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Sentenza

Lite tra studente e professore. Lo studente procura un trauma cranico al docente e sette giorni di prognosi.
Lite tra studente e professore. Lo studente procura un trauma cranico al docente e sette giorni di prognosi.
Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Sent. del 16.04.2012, n. 14360

Presidente Marasca - Relatore Vessichelli

Fatto e diritto

Propone ricorso per cassazione D.D. avverso la sentenza del Tribunale di Roma in data 19 novembre 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato di lesioni personali volontarie lievi commesso in danno di F.A. il (…) .
La vicenda sottostante al processo è quella di una lite, o meglio dell'ennesima lite tra il D. , studente, e il F. , docente, dovuta ad una divergenza tra i due circa la verbalizzazione di un esame scolastico e conclusa con uno scontro fisico all'esito del quale il F. ha riportato un trauma cranico, con prognosi di sette giorni.
Il Tribunale ha ritenuto che vi fossero prove sufficienti dell'addebito, costituite dalle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, dal certificato medico dalla stessa prodotto e dalle dichiarazioni di due studenti che avevano confermato di aver udito un diverbio tra i due protagonisti della vicenda.
Deduce il ricorrente la violazione di legge e il vizio di motivazione sulla affermata responsabilità per la condotta dolosa.
Il Tribunale era incorso di una motivazione manifestamente illogica quando aveva affermato l'assoluta credibilità del presunto aggredito, basandosi su una ricostruzione dei fatti precedenti al diverbio, del tutto erronea.
Il giudice dell'appello aveva cioè affermato che il F. aveva dovuto resistere ad una richiesta indebita del D. (che pretendeva la verbalizzazione di un esame mai sostenuto) mentre era vero il contrario e cioè che D. aveva formulato una richiesta assolutamente legittima quale era quella di vedere verbalizzato un esame indispensabile per giungere alla laurea.
In conclusione doveva ritenersi che il F. , peraltro dichiaratosi in stato di agitazione in quell'occasione, non avesse tenuto un comportamento ineccepibile, ragione per la quale la credibilità attribuitagli dai giudici appariva alquanto dubbia.
Il giudice di primo grado aveva - invero - riconosciuto che la lite aveva tratto origine dall'omessa registrazione di un esame in precedenza sostenuto dall'imputato, ma avrebbe dovuto, conseguentemente, riconoscere che la persona offesa era un soggetto incline alla descrizione dei fatti non rispondente al vero.
Il giudice di secondo grado, dal canto suo, aveva liquidato, con affermazione meramente assertiva, il motivo del gravame con il quale si era sostenuto che la modalità dell'aggressione descritta dalla persona offesa (colpo portato al volto del F. , parte sinistra, col palmo della mano destra) era, in realtà, inattuabile.
In conclusione non vi era ragione per la quale non potesse trovare credito la versione dell'imputato il quale aveva sostenuto che, mentre veniva accompagnato dal docente alla porta, essendo il F. alla sua destra, ed essendo trattenuto per il braccio destro, si era divincolato evidentemente colpendo l'interlocutore senza volerlo.
Il certificato medico, d'altra parte, attestava l'esistenza delle lesioni ma non anche la loro genesi.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Risulta effettivamente, dalla lettura della sentenza di primo grado - da leggersi in forma complementare rispetto a quella, confermativa, di appello-, che era stato accertato in quella sede come il diverbio tra i due protagonisti della vicenda fosse scoppiato per la richiesta dell'imputato di ottenere la registrazione di un esame sostenuto.
Ciò posto, ritiene il Collegio che l'errore su tale particolare della ricostruzione del fatto, in cui è incorso il giudice dell'appello, non sia stato tale da inficiare il suo concreto apprezzamento di tutte le altre emergenze attinenti in via diretta alla modalità di produzione dell'evento contestato, emergenze in realtà già compiutamente analizzate nella sentenza di primo grado in maniera del tutto logica e razionale e tale per cui, rispetto ad essa, i motivi di appello già si configuravano come incongruenti e meramente critici di fatti compiutamente emersi nel senso della ipotesi accusatoria.
Basta qui osservare che l'accertamento di responsabilità compiuto dal primo giudice aveva ad oggetto il fatto come contestato nel capo di imputazione e cioè la volontarietà delle lesioni desumibile dal fatto che la vittima era stata colpita al volto, dall'imputato, col palmo della mano destra: una modalità che, anche in considerazione del violento effetto prodotto sulla vittima-proiettata contro un armadio- è stata correttamente reputata dal primo giudice come segno in equivoco della volontarietà della iniziativa dell'imputato, pur mosso da un intento in origine legittimo quale era la protesta per la inefficienza dell'apparato burocratico dell'istituto. Ebbene, a fronte di tale accertamento,scaturito dal giudizio sulla credibilità della vittima in ragione anche della certificazione medica prodotta e nonostante la positiva verifica della originaria legittimità delle ragioni della protesta dell'imputato, le censure formulata dalla difesa con l'atto di appello - pure seguite da un giudizio errato, da parte del Tribunale, sull'antefatto della vicenda - non risultano avere investito il giudice di secondo grado di rilievi capaci di porre seriamente in discussione i punti fermi dell'accertamento già compiuto e specialmente di riaprire con motivi ammissibili il giudizio sulla attendibilità del F. .
In particolare, del tutto incongruente appare il rilievo, rappresentato dalla difesa al giudice di secondo grado e riproposto nella presente sede, della impossibilità, per l'imputato, di colpire la presunta vittima con la mano destra, mentre questa avanzava al suo fianco, dalla parte destra, atteso che, nella azione così ricostruita, non si apprezza in alcun modo l'estremo della assoluta impossibilità.
Deve pertanto ritenersi che la doppia conforme affermazione di responsabilità, nei due gradi di giudizio di merito, sulla dinamica dei fatti di rilievo, abbia fornito una ricostruzione logica e plausibile oltre che completa della vicenda, rispetto alla quale i motivi di censura oggi in esame non riescono ad illustrare seri ed apprezzabili vizi di motivazione ma pongono dubbi sulla valutazione dei risultati di prova, al limite della inammissibilità.
Per il principio della soccombenza, consegue alla presente decisione di rigetto la condanna dell'imputato alta rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a rifondere alla parte civile le spese sostenute nel grado, liquidate in complessivi Euro 1400 oltre accessori come per legge.

 Depositata in Cancelleria il 16.04.2012
Avv. Antonino Sugamele

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