Estradizione. Rinuncia tacita al principio di specialità
Corte di Cassazione Sez. Seconda Pen. - Sent. del 07.05.2012, n. 16925
Presidente Macchia - Relatore Gallo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 7 aprile 2011, la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza del Tribunale di Bari, in data 9/5/2002, che aveva condannato Z.V.V. alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro. 1.000,00 di multa per il reato di ricettazione di un modulo di passaporto e di timbri giudiziari falsi.
2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, in punto di improcedibilità dell'azione penale, essendo stato l'imputato tratto a giudizio per un reato diverso da quello oggetto del decreto di estradizione dalla Francia, osservando che la persona estradata non aveva lasciato il territorio nazionale dopo la scadenza dei 45 giorni successivi al suo rilascio definitivo, come previsto dall'art. 14 della Convenzione Europea di estradizione. Nel merito la Corte respingeva la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato personalmente sollevando tre motivo di gravame.
3.1 Con il primo motivo deduce inosservanza delle leggi penali e delle norme giuridiche che regolano l'estradizione. Al riguardo ribadisce l'eccezione di improcedibilità dell'azione penale non essendo i fatti contestati contemplati nel decreto di estradizione concessa dalla Francia, pur essendo stati commessi in epoca precedente. Eccepisce inoltre che nel caso di specie non sussiste il presupposto della permanenza dell'estradato per sua libera scelta oltre la scadenza dei 45 giorni dal rilascio, facendo presente di essere stato impossibilitato ad allontanarsi dal territorio dello Stato per il diniego di rilascio del passaporto e per l'esigenza di partecipare a vari procedimenti penali tuttora in corso a suo carico.
3.2 Con il secondo motivo deduce il vizio della motivazione per manifesta illogicità nella valutazione del materiale probatorio.
3.3 Con il terzo motivo deduce violazione di legge per non avere la Corte territoriale rilevato l'intervenuta prescrizione del reato, essendo il passaporto ricettato compendio di furto compiuto nella Questura di Napoli nel maggio del 1996.
3.4 Il difensore d'ufficio dell'imputato ha depositato memoria integrativa con motivi aggiuntivi, insistendo nelle doglianze già formulate ed eccependo che allo stesso veniva rilasciata carta di identità non valida per l'espatrio.
Successivamente il difensore ha depositato una seconda memoria, ribadendo le medesime doglianze.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato quanto al primo motivo, nei limiti di cui si dirà, restando conseguentemente assorbiti gli altri motivi.
2. La norma di riferimento nel caso in esame è l'art. 14 della Convenzione Europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 e resa esecutiva in Italia con legge n. 300/1963, che prevale, giusta l'art. 696 c.p.p., sull'art. 721 c.p.p., norma di diritto interno. Secondo il principio di specialità come enunciato dall'art. 14 della Convenzione, “la persona estradata non sarà perseguita, giudicata, arrestata in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza né sottoposta a qualsiasi altra restrizione della sua libertà personale, per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna, diverso da quello che ha dato luogo all'estradizione, salvo che nei seguenti casi (..) b) allorquando, avendo avuto la possibilità di farlo, la persona estradata non abbia lasciato entro i 45 giorni successivi al suo rilascio definitivo, il territorio della Parte alla quale è stata consegnata, oppure se vi abbia fatto ritorno dopo averlo lasciato”.
3. Nel caso di specie la Corte territoriale ha rigettato l'eccezione di improcedibilità dell'azione penale sulla base di due considerazioni fondate su errati presupposti di fatto e di diritto.
La prima considerazione riguarda l'accettazione tacita del giudizio che l'imputato avrebbe fatto difendendosi nel merito. Orbene il fatto che l'imputato eserciti il diritto di difesa, difendendosi nel merito dalle accuse formulate nei suoi confronti, non può essere interpretato come rinunzia tacita al principio di specialità in quanto la rinunzia tacita non è ammissibile. Ha statuito questa Corte, infatti, che in tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, il consenso della persona interessata a che si proceda nei suoi confronti anche per un reato non compreso nel provvedimento di estradizione deve essere formulato in modo espresso e formale, in modo da risultare inequivoco; pertanto il consenso non può essere desunto da comportamenti positivi od omissivi dell'imputato che, in quanto diretti ad altri fini, non sono idonei a rivelare in maniera certa ed univoca la sua volontà (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14005 del 22/02/2007, Rv. 236435, Cavallin; Sez. 1, Sentenza n. 33668 del 17/06/2005, Rv. 232075, Campania). Nel caso di specie non solo non c'è stato un comportamento concludente ai fini della rinunzia, ma l'imputato ha espressamente negato il consenso alla celebrazione del giudizio d'appello (come risulta dalla sentenza impugnata). Deve escludersi, pertanto, che l'imputato abbia rinunziato al principio di specialità che interdice all'autorità giudiziaria di procedere per fatti per i quali non è stata disposta l'estradizione. Per quanto riguarda la seconda considerazione in ordine al presupposto della permanenza volontaria dell'estradato oltre il termine di 45 giorni dal suo rifascio, la Corte ha escluso che il mancato rilascio del passaporto da parte dell'autorità di pubblica sicurezza costituisca un valido motivo per giustificare la permanenza dell'estradato in Italia, osservando che il prevenuto avrebbe potuto raggiungere uno qualunque dei paesi dell'Unione Europea, senza bisogno di passaporto.
Tale argomentazione è viziata da patente illogicità. Infatti dal provvedimento di diniego del passaporto in atti emerge che il prevenuto non si trova nelle condizioni che consentono il rilascio del passaporto, dovendo scontare diverse pene inflitte con sentenze passate in giudicato. Di conseguenza dove logicamente escludersi che lo stesso possa disporre di una carta di identità valida per l'espatrio. In punto di diritto, questa Corte ha avuto modo di statuire che in tema di estradizione, non ricorre l'eccezione al principio di specialità (art. 14 lett. b della Convenzione Europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 e resa esecutiva in Italia con L. 30 gennaio 1963 n. 300) - prevista per il caso di mancato allontanamento dell'estradato dal territorio italiano, pur avendone avuta la possibilità, entro quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione - allorché la permanenza sul territorio italiano oltre il suddetto termine riguardi l'estradato che sia sottoposto alla libertà vigilata. La suddetta permanenza, infatti, assume rilevanza soltanto ove egli abbia avuto la possibilità, materiale e giuridica, di allontanarsi dal territorio italiano, ipotesi che postula l'inesistenza di ogni vincolo alla libertà personale, di talché l'interessato possa legittimamente considerarsi in grado di lasciare lo Stato e possa, quindi, assumere valore la sua libera volontà e determinazione di restare in Italia. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 40000 del 20/10/2005 Ud. (dep. 03/11/2005) Rv. 232944).
Non v'è dubbio che il mancato rilascio del passaporto o di altro documento valido per l'espatrio, comporta l'impossibilità materiale e giuridica per l'estradato di allontanarsi dal territorio dello Stato, facendo così venire meno la volontarietà della sua permanenza in Italia.
Rimane, tuttavia il problema di accertare, in punto di fatto, se l'imputato, trascorso il termine di 45 giorni, abbia deciso di restare volontariamente in Italia, ovvero, pur essendosi attivato per lasciare l'Italia, si sia trovato nell'impossibilità materiale e giuridica di allontanarsi dal territorio nazionale. Di conseguenza la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Bari, che dovrà verificare, in punto di fatto, se l'imputato, una volta rilasciato, si sia attivato tempestivamente per richiedere il passaporto.
In caso positivo, dovrà applicare il principio di specialità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Bari.
Depositata in Cancelleria il 07.05.2012
11-05-2012 00:00
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