Non c'e' il reato di violazione dell'obbligo di assistenza se il padre naturale non ha riconosciuto il figlio
Corte di Cassazione Sez. Sesta Pen. - Sent. del 26.04.2012, n. 15952
Presidente Agrò - Relatore Gramendola
Fatto e diritto
Con sentenza in data 30/9/2009 il Tribunale di Montepulciano dichiarava M.A. colpevole del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare in danno del figlio minore Al. ex art. 570 co. 1 e 2 cp., condannandolo alla pena di giustizia e lo assolveva dal medesimo reato in danno del coniuge e del minore N. perché il fatto non sussiste.
A seguito di gravame dell'imputato la Corte di Appello di Firenze in parziale riforma della sentenza di primo grado riduceva la pena inflitta, previa concessione delle attenuanti generiche e confermava nel resto.
Contro tale decisione ricorre l'imputato a mezzo del suo difensore, il quale a sostegno della richiesta di annullamento articola due motivi.
Con il primo motivo denuncia la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in riferimento alla valutazione della prova della qualifica soggettiva in capo all'imputato di padre naturale del minore Al. , che i giudici del merito avevano erroneamente fondato sulla sola deposizione della madre, laddove invece la qualità di coniuge, di figlio legittimo e di figlio naturale, che costituiscono presupposti soggettivi indefettibili del reato de quo, e devono essere debitamente provate dall'accusa in maniera rigorosa. Richiama sul punto il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità a mente del quale ai fini dell'integrazione del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il disconoscimento della paternità, anche se passato in giudicato, opera ex nunc e non ex tunc, per dedurne che il rapporto di discendenza è fondamentalmente connesso ad una situazione “ex lege” e relativo status e non alla filiazione naturale, situazione di fatto, che al contrario per produrre effetti giuridici ha bisogno di un esplicito riconoscimento da parte del padre o dell'esperimento con successo di un'azione legale di riconoscimento della paternità da parte del figlio o del coniuge “more uxorio, di segno evidentemente opposto a quello di disconoscimento esperita dal presunto padre legittimo. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione in riferimento alla valutazione della prova dei presupposti del reato, costituiti dallo stato di bisogno dell'avente diritto e dell'incapacità economica dell'imputato.
Il primo motivo di ricorso è fondato, in esso assorbito il secondo.
Ed invero, premesso che la qualità di figlio legittimo o di figlio naturale non può essere provata se non attraverso le forme stabilite dalla legge, è evidente nel caso in esame l'errore di diritto in cui è incorso il giudice del gravame nel ritenere provata la qualifica di figlio naturale riconosciuto in capo al minore Al. alla stregua delle sole affermazioni della madre su di un presunto riconoscimento da parte dell'imputato. Non si è tenuto nel dovuto conto che il minore non è nato in costanza di un matrimonio legittimo, ma in costanza di una convivenza more uxorio.
Orbene nell'ipotesi del minore, nato in costanza di un matrimonio l'obbligazione in capo al padre ex art.570/2 n.2 cp. di non far mancare i mezzi di sussistenza al minore sussiste in funzione della presunzione di paternità stabilita dal codice civile e si protrae fino all'esperimento con successo del disconoscimento della paternità, operativo peraltro ex nunc e non ex tunc. Di converso nell'ipotesi del minore non nato in costanza di matrimonio la menzionata obbligazione in capo al padre naturale presuppone la prova della filiazione, da acquisirsi o mediante l'atto di riconoscimento formale ovvero mediante altro modo consentito, non esclusa eventualmente l'applicazione della pregiudiziale di stato ai sensi e per gli effetti dell'art.3 cpp.
Nella fattispecie in esame il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, alla testimonianza della madre in ordine all'avvenuto riconoscimento del minore Al. ad opera del padre naturale, non confortato da atti giudiziali e neppure da riscontri anagrafici, non è sufficiente a sostenere il giudizio di colpevolezza del ricorrente in ordine alla contestata inosservanza dell'obbligo di mantenimento.
Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze, che nel demandato nuovo giudizio provveda a colmare l'evidenziata lacuna motivazionale alla stregua dei principi e delle direttive summenzionate.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze.
Depositata in Cancelleria il 26.04.2012
03-05-2012 00:00
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