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Sentenza

Lavoratore muore dopo pochi giorni che ha iniziato a lavorare. Non spetta la rendita Inail ai familiari superstiti
Lavoratore muore dopo pochi giorni che ha iniziato a lavorare. Non spetta la rendita Inail ai familiari superstiti
Corte di Cassazione Sez. Lavoro - Sent. del 28.12.2011

 

Svolgimento del processo
R. P. ha chiesto il riconoscimento del diritto alla corresponsione della rendita ai superstiti, nei confronti dell' INAIL, in conseguenza del decesso di uno dei figli, avvenuto a seguito di un incidente stradale, mentre lo stesso era alla guida di un automezzo del proprio datore di lavoro.
Il Tribunale di Verona ha respinto la domanda con sentenza che, su appello della P., è stata riformata dalla Corte d'appello di Venezia, che ha ritenuto la sussistenza del requisito della c.d. vivenza a carico sul rilievo dell'esistenza di una ragionevole certezza che il figlio della ricorrente, assunto con un contratto di formazione e lavoro pochi giorni prima dell'incidente in cui aveva perso la vita, avrebbe verosimilmente contribuito, nel futuro, con il proprio stipendio, al reddito familiare.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'INAIL affidandosi ad un unico motivo di ricorso cui
resiste con controricorso R. P.
L'Istituto ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 C.p.c.

Motivi della decisione

1.- Con l'unico articolato motivo si denuncia violazione degli artt. 85 e 106 d.P.R. n. 1124/65, nonché vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire se “per la concessione della rendita ai superstiti, può essere considerato idoneo ad integrare l'efficiente concorso al mantenimento dell'ascendente superstite il contributo futuro ed eventuale, quale quello derivante da un rapporto di lavoro a tempo determinato (nella fattispecie contratto di formazione e lavoro), senza che, prima del decesso del lavoratore, vi sia mai stato alcun effettivo conferimento a tale titolo”.
2.- Il ricorso è fondato. Il quesito formulato dall' lstituto ricorrente deve trovare risposta nei principi affermati in materia da questa Corte (cfr. Cass. n. 2630/2008), secondo cui il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, ex art. 85 d.P.R. n. 1124 del 1965, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la c.d. “vivenza a carico”, la quale è provata quando ricorrano contestualmente due condizioni: a) il pregresso efficiente concorso del lavoratore deceduto al mantenimento degli ascendenti mediante aiuti economici che, per la loro costanza e
regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sostentamento; b) la mancanza, per gli ascendenti, di autonomi e sufficienti mezzi di sussistenza, concetto, quest'ultimo, che richiama espressamente l'espressione “mezzi necessari per vivere” di cui ali art. 38, comma I, Cost.
l due presupposti sono entrambi necessari e come due facce dello stesso fenomeno (Cass. n. 18520/2006).
Nella specie, è in discussione il requisito di cui alla precedente lettera a), e cioè quello del pregresso efficiente concorso economico del lavoratore al mantenimento degli ascendenti, non essendo in contestazione l'esistenza degli altri requisiti (vedi pag. 5 della sentenza impugnata).
Per quanto riguarda l'apporto economico del de cuius, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nell'escludere la necessità che il superstite fosse totalmente mantenuto in tutti i suoi bisogni dal lavoratore defunto, richiedendosi tuttavia che quest'ultimo abbia contribuito in modo efficiente al suo mantenimento mediante aiuti economici che, per la loro costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza (Cass. n. 15914/2005, Cass. 3069/2002, Cass. 679412001). Ed in questa prospettiva, è stata ritenuta (cfr. Cass. n. 18520/2006 cit.) sufficiente ad integrare il suddetto requisito anche l'esistenza di un solo contributo conferito dal lavoratore, poi deceduto, ai propri ascendenti, quando questo, tuttavia, sia idoneo ad esprimere la prospettiva di una futura continuità (quale, nella specie, la prima retribuzione erogata nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato).
3.- Nel caso in esame la Corte d'appello ha ritenuto di poter affermare l'esistenza del requisito del pregresso apporto economico del de cuius sulla base della ritenuta equivalenza tra l'effettivo conferimento anche di un solo contributo economico ai propri ascendenti da parte del lavoratore poi deceduto (come nel caso esaminato da Cass. n. 18520/2006 cit.) e la sola “oggettiva possibilità, in termini di ragionevole certezza”, del verificarsi in futuro di tale conferimento. Ma, con questa affermazione, la Corte territoriale ha finito, in realtà, per fondare la propria decisione, con riguardo all'esistenza del requisito in esame, sulla base dalla mera possibilità che un contributo economico, mai ricevuto dall'ascendente, avrebbe potuto esserlo in futuro; e ciò senza alcun riscontro effettivo del fondamento di tale presunzione, non avendo la Corte di merito individuato alcun elemento dal quale si potesse desumere, in termini di ragionevole probabilità e non di mera possibilità, l'esistenza di siffatta prospettiva e non potendo la stessa ritenersi presunta in via astrattamente ipotetica, ovvero per il solo fatto che il figlio deceduto avrebbe goduto, almeno per un certo periodo di tempo, di un reddito proprio, perché la legge (art. 106 d.P.R. n. 1124 del 1965 cit.), ai fini della prova del requisito in esame, richiede, come già detto, che il lavoratore, poi defunto abbia contribuito “in modo efficiente”, e cioè concreto ed efficace, al mantenimento del superstite privo di mezzi autonomi.
4.- Poiché la Corte territoriale si è discostata dai principi sopra enunciati, ed ai quali il Collegio ritiene di dare continuità, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e la decisione della causa nel merito (art. 384 secondo comma, c.p.c.), non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la pronuncia di rigetto della domanda proposta nei con fronti dell' Inail.
5.- La novità della questione e il difforme esito dei giudizi di merito inducono a compensare per giusti motivi le spese dei giudizi di merito e di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda; compensa tra le parti le pese dell'intero processo.
Depositata in Cancelleria il 28.12.2011
Avv. Antonino Sugamele

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