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Sentenza

Le somme di denaro non possono essere sequestrate. Sequestro probatorio.
Le somme di denaro non possono essere sequestrate. Sequestro probatorio.
Corte di Cassazione Sez. Terza Pen. - Sent. del 23.04.2012, n. 15513

Presidente Squassoni - Relatore Amoresano

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 20.7.2011 il GIP del Tribunale di Napoli rigettava l'opposizione proposta da L.D.L. , indagato per il reato di cui all'art. 3 D. lgs.74/2000, avverso il provvedimento del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione dei beni sequestrati in data 8.6.2010 ed in particolare degli assegni circolari e della somma di denaro di Euro 18.700,00.
Premetteva il GIP che in data 24.5.2010 il P.M. aveva emesso decreto di perquisizione, con contestuale informazione di garanzia, in relazione alle persone degli indagati ed ai locali nella loro disponibilità, con conseguente sequestro di quanto rinvenuto, nonché di ogni altra documentazione o bene utili per il prosieguo delle indagini; in sede di esecuzione del provvedimento, all'interno di una borsa, la G.d.F. rinveniva, sottoponendo a sequestro, assegni circolari ed una somma di denaro.
Tanto premesso riteneva il GIP, rigettando l'eccezione difensiva, che non fosse necessaria la convalida da parte dell'A.G., essendo state fornite, con il decreto del P.M., indicazioni precise sui beni da sottoporre a sequestro.
Inoltre, era assolutamente legittimo il sequestro probatorio degli assegni circolari ai fine di prosecuzione delle indagini. Quanto alla somma di denaro, rinvenuta nello studio dell'indagato unitamente agli assegni, la mera dichiarazione della moglie del predetto non era sufficiente per attribuire la somma medesima a persona diversa dall'indagato.
2. Propone ricorso per cassazione L..D.L. , a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza degli artt. 252, 253, 258 e 355 cod.proc.pen. per mancata convalida del sequestro operato dalla p.g..
Dopo una premessa riepilogativa dei fatti, assume che dallo stesso titolo di reato per cui si procedeva e dalla motivazione del decreto di perquisizione emerge che la p.g. era stata delegata a ricercare documentazione/relativa ai rapporti commerciali intrattenuti dalla M. G. srl, che consentisse di ricostruire la contabilità relativamente agli anni fino al 2007. Gli assegni sequestrati, invece, erano certamente estranei alle indagini, recando essi la data del 7 giugno 2010 e quindi non rientravano tra i documenti oggetto del decreto di perquisizione e sequestro. Era necessaria pertanto la convalida, in mancanza della quale il sequestro è nullo. Gli assegni sequestrati, peraltro, erano destinati ad operazioni commerciali assolutamente lecite per conto della M. G. srl e non rientranti comunque tra le cose pertinenti al reato per cui si procedeva (dichiarazioni dei redditi presentate fino all'anno 2008, relativamente al periodo di imposta 2007), sicché non potevano essere oggetto di sequestro probatorio. La prova della commissione del reato di cui all'art. 3 D.lgs.74/2000 ipotizzato è rinvenibile nelle scritture contabili obbligatorie e nelle dichiarazioni annuali, con irrilevanza quindi delle operazioni successive o di titoli di credito per operazioni ancora da compiersi.
Quanto alla somma di denaro, trattandosi di cose fungibili non era consentito il sequestro probatorio (è pacifico che sia ammessa la sequestrabilità soltanto delle banconote ben individuate), come affermato dalla giurisprudenza di legittimità. Denuncia altresì la carenza di motivazione del provvedimento impugnato, che si limita a far riferimento ad alcuni orientamenti giurisprudenziali risalenti ed ormai superati, non potendo il sequestro probatorio avere carattere esplorativo. Inoltre anche il decreto di perquisizione e sequestro è assolutamente mancante di motivazione in ordine alla rilevanza dei beni da sequestrare ai fini della ricostruzione dei fatti.
3. Con requisitoria scritta in data 17.11.2011 il P. G. chiede il rigetto del ricorso.
3.1. Con note di replica del 26.3.2012 il difensore insiste nell'accoglimento del ricorso, ribadendo la necessità della convalida ed evidenziando, con riferimento all'elemento temporale, che i beni sottoposti a sequestro non possono intendersi né corpo di reato né cose pertinenti al reato.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Quanto alle deduzioni in ordine alla necessità della convalida, va ricordato che gli artt. 352 - 354 c.p.p. prevedono il potere dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di necessità e di urgenza, quando cioè non sia possibile un intervento tempestivo del P.M., a perquisizioni e sequestri. Il legislatore ha previsto, però, un rigoroso e penetrante potere di controllo da parte dell'autorità giudiziaria per verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziaria.
L'art.355 c.p.p. stabilisce che il P.M., cui spetta funzionalmente il potere di disporre il sequestro, convalidi il sequestro o restituisca le cose sequestrate. Tale controllo successivo ha ovviamente la funzione di verificare che il potere discrezionale riconosciuto in materia alla polizia giudiziaria sia stato esercitato nei limiti circoscritti previsti, sia sotto il profilo dei presupposti che della natura dell'oggetto sequestrato (corpo del reato e cose a questo pertinenti). Il legislatore ha voluto, cioè, adottare ogni cautela per impedire possibili arbitri in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale.
È necessario il controllo (successivo o preventivo) tutte le volte che la polizia giudiziaria operi non limitandosi ad eseguire quanto disposto dall'autorità giudiziaria, ma agisca discrezionalmente. Non può minimamente revocarsi in dubbio, invero, che si verta nella medesima situazione sia che la polizia operi di sua iniziativa ex art.354 c.p.p. sia che intervenga su delega del P.M. senza che sia circoscritto e delimitato il suo potere di intervento. Anche in tale secondo caso ci si troverebbe in presenza dell'esplicazione di una discrezionalità quantomeno ai fini di stabilire se le cose da ricercare siano corpo del reato o cose a questo pertinenti.
Di guisa che va considerato sostanzialmente sequestro di polizia giudiziaria (come tale necessitante di convalida) anche quello eseguito in esecuzione di un decreto del P.M. tutte le volte in cui sia rimesso alla discrezionalità dell'organo esecutivo la individuazione del rapporto pertinenziale con il delitto. Laddove, invece, il decreto dell'autorità giudiziaria sia motivato in ordine alle ragioni in forza delle quali l'oggetto del sequestro sia da considerare come corpo di reato ovvero dei motivi che determinino un collegamento tra le cose da sequestrare ed il reato per cui si procede, risulta rispettata l'esigenza sopra evidenziata. Per cui quando, nel decreto del P.M., sia stato individuato l'oggetto del sequestro non è necessario un ulteriore intervento di controllo (esercitato già preventivamente).
2.1. Nel caso di specie, nel decreto di perquisizione e sequestro, allegato dallo stesso ricorrente, si assumeva, in premessa, che occorreva ricostruire compiutamente gli effettivi dati riguardanti il volume di affari, l'identità dei fornitori, nonché la natura del materiale gestito, anche attualmente e si precisava che sussisteva concreta la possibilità che “la documentazione relativa ai dati riguardanti il volume di affari, l'identità dei fornitori nonché la natura del materiale gestito e le modalità di gestione dello stesso e le modalità di pagamento, operazioni tutte effettuate anche attualmente..”, potesse essere detenuta…., e si disponeva conseguentemente il sequestro, a norma dell'art.252 c.p.p., “di quanto rinvenuto nonché di ogni altra documentazione o bene che risulti utile per il prosieguo delle indagini in quanto trattasi - per le motivazioni prima dettagliatamente esposte- di beni utili per il prosieguo delle indagini e, comunque, pertinenti al reato per cui si procede”. Il provvedimento, letto nella sua interezza, era quindi sufficientemente dettagliato in relazione alla documentazione da sequestrare per ricostruire il volume di affari della società destinataria delle fatture (emesse per operazioni soggettivamente inesistenti) e tale da includere anche assegni per ricostruire l'attività economica sottratta all'imposizione fiscale.
2.1. Le esigenze probatorie in relazione agli assegni sequestrati (anche se essi recavano una data di emissione successiva al 2007) emergeva, poi, palesemente dalla motivazione del provvedimento impugnato prima richiamata (facendosi riferimento ad “operazioni tutte effettuate, anche attualmente….”).
3. In ordine alla somma di denaro sequestrata, a parte il fatto che è difficilmente sostenibile che essa potesse ricomprendersi in quanto indicato nei provvedimento di sequestro del P.M., non vi è alcun elemento (non viene neppure ipotizzato) che si trattasse di corpo di reato o di cosa, comunque, pertinente al reato.
Come ha ricordato anche il ricorrente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, una somma di denaro può essere considerata corpo del reato, ai sensi dell'art.253 cod. proc. pen., solo ove sia proprio quella acquisita attraverso l'attività criminosa (cfr Cass. pen. sez. 3 n. 25871 dell'8.5.2003; Cass. sez. 5 n. 30328 del 22.6.2004; Cass. sez. 5 n.41210).
Più specificamente si è ritenuto che “le provviste di denaro esistenti su conti correnti non costituiscono corpo di reato ai sensi dell'art.253 cod.proc.pen., in relazione agli illeciti fiscali ipotizzati (nella specie omessa annotazione di corrispettivi ai fini IVA ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti), sicché il sequestro di esse è illegittimo” (Cass. pen. sez. 3 n.588 del 7.2.1996); tali provviste, infatti, “non possono essere considerate provento del reato, cioè il quantum di imposta versata all'erario” (Cass. pen. sez. 3 n. 3131 del 2.10.1997).
Sotto il profilo, poi, delle esigenze probatorie si è, comunque, escluso che una somma di denaro, pur qualificata come corpo del reato (fattispecie in tema di traffico di stupefacenti) possa essere sottoposta a sequestro probatorio “in quanto la prova del reato non discende dalla res sequestrata, ma dagli atti di indagine circa il suo rinvenimento” (cfr. Cass. pen. sez. 6 a 19771 del 9.4.2009); infatti, come si legge in motivazione, “la provenienza illecita del denaro non ha alcuna valenza dimostrativa del reato stesso. In tale fattispecie il denaro non poteva essere sequestrato ai sensi dell'art.321 comma 2 c.p.p.”.
4. Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato limitatamente al sequestro della somma di denaro, con conseguente restituzione della stessa (non risultando che il sequestro probatorio sia stato eventualmente “convertito” in sequestro preventivo) all'avente diritto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato limitatamente al sequestro probatorio della somma di denaro, di cui dispone la restituzione all'avente diritto.

Rigetta nel resto il ricorso.

 

Depositata in Cancelleria il 23.04.2012
Avv. Antonino Sugamele

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