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Sentenza

L'avvocato non può rifiutare gli adempimenti inerenti il mandato anche in assenza del pagamento degli onorari.
L'avvocato non può rifiutare gli adempimenti inerenti il mandato anche in assenza del pagamento degli onorari.
N. 36/11 R.G. RD n. 23/12
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio nazionale forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso
il Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Carlo VERMIGLIO Presidente f.f.
- Avv. Carla BROCCARDO Segretario f.f.
- Avv. Stefano BORSACCHI Componente
- Avv. Enrico MERLI “
- Avv. Aldo MORLINO “
- Avv. Claudio NERI “
- Avv. Bruno PIACCI “
- Avv. Michele SALAZAR “
- Avv. Silverio SICA “
con l'intervento del rappresentante del P.M. presso la Corte di Cassazione nella
persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Pasquale Ciccolo ha emesso la
seguente
DECISIONE
sul ricorso presentato dall'Avv. A. P. G. avverso la decisione in data 22/10/09, con la
quale il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Crema gli ha inflitto la sanzione
disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per mesi sei;
Il ricorrente, avv. A. P. G. è comparso personalmente
Per il Consiglio dell'Ordine, regolarmente citato, nessuno è comparso;
Udita la relazione del Consigliere avv. Aldo Morlino;
Inteso il P.M., il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso l
Inteso il ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
FATTO
In data 25 marzo 2009 perveniva da parte del Sig. A. D. P. esposto nel quale si
segnalavano violazioni deontologiche, a suo dire, commesse dall'avvocato G..
L'esponente riferiva che a seguito di incidente stradale era stato indagato per i reati
di cui agli artt. 186 e 187 C.d.s. Per la difesa in tale procedimento si era rivolto
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all'avvocato G. nel cui studio aveva sottoscritto l'atto di nomina a difensore,
versando, a titolo di acconto, a mezzo assegno, la somma di € 700,00.
Successivamente aveva versato altro acconto in contanti di € 600,00 allorquando
l'avvocato G. predisponeva ricorso avverso la sospensione della patente diretto al
Giudice di pace. Riferiva ancora l'esponente che, nel prosieguo, riceveva
dall'avvocato P. missiva nella quale gli veniva comunicato di essere stato nominato
difensore di ufficio nel procedimento penale instauratosi presso la Procura della
Repubblica di Crema. Accertato che nel fascicolo non risultava alcuna nomina
all'avvocato G., il D. P. nominava difensore di fiducia l'avvocato P. revocando ogni
precedente incarico. L'esponente affermava, inoltre, di aver ricevuto, tra il primo
incontro in studio e la nomina dell'avvocato P., tre lettere da parte dell'avvocato G. in
cui gli veniva chiesto di mettersi in contatto con lo studio per essere informato circa
l'attività dallo stesso posta in essere in relazione anche al procedimento penale.
Con l'atto, l'esponente chiedeva che fosse verificato sotto il profilo deontologico il
comportamento del professionista.
Il Consiglio, ricevuto l'esposto, lo inviava al professionista chiedendo allo stesso di
fornire chiarimenti.
L'avvocato G. faceva pervenire memoria cui allegava ricevuta e decreto di fissazione
di udienza relativa ad opposizione presentata dinanzi al Giudice di pace avverso
revoca di sospensione di patente, protestando la sua innocenza.
In data 25.06.2009 il Consiglio assumeva delibera di apertura di procedimento
disciplinare fissando l'udienza di trattazione e contestando al professionista il
seguente addebito:
“a) Della violazione dei canoni comportamentali di cui agli artt. 5 (dovere di
probità, dignità e decoro), 6 (dovere di lealtà e correttezza), 8 (dovere di
diligenza), 12 (dovere di competenza), 38 (inadempimento al mandato) poiché,
dopo aver ricevuto, nell'aprile 2008, mandato per difendere D. P. A. nel
procedimento penale R.G.N.R. N. 585/08, non depositava presso la Procura della
Repubblica competente la nomina a difensore;
successivamente, nella lettera del 29.05.2008 inviata allo stesso D. P. dichiarava
che avrebbe svolto attività di valutazione con la Procura della Repubblica di
Crema e che avrebbe continuato “…incessantemente ad sollecitare il proseguio
delle posizioni innanzi le Curje adite”;
nella lettera 20.06.2008 riferiva al D. P. che avrebbe chiesto agli agenti accertatori
(oggetto del procedimento penale risultava la violazione degli articoli 186 e 187
del codice della strada) “…esatta motivazione ed assoluta giustificazione delle
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presunte sostanze stupefacenti riscontrate avverso …”; nella stessa missiva
dichiarava che avrebbe provveduto “… ad formulare istanza processuale innanzi
la Procura della Repubblica competente per territorio per i due procedimenti
penali instaurati avverso la Tua Stimata persona”;
a fronte di tali presunte attività che sarebbero state esercitate senza il deposito
del mandato, riceveva compensi in denaro.
In Milano, dall'aprile 2008 al marzo 2009”
All'esito dell'udienza dibattimentale, il C.O.A., riconosciuta la responsabilità dell'Avv.
A. P. G., gli irrogava la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio
dell'attività professionale per mesi 6 (sei).
La decisione, assunta in data 22.10.2009, era notificata al Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Crema, mediante consegna di copia a mani del
segretario della stessa in data 21.12.2010; all'incolpato, AVV. A. P. G., mediante
consegna di copia a mani proprie in data 21.12.2010.
Avverso tale atto, in data 07.01.2011, proponeva ricorso personalmente l'incolpato.
Con l'atto d'impugnazione il professionista, in relazione alla contestazione di mancato
deposito dell'atto di nomina, rilevava che tanto era stato specificatamente richiesto
dal cliente come risultante dalla dichiarazione allegata al presente ricorso e di cui il
COA di Crema non ha tenuto in alcun conto.
Eccepiva l'inattendibilità delle dichiarazioni dell'esponente che, ribaltando i fatti, pure
essendo persecutore si dichiara perseguitato, tant'è che in un'occasione l'appellante
aveva dovuto chiedere l'intervento della forza pubblica in quanto minacciato dal D. P.
e, successivamente, sporgere alla Procura della Repubblica di Milano, in data
24.09.2009, atto di querela. Richiamava, nel merito, tutto quanto esposto nella
memoria difensiva depositata in data 17.09.2009 al COA.
Chiedeva il totale annullamento della decisione e subordinatamente l'irrogazione di
sanzione meno afflittiva.
Pervenuto il fascicolo al C.N.F., si provvedeva a fissare l'odierna udienza di
trattazione di cui era dato avviso, regolarmente notificato, alle parti.
All'odierna udienza le parti presenti concludevano come da separato verbale.
DIRITTO
L'appello è infondato e non merita accoglimento.
Le doglianze formulate dal ricorrente appaiono pretestuose e inidonee a determinare
una censura della decisione impugnata.
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L'affermazione di responsabilità disciplinare formulata dal COA di Crema, fonda,
infatti, le ragioni in una circostanza certa ed incontrovertibile: il mancato deposito da
parte dell'Avvocato G. dell'atto di nomina a difensore di fiducia rilasciatogli dal sig. D.
P. in relazione al procedimento penale n. 585/08 r.g.n.r., in data certamente anteriore
lo 01.09.2008 (data del fax inviato all'Avv. P.). In relazione a tale circostanza non
sembra potersi nutrire alcun dubbio, stante in primo luogo la dichiarazione resa
dall'Avv. P., che riferisce di essere stata contattata in due occasioni, telefonicamente
e a mezzo fax, dal G. il quale espressamente dichiarava “di essere stato da tempo
annomato Difensore Intuitu Fiduciae dell'imputato D. P. A.”, nonché il documento
prodotto dall'avvocato G. (dichiarazione di ricevuta di pagamento) dal quale
implicitamente si evince l'esistenza di un mandato che si chiederebbe di non
depositare, ed infine lo stesso riconoscimento operato nel ricorso allorché si afferma
di non aver provveduto al deposito per le istruzioni e gli ordini impartiti allo stesso
dalla parte.
Orbene, acquista la certezza circa il rilascio della nomina occorre rilevare che la
dichiarazione prodotta dalla parte in allegato alla memoria, anziché agevolare la
posizione del G., pare aggravare la stessa così come correttamente ritenuto anche
dal primo giudice. Infatti, dallo stesso documento si desume chiaramente che le
uniche ragioni che avrebbero indotto al mancato deposito dell'atto sarebbero di
carattere meramente economico, in altre parole che la decisione (obbligata) di
chiedere al difensore nominato di non depositare l'atto e di avvalersi del difensore
d'ufficio sia frutto della temporanea indisponibilità economica del D. P..
Sembrerebbe quasi che il legale abbia posto il proprio cliente dinnanzi alla scelta tra
pagare e, conseguentemente, vedere depositato l'atto e adempiuto il mandato, e
chiedere di non depositare l'atto non essendo nelle condizioni di provvedere
all'anticipo richiesto. Non è chi non veda come, il comportamento dell'avvocato che in
possesso di una nomina subordini il deposito della stessa al pagamento di un
acconto, sia condotta altamente deplorevole e certamente lesiva dei doveri di dignità
e decoro, a maggior ragione allorquando il professionista abbia dal cliente già
ricevuto somme di denaro seppure riferite ad altre attività svolte sempre
nell'interesse del medesimo cliente.
In secondo luogo, dall'atto si evince anche che la scelta del D. P. di avvalersi del
difensore d'ufficio è stata determinata della propria indisponibilità finanziaria, quasi
che difesa d'ufficio fosse sinonimo di difesa gratuita. In un tale errore sarebbe potuto
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incorrere il normale cittadino, ma certamente non il legale. Ciò induce due
considerazioni, da un lato che il G. non abbia informato il cliente circa gli oneri
economici gravanti sullo stesso in relazione alla difesa d'ufficio, dall'altro che non
abbia informato il collega, con il quale aveva già avuto contatti, delle difficoltà
economiche del D. P., con ciò violando certamente doveri di informativa e di
correttezza.
Ne discende che nessun valore ai fini della riforma della decisione impugnata può
assumere il documento prodotto dalla difesa, e ciò a prescindere da qualsiasi
valutazione in merito alla veridicità ed autenticità dello stesso.
Quanto alle giustificazioni fornite dall'appellante con la memoria, e ribadite nel
ricorso, in relazione alle attività svolte ed oggetto delle comunicazioni si ritiene di
dover condividere le valutazioni operate dal COA di Crema, che devono considerarsi
immuni da censure. Al riguardo occorre rilevare che la violazione dei canoni
deontologici si configurerebbe sia nel caso in cui il difensore che ha ricevuto regolare
mandato ometta di svolgere attività, sia nel caso in cui in mancanza di un mandato il
difensore abbia svolto attività, cosicché anche a voler ritenere valide le proposizioni
difensive le stesse non potrebbero sortire l'effetto di escludere la configurabilità
dell'illecito deontologico.
Infine, in merito all'inattendibilità delle dichiarazioni dell'esponente basti rilevare che il
Gragioni riferisce di persecuzioni operate nei suoi confronti dall'esponente culminate
in una presunta aggressione subita dal avvocato ad opera del D. P., aggressione
rispetto alla quale sarebbe stata sporta formale querela, della quale però non è
fornita dallo stesso alcuna prova. Ferma restando la credibilità del G., stante il
brocardo latino “Quod non est in actis non est in mundo”, a tale episodio non può
essere dato alcun valore, non essendo stato in alcun modo documentato. Infatti,
l'unica querela prodotta in atti dal G. è quella sporta in data 24 settembre 2009, che
si riferisce ad un episodio di furto subito dallo stesso ad opera di ignoti cittadini
nordafricani, che rileva solo al fine di giustificare una mancata produzione
documentale richiesta dal C.O.A.
In conseguenza di tutto quanto precede il ricorso, quanto alla richiesta principale
relativa alla insussistenza degli illeciti deontologici, non può trovare accoglimento,
dovendosi in pieno condividere la ricostruzione fattuale operata dal Consiglio sulla
base degli elementi in suo possesso.
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Una volta riconosciuta la sussistenza della violazione deontologica, come individuata
nel capo d'incolpazione, non può che ritenersi applicabile la sanzione della
sospensione dall'esercizio della professione che, stante la reiterazione dei
comportamenti e le diverse norme deontologiche violate, e non sussistendo agli atti
ragioni idonee che consentano di operare una riduzione di quanto stabilito dal C.O.A
di Crema, va confermata anche nella sua durata.
P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 e 59 e segg. del R.D. 22.01.1934,
n. 37;
respinge il ricorso.
Così deciso in Roma lì 26 novembre 2011.
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.
f.to avv. Carla Broccardo f.to avv. Carlo Vermiglio
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 20 febbraio 2012
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to avv. Andrea Mascherin
Copia conforme all'originale
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
avv. Andrea Mascherin
Avv. Antonino Sugamele

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