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Sentenza

Il consulente del tribunale dichiara che l'immobile e' libero da vincoli, poi si scopre che l'immobile pignorato e' locato. Sugli acquirenti l'onore di dimostrare l'errore.
Il consulente del tribunale dichiara che l'immobile e' libero da vincoli, poi si scopre che l'immobile pignorato e' locato. Sugli acquirenti l'onore di dimostrare l'errore.
Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Ord. del 17.04.2012, n. 6014

Presidente Preden - Relatore Barreca

Premesso in fatto

È stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1.- Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata rigettata la domanda proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti dell'ing. Z. ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. L'azione era stata rivolta contro il professionista, incaricato della stima di un immobile pignorato da parte del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Asti, perché l'ing. Z. , in tale sua qualità, ne aveva affermato la libertà da vincoli verso terzi, in modo tale che i C. si sarebbero determinati all'acquisto credendolo libero, per poi scoprire che, invece, esisteva un contratto di affitto registrato in data 18 luglio 1997.
2.- Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione, in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 2236 e 2043 cod. civ., nonché dell'art. 64 cod. proc. civ., per non avere il giudice d'appello, in applicazione dell'art. 2236 cod. civ., escluso che nel caso di specie la prestazione implicasse soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà e non avere quindi reputato l'ing. Z. responsabile per colpa lieve; sostengono, in proposito, i ricorrenti che il professionista avrebbe svolto con estrema negligenza ed imperizia l'incarico affidatogli dal Tribunale di Asti, malgrado non si trattasse di un incarico implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà.
2.1.- Col secondo motivo di ricorso è dedotto il vizio di motivazione per avere il giudice d'appello errato nell'interpretare il quesito rivolto al CTU dal giudice dell'esecuzione e, di conseguenza, avere affermato, con motivazione contorta e contraddittoria, che il CTU non aveva obbligo alcuno di verificare l'esistenza o meno di contratti di locazione gravanti sull'immobile, laddove invece il quesito avrebbe dovuto indurre a conclusione contraria; ciò, che, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto escludere, contrariamente a quanto invece affermato dal giudice del merito, che l'ing. Z. avesse svolto correttamente il proprio mandato; con l'ulteriore conseguenza che non si sarebbe potuto ascrivere a colpa dei signori C. , come invece fatto dal giudice del merito, il mancato accertamento dell'esistenza di un contratto di locazione.
3.- Nessuno dei due motivi è meritevole di accoglimento.
Il primo non coglie nel segno poiché la Corte d'Appello ha fatto applicazione della norma dell'art. 2043 cod. civ., ritenendo che nel caso di specie ricorresse un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale: questa statuizione - peraltro corretta in diritto, in quanto il professionista era stato chiamato in giudizio per la violazione dei compiti affidatigli quale ausiliario del giudice; quindi avrebbe dovuto rispondere ex art. 64, co. 2, ultima parte, cod. proc. civ.; norma, quest'ultima che prevede un'ipotesi specifica di responsabilità aquiliana (cfr. Cass. n. 11474/92, nonché n. 2359/10) - non è oggetto di censura; e, d'altronde, risulta dagli atti che furono proprio gli attori ad avere dichiaratamente fondato la propria azione sull'art. 2043 cod. civ. Piuttosto, i ricorrenti sembrano assumere che la valutazione sulla colpa si sarebbe dovuta compiere ai sensi dell'art. 2236 cod. civ., ma soltanto al fine di escluderne l'applicazione nel caso concreto, in quanto si sarebbe dovuta ritenere la responsabilità dell'ing. Z. per colpa lieve: la censura, oltre che contraddittoria, è infondata in diritto, sia perché non si verte in ipotesi di responsabilità contrattuale, sia perché la limitazione dell'art. 2236 cod. civ. riguarda l'imperizia, non la violazione del dovere di diligenza professionale (cfr., da ultimo, Cass. n. 22398/11); comunque, trattasi di censura non pertinente poiché la Corte d'Appello non ha affatto escluso la responsabilità dell'appellato perché non avrebbe riscontrato, nel caso di specie, la colpa grave. Al contrario, la domanda degli appellanti è stata ritenuta infondata per essere mancata la prova della colpa, anche lieve, del danneggiante, l'onere della parte la Corte ha ritenuto gravare - ai sensi del richiamato art. 2043 cod. civ. - sugli appellanti, secondo i principi che governano l'onere della prova in tema di responsabilità aquiliana.
3.1.- Il secondo motivo di ricorso riguarda l'apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito relativamente agli elementi addotti in giudizio al fine di dimostrare la sussistenza della colpa del preteso danneggiante. La motivazione fornita dalla Corte d'Appello è congrua e logica, oltreché completa, poiché basata, non soltanto sull'interpretazione del quesito formulato dal giudice dell'esecuzione nei riguardi del proprio ausiliario - secondo quanto sostenuto dai ricorrenti - ma anche sulle risultanze concernenti la condotta tenuta dal consulente tecnico nello svolgimento dell'incarico (sia quanto all'accesso ed alla verifica dello stato dei luoghi sia, in particolare, quanto agli accertamenti che avrebbero dovuto essere compiuti presso l'Ufficio del Registro di Nizza Monferrato). Il motivo di ricorso è inammissibile poiché finisce per sollecitare questa Corte ad un nuovo esame di tali risultanze - senza peraltro nemmeno censurare la motivazione riguardo al secondo dei profili appena esposti, basata sul certificato rilasciato dal citato Ufficio del Registro in data 12 maggio 2006, attestante che, in tale ultima data, non fosse possibile avere contezza di un contratto registrato a nome dell'esecutato (al quale i ricorrenti non fanno cenno alcuno)”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte.
I ricorrenti hanno depositato memoria.

Ritenuto in diritto

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Tali motivi non risultano superati dagli argomenti esposti nella memoria depositata dai ricorrenti: in particolare, quanto al titolo della responsabilità, va ribadito che il giudice di merito ha ritenuto che non fosse stata provata nemmeno la colpa lieve dell'ing. Z. , sicché non risultano pertinenti i rilievi svolti con riferimento all'art. 2236 cod. civ.; quanto al secondo motivo di ricorso, la memoria riprende le ragioni poste a fondamento del ricorso, già confutate con la su riportata relazione. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore del resistente nella somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

 

Depositata in Cancelleria il 17.04.2012
Avv. Antonino Sugamele

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