Anziana donna muore precipitando dalla casa di cura. La figlia chiede il risarcimento non patrimoniale per inadempimento dell'obbligazione assunta dalla casa di cura. La Cassazione dice no perche' non era la figlia la contraente.
Corte di Cassazione Sez. Terza Civ. - Sent. del 08.05.2012, n. 6914
Presidente Petti- Relatore Barreca
Svolgimento del processo
M.G. citò in giudizio risarcitorio la Casa Soggiorno per Anziani di G. (poi Casa di Soggiorno S. F. di G.) attribuendole la responsabilità della morte di sua madre che, ricoverata in quell'istituto in quanto affetta da morbo di Alzheimer, era precipitata dalla finestra della stanza di degenza.
La domanda è stata respinto dal Tribunale di Trento con sentenza poi confermata dalla Corte d'appello della stessa città. In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto che: non ricorrendo un'ipotesi di responsabilità contrattuale, non fosse applicabile l'inversione dell'onere probatorio di cui all'art. 1218 c.c.; l'evento era da considerarsi imprevedibile e, dunque, nessun rimprovero poteva essere mosso all'organizzazione della casa di riposo.
Propone ricorso per cassazione la G. attraverso cinque motivi. Risponde con controricorso la Casa di Soggiorno Suor Filippina di Grigno. Quest'ultima ha depositato memoria per l'udienza.
Motivi della decisione
Il primo motivo - che lamenta la violazione di legge - sostiene che il danno non patrimoniale (richiesto dalla ricorrente) è risarcibile anche in ipotesi di inadempimento contrattuale, sicché, “sussistendo un rapporto contrattuale tra degente e casa di riposo deve trovare applicazione l'art. 1218 c.c. , con relativa inversione dell'onere della prova a carico del debitore (casa di riposo)”.
Il secondo motivo, censurando la violazione di legge, sostiene, sul presupposto della configurabilità della responsabilità contrattuale, che, a norma dell'art. 1218 c.c., la casa di riposo avrebbe dovuto provare che il proprio inadempimento era stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a sé non imputabile.
Il terzo motivo censura la sentenza per errata valutazione delle prove e per vizio della motivazione.
Il quarto motivo lamenta che il giudice non abbia fatto ricorso (come avrebbe dovuto) alle presunzioni.
Il quinto motivo ritorna sul tema dell'errata valutazione degli elementi di prova raccolti nell'istruttoria.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
Sono inammissibili laddove introducono una serie di questioni in fatto per ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione delle prove e, dunque, un giudizio di merito ché è precluso in cassazione.
Sono infondati quanto alle doglianze di violazione di legge e vizio nella motivazione. Infatti, è pur vero che la più recente giurisprudenza di questa Corte ha definitivamente riconosciuto la risarcibilità del danno non patrimoniale anche in caso di inadempimento contrattuale. Tuttavia, nella specie, correttamente il giudice ha escluso la configurabilità della responsabilità contrattuale, posto che (come la stessa ricorrente riconosce) il rapporto contrattuale è intercorso tra la stessa casa di riposo e la ricoverata, non certo tra la prima e la figlia della seconda. Sicché, la tesi della ricorrente sarebbe stata legittimamente prospettata nel caso in cui la G. avesse domandato il risarcimento del danno proprio della vittima (effettiva contraente nel rapporto con la casa di cura); ella, invece, chiede il risarcimento del danno non patrimoniale da sé stessa subito a causa della morte della madre, con la conseguenza che l'ambito risarcitorio nel quale la domanda deve essere inquadrata è necessariamente di natura extracontrattuale.
Il giudice, dunque, in maniera altrettanto corretta, ha individuato l'onere della prova a carico dell'attrice (quello proprio della responsabilità aquiliana) ed ha concluso che l'evento mortale verificatosi era affatto imprevedibile da parte della struttura ospitante, con conseguente impossibilità di rimproverarle comportamenti di natura colposa.
Quanto al lamentato vizio della motivazione, basti dire che questa si manifesta logica e congrua in ordine a turni i punti controversi, né la ricorrente prospetta fatti decisivi in ordine ai quali il giudice non abbia argomentato.
Quanto, infine, al mancato ricorso alla prova presuntiva, occorre ricordare che la censura per vizio di motivazione in ordine all‘utilizzo o mero ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (tra le varie, cfr. Cass. n. 8023/09).
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta i1 ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 7200,00, di cui € 7000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Depositata in Cancelleria il 08.05.2012
12-05-2012 00:00
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