Commercialista che contemporaneamente svolge incarico di Sindaco e amministratore di societa' deve pagare l'Irap.
Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Ord. del 05.03.2012, n. 3434
Presidente Merone - Relatore Cirillo
Fatto e diritto
La Corte,
ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell'art. 380 bis c.p.c.:
Con sentenza del 14 aprile 2010 la CTR-Lazio rigetta l'appello proposto da R. F. dottore commercialista, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, confermando il diniego del rimborso dell'IRAP versata dal contribuente per gli anni 2003 e 2004.
Motiva la sua decisione, premettendo che l'appellante sostiene che le attività di sindaco e amministratore di società e di consulente tecnico sarebbero svolte senza autonoma organizzazione. Ritiene invece, li giudice di appello che le suddette attività siano svolte congiuntamente a quelle di dottore commercialista, in presenza di autonoma organizzaizione; sicché non è possibile “considerare separatamente le diverse categorie di compensi e verificare l'esistenza dei requisiti per l'imposizione lRAP per ognuna delle categorie in esame, tenuto conto che il reddito complessivo deve essere considerato, nella sua totalità. Si fratta, infatti di un'attività unica per la quale sono necessarie conoscenze tecnico-giuridiche direttamente collegate all'attività professionale ” Aggiunge che ciò è avvalorato dalla circostanza che tutti i compensi sono imputati in dichiarazione con lo stesso codice di attività (741111). Evidenzia, infine, che negli anni d'imposta in discorso l'autonoma organizzazione emerge dall'elevata consistenza dei costi sostenuti, pari 47% circa del totale degli introiti, e dall'erogazione di compensi a terzi.
Propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, il contribuente; l'amministrazione resiste con controricorso.
Con il primo motivo, il ricorrente infondatamente denuncia vizio di omessa pronuncia in ordine alla corrispondenza tra il chiesto in appello e il pronunciato.
Infatti, contrariamente al suo assunto, la commissione regionale ha ben esaminato
la questione della tassabilità, ai fini dell'IRAP, dei redditi prodotti dalle attività collaterali a quelle di dottore commercialista, concludendo che esse non fossero suscettibili di autonoma considerazione.
Dunque, sul piano formale, non sussiste il dedotto vizio. Peraltro, quanto all'attività di direttore tecnico di Caf, il ricorso difetta pure di autosufficienza, atteso che non se ne parla specificamente né in sentenza, né nella parte trascritta dell'appello (ove si fa generico riferimento “ai proventi derivanti dall'attività di sindaco, amministratore o simili”),
Riguardo agii altri due motivi, connessi tra loro, il ricorrente denuncia plurime violazioni di legge (d. Igs. 446/97, art. 2 e seg., dp.r. 917/86, art. 50, co. 1 lett. C bis) e (2°) correlati vizi di motivazione riguardo all'esistenza dell'autonoma organizzazione per quelle attività e quei redditi ulteriori rispetto all'attività professionale di dottore commercialista. Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non ha diritto al rimborso dell'IRAP il commercialista, che - nello svolgimento dell'attività di sindaco - utilizza beni strumentai in misura eccedente il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività professionale (Cassazione civile Sez. trib., 19 luglio 2011, n. 15803). Analogamente, ha precisato che il libero professionista, che opera come amministratore di società o presidente del consiglio di amministrazione, non va soggetto all'IRAP per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attività, soltanto se adempie alla funzione senza ricorrere a un'autonoma struttura organizzativa (Cassasione civile sez. trib., 2 marzo 2009 n. 4959 e 9 maggio 2007 n. 10594). Similari sono anche le conclusioni per l'attività di consulente (Cassavione civile sez. trib., 16 febbraio 2007, n. 3676). Inoltre, costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle condizioni indicate dalla giurisprudenza (Cassarione civ. Sez. 6-5, ordinanza n. 8556 deI14/04/2011).
Nell'odierno ricorso manca, finanche graficamente, qualsiasi riferimento all'assolvimento di tale onere probatorio da parte del contribuente, sia in generale, sia con specifico riguardo “ai proventi derivanti dall'attività di sindaco, amministratore o simili” .
Di contro, la commissione regionale evidenzia dati dichiarati dallo stesso contribuente di diverso segno rispetto al suo assunto (sproporzione spese/introiti, erogazione di compensi a terzi, unicità del codice-attività). Come è noto, il requisito dell' autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo I'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell' attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionate di lavoro altrui. Dunque nel caso in esame non si riscontrano errori giuridici o vizi motivazionali. Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375, comma 1, c.p.c.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite e che il ricorrente ha presentato memoria; osservato che, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, il Collegio ritiene che ricorra l'ipotesi della manifesta in fondatezza del ricorso per cassazione; considerato, infine, che
le spese di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 1.500 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.
Depositata in Cancelleria il 05.03.2012
09-03-2012 00:00
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