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Sentenza

DIVORZIO. Se l'impugnazione non si conclude con la formulazione del quesito di diritto nè la sintesi delle censure alla motivazione è inammissibile.
DIVORZIO. Se l'impugnazione non si conclude con la formulazione del quesito di diritto nè la sintesi delle censure alla motivazione è inammissibile.
Autorità:  Cassazione civile  sez. I
Data:  24 settembre 2012
Numero:  n. 16225
                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE PRIMA CIVILE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. SALME'     Giuseppe                      -  rel. Presidente   -
Dott. DI PALMA   Salvatore                          -  Consigliere  -
Dott. ZANICHELLI Vittorio                           -  Consigliere  -
Dott. SCHIRO'    Stefano                            -  Consigliere  -
Dott. DIDONE     Antonio                            -  Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:                                          
                     ordinanza                                       
sul ricorso 6880-2010 proposto da: 
             F.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato  in 
ROMA,  VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell'avvocato COLELLI 
RIANO  ROBERTO,  rappresentato e difeso dall'avvocato FELLA  SANTINO, 
giusta procura in calce al ricorso; 
                                                       - ricorrente - 
                               contro 
        C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, 
presso  la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati 
MORI FRANCESCO, D'AMBRA ROBERTO, giusta procura speciale in calce  al 
controricorso e ricorso incidentale; 
                        - controricorrente e ricorrente incidentale - 
avverso  la  sentenza n. 406/2009 della CORTE D'APPELLO di  ROMA  del 
20.11.08, depositata il 28/01/2009; 
udita  la relazione della causa svolta nella camera di consiglio  del 
18/01/2012 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME'; 
udito  per  la  controricorrente e ricorrente incidentale  l'Avvocato 
Francesco  Mori  che  deposita istanza  interesse,  si  riporta  agli 
scritti,  insistendo  per  il rigetto del ricorso  principale  e  per 
l'accoglimento del controricorso incidentale. 
E'  presente  il  Procuratore Generale in persona del  Dott.  AURELIO 
GOLIA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta. 
                 

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RILEVATO IN FATTO
che F.D. ricorre per cassazione avverso la sentenza della corte d'appello di Roma in data 28 gennaio 2009 con la quale è stata parzialmente riformata la sentenza del tribunale di Frosinone che aveva dichiarato la separazione dei coniugi F.D. e C.R., respingendo le reciproche domande di addebito e stabilendo il contributo dovuto dal marito per il mantenimento della moglie; che il ricorrente denuncia: a) violazione degli artt. 143 e 151 c.c. e vizio di motivazione; b) violazione dell'art. 156 c.c. e vizio di motivazione;
che C.R. resiste con controricorso e ha proposto ricorso incidentale;
che è stata depositata e notificata alle parti relazione ex art. 380 bis c.p.c. del seguente tenore: "che, trattandosi di ricorso per cassazione proposto nei confronti di provvedimento pubblicato dopo il 2 marzo 2006 e prima del 4 luglio 2009, deve trovare applicazione art. 366-bis c.p.c., inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, (abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, lett. d), applicabile, per espressa previsione dell'art. 58 della stessa legge alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato o depositato dopo il 4 luglio 2009), a tenore del quale "Nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall'art. 360, comma 1, n. 5), l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione";
che, secondo il costante orientamento di questa Corte la norma, che risponde all'esigenza di soddisfare l'interesse del ricorrente ad una decisione della lite diverse da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio generale, e non può consistere in un'enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, nè in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell'interpello della corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la corte in condizioni di rispondere ad esso con l'enunciazione di una regola iuris, che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all'esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; inoltre, la formulazione della censura art. 360 c.p.c., ex n. 5, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, con la precisazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza e all'incidenza rispetto alla decisione, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità;
che nella specie il motivo non si conclude con la formulazione del quesito di diritto nè la sintesi delle censure alla motivazione e che, pertanto, il ricorso può essere discusso in camera di consiglio.
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RITENUTO IN DIRITTO
Che le argomentazioni e le conclusioni della relazioni debbono essere condivise. Le spese seguono la soccombenza.
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P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese con Euro 2.200,00 (di cui Euro 200,00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della struttura centralizzata per l'esame preliminare dei ricorsi civili - 1, il 18 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2012
Avv. Antonino Sugamele

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