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Sentenza

Cambia avvocato e viene condannato in contumacia. No alla restituzione in termini se non ha mantenuto i contatti con il precedente difensore
Cambia avvocato e viene condannato in contumacia. No alla restituzione in termini se non ha mantenuto i contatti con il precedente difensore
Corte di Cassazione Sez. Sesta Pen. - Sent. del 13.01.2012, n. 938

 

Fatto

Con ordinanza emessa in data 01.03.2011 il Tribunale di Reggio Calabria quale giudice dell'esecuzione rigettava la richiesta avanzata da S.G. volta ad ottenere la restituzione nei termini per proporre appello avverso la sentenza di condanna alla pena di mesi dieci di reclusione per il reato ex art. 337 cp. pronunziata dal Tribunale di Reggio Calabria il 09.02.2004. Precisava il Tribunale che l'estratto contumaciale dell'anzidetta sentenza di condanna era stato notificato al difensore di fiducia e all'imputato. A quest'ultimo era stato notificato non presso il domicilio dichiarato bensì presso il domicilio del difensore eletto nella istanza di ammissione al gratuito patrocinio: notifica che doveva considerarsi a tutti gli effetti valida e che era stata ripetuta con le stesse modalità nel successivo giudizio di appello instaurato su impugnazione del difensore, nel quale l'imputato, nel frattempo sottoposto a detenzione per altra causa, era rimasto contumace.
Alla stregua di tanto, secondo il Tribunale G.E., non potevano ritenersi sussistenti i presupposti per l' accoglimento della richiesta di restituzione in termine, in quanto:
- la notifica dell'estratto contumaciale della sentenza di condanna di primo grado presso il domicilio del difensore eletto nella istanza di ammissione al gratuito patrocinio doveva considerarsi a tutti gli effetti valida, e altrettanto valide erano le ulteriori notifiche effettuate per il giudizio di appello con le medesime modalità;
- il sopravvenuto stato di detenzione dell'imputato durante il giudizio di appello non era stato comunicato nel procedimento di cui in causa;
- la notifica effettuata presso il difensore di fiducia era equiparabile, ai fini della effettiva conoscenza dell'atto, a quella effettuata personalmente, e l'eventuale interruzione dei contatti dell'imputato con il proprio difensore doveva interpretarsi come volontaria rinuncia a partecipare al processo e a proporre impugnazione.
Propone ricorso lo S. Ia mezzo del difensore, deducendo che:
1.- che il difensore di fiducia era stato nominato domiciliatario solo per il procedimento relativo al gratuito patrocinio e non era a conoscenza del sopravvenuto stato di detenzione dell'imputato in relazione ad altro procedimento nel quale lo stesso era assistito da altro difensore;
2.- nelle circostanze suddette l'interruzione dei contatti dell'imputato con il proprio difensore non poteva interpretarsi come volontaria rinuncia a partecipare al processo e a proporre impugnazione.

Diritto

Il ricorso è infondato.

Deve, invero, anzitutto sottolinearsi che la procedura concernente l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato si inserisce nel procedimento principale - in relazione al quale il beneficio è richiesto - e quindi non può essere considerata quale procedimento autonomo rispetto a quello principale. Nel d.P.R. n. 115 del 2002, art. 79 - in cui sono elencati i requisiti dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, richiesti a pena di inammissibilità - è stabilito, alla lettera a), che l'istanza deve contenere, tra l'altro, “l'indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente”, mentre alcun cenno vi è all'indicazione di un domicilio da parte dell'istante: il che significa, all'evidenza, che un'eventuale dichiarazione o elezione di domicilio contenuta nell'istanza de qua deve intendersi riferita inevitabilmente non solo agli avvisi che riguardano strettamente la procedura relativa all'ammissione al beneficio richiesto, ma anche, e soprattutto, agli avvisi concernenti il procedimento per il quale il beneficio stesso è richiesto. In tal senso ha già avuto modo di esprimersi questa Corte (Sez. 4, n. 7300 del 29.01.2009, imp, D., Rv. 242868; conformi n. 35438 del 2006 Rv. 234900 e n. 41069 del 2008 Rv. 242037).
Nella specie, poi, il domiciliatario si identificava con il difensore di fiducia. Non c'è dubbio che sul difensore di fiducia grava un preciso onere, discendente dagli obblighi di deontologia professionale, di portare effettivamente a conoscenza dell'assistito tutti gli atti processuali che lo riguardano, e ciò a fortiori se suo domiciliatario, ovvero di comunicare all'autorità giudiziaria che non intende o non può più accettare le notificazioni (v. ult. parte del comma 8-bis dell'art. 157 cpp.).
Costituisce a sua volta preciso onere dell'imputato coltivare i rapporti con il proprio difensore di fiducia, onde mantenersi al corrente degli sviluppi del procedimento (Cass., Sez. l, 6 aprile 2006, L.; Cass., Sez.l , 7 febbraio 2006, n. 8232, Z., TV. 233417; in senso conforme, Cass., Sez. l 16 maggio 2006, n. 19127, G., TV. 233920).
Tutto ciò comporta che la notificazione presso il difensore di fiducia è del tutto equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell'atto, alla notifica all'imputato personalmente (Cass. Sez, l, 6 aprile 2006, L.Cass., Sez. I 12 luglio 2006, n. 32678, S., rv. 235036; Cass., Sez. 6, 9 marzo 2006, C.; Cass. Sez. l', 7 febbraio 2006, n. 8232, Z.; Cass., Sez. l 25 maggio 2006, F.; Cass., Sez. l, 16 maggio 2006, G.; Cass., Sez. 6, 9 maggio 2006, K.). Tale equiparazione, lungi dal ridursi ad una mera fictio iuris, è ampiamente giustificata dalla natura e dalla sostanza del rapporto professionale che intercorre tra l'avvocato difensore nominato di fiducia dall'imputato e l'imputato stesso, il quale proprio nel momento in cui dà il mandato al professionista con riguardo ad uno specifico procedimento, dimostra (o conferma) di essere effettivamente a conoscenza di tale procedimento. È, pertanto, del tutto ragionevole ritenere che, anche successivamente alla nomina, il perdurante rapporto professionale intercorrente tra l'imputato e il difensore di fiducia continua a consentire al primo di mantenersi informato sugli sviluppi del procedimento e di concordare con il difensore le scelte difensive ritenute più idonee (Cass., Sez. 1 16 maggio 2006, n. 19127, G., cit.; Cass., Sez. 5, 10 maggio 2006, n. 19907, G., rv. 233868; Cass., Sez. 6, 9 maggio 2006, n. 23549, K., rv. 234283), ferma restando, comunque, la possibilità di vincere tale presunzione attraverso un'idonea prova in contrario, nel caso in esame non sussistente.
Non basta, infatti, a tal fine, I'allegazione del sopravvenuto stato di detenzione per un procedimento diverso in cui lo S. era assistito da altro difensore, non potendosi certo desumere da ciò - in mancanza di qualsiasi elemento indicativo in proposito (dichiarazioni del difensore, di familiari, attestazioni del carcere ecc.) - una situazione di impossibilità di contatti fra l'imputato e il suo difensore di fiducia nel procedimento cui attiene la richiesta di restituzione nel termine, tale da togliere al passivo comportamento del primo l'univoca valenza di rinunciare a comparire e a esercitare il diritto di impugnazione.
Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Depositata in Cancelleria il 13.01.2012
Avv. Antonino Sugamele

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