Le sentenze emanate dal giudice di pace secondo equita' sono impugnabili con l'appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell'art. 339 cod. proc. civ..
Cassazione, sez. VI, 16 aprile 2012, n. 5985
(Pres. Goldoni – Rel. Giusti)
Fatto e diritto
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 23 dicembre 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.: “B..T. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Agrigento, il Condominio di via (omissis) , proponendo opposizione al decreto-ingiuntivo, emesso dallo stesso Giudice di pace, con cui egli era stato condannato al pagamento della somma di Euro 463,90, oltre accessori e spese, per il mancato pagamento della quota parte in ordine a lavori straordinari eseguiti dal Condominio sul lastrico solare e per lo spostamento di serbatoi idrici.
L'opponente lamentava invalidità della delibera assembleare, di approvazione del bilancio consuntivo, posta a fondamento dell'opposto decreto ingiuntivo, sulla base della considerazione per cui l'importo dei lavori risultava maggiorato rispetto a quello della delibera di approvazione del bilancio preventivo.
Nella resistenza del Condominio, l'adito Giudice di pace, con sentenza in data 5 marzo 2009, rigettò l'opposizione, rilevando che la eccepita invalidità della delibera assembleare avrebbe dovuto essere fatta valere in sede di impugnazione ai sensi dell'art. 1137 cod. civ..
Il Tribunale di Agrigento, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 28 giugno 2010, in riforma della impugnata pronuncia, appellata dal T. , ha revocato il decreto ingiuntivo, rilevando che nel giudizio di opposizione il Condominio non aveva fornito la prova né della natura né della effettiva realizzazione dei lavori, maggiori e diversi rispetto a quelli preventivati.
Per la cassazione della sentenza del Tribunale il Condominio ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi. L'intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 113, secondo comma, e 339, secondo e terzo comma, cod. proc. civ., rilevando che la sentenza impugnata non era appellabile per il motivo accolto dal Tribunale.
La censura è fondata.
Nella specie la sentenza del Giudice di pace è stata pronunciata secondo equità, essendo controversa la debenza di spese condominiali richieste in misura inferiore a quella massima prevista per il giudizio di equità.
Dall'assetto scaturito dalla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, se si esclude la revocazione per motivi ordinari è l'appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell'art. 339 cod. proc. civ. (Cass., Sez. III, 4 giugno 2007, n. 13019; Cass., Sez. III, 24 aprile 2008, n. 10774 e n. 10775). Ai sensi dell'art. 339, terzo comma, cod. proc. civ., le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell'art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione delle norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia.
Erroneamente il Tribunale ha accolto l'appello, nonostante l'unico motivo di gravame, qualificato come difetto di motivazione, censurasse esclusivamente il giudizio del primo giudice relativo alla certezza, liquidità ed esigibilità del credito azionato con il decreto ingiuntivo, senza neppure indicare i principi informatori assuntivamente disattesi o dedurre la violazione delle norme e dei principi di cui al terzo comma dell'art. 339 cod. proc. civ..
Per effetto dell'accoglimento del primo motivo resta assorbito l'esame delle ulteriori doglianze. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., per esservi accolto”.
Considerato che il Collegio condivide la proposta contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto;
che la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, stante l'inammissibilità dell'appello;
che le spese del giudizio di appello e di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna, l'intimato al rimborso delle spese processuali del grado di appello e del grado di cassazione, liquidate, le prime, in complessivi Euro 700, di cui Euro 350 per onorari ed Euro 250 per diritti, oltre a spese generali e ad accessori di legge, e le altre in complessivi Euro 700, di cui Euro 500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
19-04-2012 00:00
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