubricata “Norme in materia di finanziamento” recita: “1. A decorrere dal periodo di paga in corso alla data del 1 gennaio 1994, sono esclusi dalla base imponibile per il computo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e per gli effetti relativi alle conseguenti prestazioni i corrispettivi dei servizi di mensa e di trasporto predisposti dal datore di lavoro con riguardo alla generalità dei lavoratori per esigenze connesse con l'attività lavorativa, nonché i relativi importi sostitutivi, entro determinati tetti stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della Previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, sono individuati ulteriori servizi parimenti connessi con l'attività lavorativa aventi carattere di generalità per i lavoratori interessati, i relativi importi sostitutivi ed i rispettivi tetti, ai fini della loro esclusione dalla base contributiva previdenziale ed assistenziale e per gli effetti relativi alle conseguenti prestazioni, salvaguardando gli equilibri finanziari delle gestioni interessate”. 7. Va detto che la potestà legislativa delegata è stata conferita al governo con legge di delegazione 23 ottobre 1992, n. 421 recante “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale” che, all'art. 3, comma 1, lett. aa), ha introdotto, fra l'altro, l'ampio criterio direttivo della revisione e semplificazione delle norme concernenti le agevolazioni contributive.

8. In seguito, con L. 24 dicembre 1993, n. 537, recante “Interventi correttivi di finanza pubblica”, l'art. 11, comma 24 ha introdotto, al D.Lgs. n. 503 cit., art. 17, comma 1, un tetto all'esenzione contributiva per gli importi sostitutivi, demandando la predeterminazione ad un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro.

9. Per l'attuazione della fonte normativa di rango primario, risultante dal decreto legislativo come modificato dalla L. n. 537 cit., è stato, pertanto, adottato il D.M. 3 marzo 1994 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (pubblicato in G.U. n. 66 del 21 marzo 1994), con disposizioni esplicative dell'esclusione, dalla base imponibile, del servizio di mensa e di vitto somministrato dalle aziende appartenenti al settore dei pubblici esercizi e degli alberghi, delineando il “servizio mensa” fino a ricomprendervi anche quello fruito dal lavoratore attraverso mense aziendali del datore di lavoro o mense interaziendali.

10. Il decreto così recita: “E escluso dalla base imponibile, per il computo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale e per gli effetti relativi alle conseguenti prestazioni: 1) il corrispettivo del servizio di mensa predisposto dai datori di lavoro attraverso mense aziendali proprie o altrui o attraverso mense interaziendali; 2) il corrispettivo del vitto somministrato dalle aziende appartenenti al settore dei pubblici esercizi e degli alberghi; 3) l'importo sostitutivo del servizio di mensa e di vitto previsto in sede contrattuale o da accordi integrativi entro un valore massimo di lire 2.000 a pasto; 4) il buono pasto per un valore massimo di lire 9.000 a pasto. Detti importi sono annualmente modificati in misura percentuale pari alla variazione percentuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati”. 11. L'esenzione dall'imposizione contributiva, già tassativamente disciplinata dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, è stata così raccordata ad una nozione più ampia e non tradizionale di servizio mensa, ai corrispettivi dei servizi di mensa e di trasporto, ai relativi importi sostitutivi entro determinati tetti (esenzione parziale), purché alle condizioni della predisposizione da parte del datore di lavoro in favore della generalità dei lavoratori e per soddisfare esigenze connesse all'attività lavorativa.

12. Pertanto, a decorrere dal 1 gennaio 1994, i corrispettivi del servizio mensa sono totalmente esclusi dall'imponibile contributivo e, entro un valore predefinito, sono esclusi (parzialmente) gli importi sostitutivi, alle dette condizioni (predisposizione per la generalità dei lavoratori e per esigenze connesse all'attività lavorativa).

13. La Corte territoriale, anziché inserire la vicenda nell'alveo normativo tracciato, ha raccordato l'esclusione dalla base imponibile alla mera connotazione del carattere agevolativo e assistenziale, connotazione ritenuta non provata, nella specie, dal datore di lavoro.

14. Tale opzione interpretativa, se pur coerente con gli insegnamenti di questa Corte in tema di esclusione dalla base imponibile contributiva del valore dei pasti di cui il lavoratore può fruire mediante buoni pasto (exmultis, Cass. 11212/2003; Cass. 14047/2005), non si attaglia al caso di specie.

15. La peculiarità del vicenda, che la distingue da precedenti fattispecie all'esame di questa Corte, concerne le modalità di erogazione e fruizione del servizio mensa da parte dei dipendenti della S., società la cui attività viene svolta su tutto il territorio nazionale: la società ha concluso apposito contratto di ristorazione con un gestore di mense aziendali già operante presso i clienti della società ai quali i dipendenti della società medesima erano assegnati; utilizzando i tagliandi all'uopo emessi dal datore di lavoro ed intestati alla società di ristorazione, i dipendenti, apponendovi nominativo, firma ed ora di fruizione del pasto, si avvalevano del servizio mensa così apprestato, con menu a prezzo prefissato.

16. Il predetto tagliando (o documento di legittimazione o credenziale nominativa identificativa o buono mensa), utilizzabile dal dipendente al mero fine per il quale è stato predisposto (la fruizione del pasto nelle mense gestite dalla C., in orari prestabiliti, in giornate lavorative e sul luogo di lavoro), non reca seco l'espressa indicazione di un valore monetario e non è, pertanto, in alcun modo negoziabile per la consumazione dei pasti presso pubblici esercizi, né spendibile, ad altri fini, presso pubblici esercizi, e ancor meno cedibile, trasferibile, convertibile o cumulabile.

17. All'evidenza la distinzione dal buono pasto del predetto buono di cui i dipendenti della società dovevano dotarsi non è soltanto nominativa ma di sostanza, giacché il tagliando de quo costituisce l'esclusivo e mero titolo di legittimazione per fruire del servizio predisposto dal datore di lavoro con modalità diverse dalle mense tradizionali nella sede aziendale.

18. Se, quindi, di servizio mensa si tratta, nell'accezione non tradizionale perchè concretamente istituito dal datore di lavoro con le peculiari modalità sin qui richiamate, trova applicazione, per il predetto servizio e per le modalità di fruizione da parte dei dipendenti (attraverso i tagliandi), la regola della non imponibilità contributiva disciplinata dal menzionato D.Lgs. n. 503 cit., art. 17, e dalle successive disposizioni di attuazione.

19. La decisione della Corte territoriale non si è, pertanto, informata alle predette disposizioni che regolamentano la materia e va, pertanto, cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, accoglie la domanda proposta dalla S. s.p.a. per l'accertamento negativo del debito contributivo contestato dall'INPS con verbale di accertamento del 3 ottobre 1997. 20. La novità del thema decidendum giustifica la compensazione delle spese del giudizio fra le parti.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda proposta dalla società.

Spese compensate.

 

Depositata in Cancelleria il 23.01.2012
Avv. Antonino Sugamele

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