Cassazione penale. Ancora sull'udienza preliminare: se il quadro probatorio e' contraddittorio e puo' essere superato in dibattimento e' necessario il rinvio a giudizio.
Cassazione, sez. IV, 6 marzo 2012, n. 8912
(Pres. Marzano – Rel. Massafra)
Ritenuto in fatto
Ricorrono per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma e il difensore della parte civile F.M. , in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio minore S.T. , avverso la sentenza emessa in data 22.2.2011 ai sensi dell'art. 425 c.p.p. dal GUP del Tribunale di Roma con la quale, a fronte della richiesta di rinvio a giudizio del P.M., il m.llo S.A. e l'App. M.S. sono stati prosciolti, per contraddittorietà ed inidoneità degli elementi di prova acquisiti a sostenere validamente l'accusa in dibattimento, dal delitto di cui agli artt. 41, 113, 589 commi 1, 2 e 4 cod. pen., perché, in cooperazione colposa tra loro, in qualità il primo di responsabile ed il secondo di componente della pattuglia radiomobile dei Carabinieri n. (…), competente per infortunistica stradale, dopo essere giunti in via (…), all'altezza di via (omissis) , ove si era verificato il sinistro stradale con impatto frontale tra l'autovettura fiat punto targata (…) guidata da P.S. , su cui viaggiavano P.M. e Pi.Ro. , e la Lancia Y targata (…), condotta da B.V. , per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (artt. 11, 12, 161, 162, 189 Cod. strada; artt. 356 e 357 regolamento attuativo), con la condotta di seguito meglio precisata, cagionavano il decesso di S.M. (carabiniere, smontato dal turno), il quale, sopraggiunto alla velocità di circa 100 Km/h da (omissis) alla guida del motociclo Kymco Xciting targato (…), accortosi troppo tardi (ad una distanza di circa 30-50 m.) della presenza della Lancia Y - ferma con i fari spenti sulla corsia di destra della carreggiata - pur frenando energicamente, andava a collidere con la stessa (alle ore 6.30 circa) e veniva sbalzato per terra, batteva la testa e decedeva alle ore 13.30 a causa delle gravi lesioni riportate (frattura celebrale, emoperitoneo e shock emorragico). Fatto dal quale derivano, altresì, lesioni personali allo stesso M. , a B.F. e Fa.Lo. , genitori di B.M. , i quali, trovandosi in prossimità della Lancia Y al momento dell'impatto con il motociclo guidato dal Sa. , venivano travolti dalla spinta in avanti e roteazione della vettura, riportando lesioni guaribili rispettivamente in giorni 10 per M. , giorni 30 per B. e giorni 20 per Fa..
In particolare, secondo l'imputazione, io S. e il M. , intervenuti sul luogo del sinistro alle ore 20 circa, omettevano di procedere in modo efficace e tempestivo a porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e la fluidità del traffico, come prescritto dagli artt. 11, 12 e 189 cod. strada (e relativo regolamento attuativo), dedicandosi piuttosto agli accertamenti sull'identità e condizioni di salute delle persone coinvolte, pur in presenza di personale sanitario sul posto; in dettaglio, gli stessi trascuravano di approntare le specifiche cautele prescritte per la messa in sicurezza dei tratto stradale interessato dal sinistro (tra l'altro, presegnalando i pericoli sulla carreggiata alla distanza prescritta dal combinato disposto degli artt. 162 cod. strada e 357 regolamento attuativo; ovvero inibendo l'area al traffico ed allontanando gli astanti), cautele tanto più necessarie quanto urgenti su un rettilineo privo di illuminazione pubblica ed a scarso traffico.
I due venivano, altresì, prosciolti dalle violazioni amministrative di cui agli artt. 162 (in combinato disposto con l'art. 356 regolamento attuativo) e 189 commi 2 e 9 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, in connessione obiettiva con il reato di cui al capo E) ai sensi dell'art. 221 C.d.S., perché, dopo essere giunti in via Ostiense, all'altezza di via (omissis) , ove si era verificato il sinistro stradale con impatto frontale tra autovettura Fiat Punto targata (…) guidata da P.S. , su cui viaggiavano P.M. e Pi.Ro. e la Lancia Y targata (…), condotta da B.M. , non ottemperavano all'obbligo di presegnalare con il segnale mobile di pericolo i veicoli fermi sulla carreggiata non visibili a sufficiente distanza da coloro che sopraggiungevano da tergo, nonché all'obbligo di predisporre ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione (in (omissis)).
La Parte Pubblica denunzia la violazione di legge con riferimento al l'art. 425 comma 3 c.p.p. ed il vizio motivazionale risultante dal testo del provvedimento ed anche in riferimento a specifici atti indicati (dichiarazioni rese al P.M. e alla P.G. dalle persone informate sui fatti, consulenza tecnico-dinamica disposta dal P.M., dichiarazioni rese al P.M. in sede di interrogatorio da S., informativa di P.G., verbale di sopralluogo e rilievi fotografici, registrazioni delle chiamate alla centrale operativa dei CC), in parte trascritti in ricorso, in parte allegati in fotocopia.
Assume che il GUP aveva violato la regola della valutazione prognostica - in termini di ragionevole probabilità - di superfluità dell'ulteriore verifica dibattimentale e critica tutti gli arresti della sentenza relativi alle circostanze ritenute dal GUP non necessitanti di vaglio dibattimentale.
Il ricorso delle parti civili si sofferma, in particolare, sul difetto ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata, criticando l'apporto ritenuto decisivo della deposizione del cap. Pe. , non presente sul luogo dei fatti, l'assenza di specifiche ragioni per le quali il quadro probatorio non era stato ritenuto sufficientemente chiaro e così anche circostanze ed argomentazioni svolte nel corpo del provvedimento.
Considerato in diritto
I ricorsi sono fondati e meritano accoglimento.
L'udienza preliminare nasce con funzione di "filtro" per evitare i dibattimenti inutili, ma le maglie di questo filtro erano talmente larghe che in realtà nella versione originaria del codice - con la previsione che la sentenza di non luogo a procedere doveva essere pronunziata "quando risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso" ecc. - questa funzione non poteva essere convenientemente svolta; con la singolare anomalia che la sentenza di non luogo a procedere doveva ritenersi preclusa quando era, invece, ammessa l'archiviazione. Insomma, questa sentenza era consentita solo quando evidente era l'innocenza dell'imputato. La situazione cambia con l'approvazione della L. 8 aprile 1993, n. 105, il cui art. 1 elimina l'aggettivo "evidente", con ciò introducendo una diversa regola di giudizio che rende maggiormente efficace la funzione di filtro che, dopo la modifica, non rimane ancorata a quel vincolo così rigido, consentendo la conclusione in questione dell'udienza preliminare anche nel caso in cui non esista quell'evidenza dell'innocenza richiesta dalla precedente normativa. Pur in un profondo mutamento della struttura e della disciplina dell'udienza preliminare (soprattutto, con l'ampliamento dei poteri istruttori del giudice: si veda in particolare la modifica dell'art. 422 c.p.p.) la L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 23, comma 1, che modifica l'art. 425 c.p.p., non muta sostanzialmente la regola di giudizio finale dell'udienza preliminare: la sentenza di non luogo a procedere deve essere pronunziata. In buona sostanza, in presenza dei medesimi presupposti previsti dopo l'entrata in vigore della L. n. 105 del 1993.
Con ciò l'udienza preliminare non ha subito una modifica della sua originaria natura, che era e resta (prevalentemente) di natura processuale e non di merito, infatti identico è rimasto lo scopo cui l'udienza preliminare è preordinata: evitare i dibattimenti Inutili, non accertare se l'imputato è colpevole o innocente. Il giudice dell'udienza preliminare, dunque, ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell'imputato, ma in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione (Cass. pen. Sez. IV, n. 43483 del 6.10.2009, Rv. 245464).
Non contrasta con questa ricostruzione il tenore dell'art. 425 c.p.p., nuovo comma 3 che prevede la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere "anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio".
La norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall'art. 530 c.p.p. - conferma, infatti, quanto si è in precedenza espresso: il parametro non è l'innocenza, ma l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio.
L'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono, quindi, avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio.
Insomma, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Quello indicato è, peraltro, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che, dopo la riforma del 1999, ha ribadito i principi indicati (v. Cass. pen., Sez. VI, 16.11.2001 n. 42275, Acampora, rv. 221303; 6.4.2000 n. 1662, Pacifico, rv. 220751) del resto, in precedenza, fatti propri anche dalla Corte costituzionale (v. sentenza 15 marzo 1996 n. 71).
Ma il GUP, nel prosciogliere gl'imputati "per contraddittorietà ed inidoneità degli elementi di prova acquisiti a sostenere validamente l'accusa in dibattimento" non si è attenuto a siffatti principi nella sentenza impugnata.
Dapprima ravvisa un quadro non sufficientemente chiaro del materiale probatorio e dichiarazioni palesemente contraddittorie rispetto alla dinamica dei fatti. Poi, sulla scorta della sola deposizione del Cap. Pe. , escusso in sede di udienza preliminare, ha ritenuto maggiormente chiara e lineare la dinamica del fatto in contestazione: ciononostante, ha comunque individuato un quadro probatorio inidoneo a sostenere l'accusa in giudizio.
Orbene, è di solare evidenza l'illogicità e contraddittorietà motivazionale in cui incorre il GUP.
La visibilità da consistente distanza dei lampeggianti dell'autoambulanza e dell'auto dello S. e M. , che non poterono collocarla sul lato della strada verso Roma, come percepita dal cap. Pe. che giunse sul posto dopo essere stato messo a conoscenza dell'accaduto e dell'occupazione dell'intera carreggiata da parte delle autovetture coinvolte, è stata ritenuta possibile dal GUP solo in via astratta da parte dell'ignara vittima Sa.Ma. mentre poi, al termine della motivazione, il Giudice giunge a ritenere "plausibile" che le luci suddette non siano state percepite dal Sa. "in quanto insonnolito e forse piegato in basso sullo scooter per proteggersi dal freddo". Non può dunque escludersi che la detta circostanza della visibilità dei lampeggianti avrebbe richiesto ed avrebbe potuto esser chiarita con un approfondimento dibattimentale.
Inoltre, il GUP omette di considerare e valutare le dichiarazioni rese dallo S. (riportate in ricorso) e di tener conto delle deposizioni di testi presenti in loco (D.C.F. e G.E. nonché Fa.Lo. , B.F. , P.M. , G.E. , D.C.F. , P.S. e B.M. ) i quali adombrano un comportamento trascurato degl'imputati che avrebbe richiesto un adeguato approfondimento dibattimentale. Per non dire delle affermazioni del Consulente tecnico del P.M. che evidenziano l'omissione di un maggiore coordinamento e organizzazione degli astanti ai fini della migliore gestione della situazione.
Deve dunque convenirsi, alla luce delle dichiarazioni sopra richiamate, delle ulteriori circostanze evidenziate in ricorso (circa la mancanza di idonea prova dell'attenzione rivolta dagli imputati nel generalizzare le persone coinvolte nel primo incidente stradale invece di provvedere immediatamente alle segnalazioni di emergenza ed altre) e della formulazione dell'ipotesi di avvistamento delle luci da parte della vittima in via meramente astratta con la successiva contraddizione sopra riportata, in una all'adeguata valorizzazione delle argomentazioni del consulente tecnico del P.M., che residua un quadro della vicenda non definito e cristallizzato, che non può, cioè, ritenersi esente da evoluzione probatoria in sede dibattimentale, specie all'esito dell'esame incrociato dei testi e non apparendo la deposizione dei Cap. Pe. risolutiva, come invece ritenuto dal GUP. Consegue, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.
10-03-2012 00:00
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