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Sentenza

E' reato l’importazione dalla Cina, per la successiva commercializzazione, di prodotti recanti la falsa attestazione di produzione in Italia o negli U.S.A.
E' reato l’importazione dalla Cina, per la successiva commercializzazione, di prodotti recanti la falsa attestazione di produzione in Italia o negli U.S.A.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 3 aprile 2012, n.12484 - Pres. De Maio – est. Gentile

RITENUTO IN FATTO

 

1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza emessa il 28/04/011, confermava la sentenza del Tribunale di Genova, in data 26/09/08, appellata da D.R., imputato del reato di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 49; art. 517 c.p. per aver importato per conto della società GiT, ai fini della successiva commercializzazione, prodotti recanti falsa indicazione di provenienza; fatti commessi l'(OMISSIS).

L'imputato era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione;

pena interamente condonata, ex L. 31 luglio 2003, n. 241.

2. L'Interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

In particolare il ricorrente esponeva che non ricorrevano gli elementi costitutivi del reato contestatogli poichè lo stesso non era rappresentante legale della società GiT, nè era dipendente della stessa.

Tanto dedotto il ricorrente chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1 grado - i due provvedimenti si integrano a vicenda - ha congruamente motivato tutti i punti fondamentali della decisione.

In particolare i giudici di merito, mediante un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali, hanno accertato che D. R., quale procuratore del rappresentante legale della GiT (Gruppo Importatori Tessili) aveva importato dalla Cina, per la successiva commercializzazione, in Italia 211 cartoni (contenenti indumenti) che recavano in parte l'etichetta mendace di Hover-D made Italy' ed in parte la scritta, altrettanto mendace di 'Clayton New York, N.Y. U.S.A.'.

Ricorrevano, pertanto, gli elementi costitutivi del reato di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49, e art. 517 c.p., trattandosi di prodotti realizzati in Cina, ma recanti la falsa attestazione di produzione in Italia lo negli U.S.A..

2. Le censure dedotte nel ricorso sono generiche perchè ripetitive di quanto esposto in sede di Appello, già valutato esaustivamente dalla Corte Territoriale.

Sono, altresì, infondate sia perchè in contrasto con quanto accertato e congruente motivato dai giudici del merito; sia perchè errate in diritto in particolare va disatteso l'assunto difensivo principale secondo cui il D. non aveva l'onere di controllare l'apposizione delle etichette indicanti la provenienza dei prodotti, invero, il D. espletando l'attività (a seguito di conferimento di apposita procura speciale) di procuratore del rappresentante legale della GiT (tal Z.M.), aveva l'onere (tra i suoi poteri - doveri) di accertare l'apposizione d etichette corrette e veritiere in ordine alla provenienza dei prodotti; il tutto a prescindere della sua posizione specifica di dipendente /o meno della GiT. 3. Va dichiarato, pertanto, inammissibile il ricorso proposto da D.R., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

 

P.Q.M.

 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.


	

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Avv. Antonino Sugamele

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