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Sentenza

La finestra diventa porta? La servitù di veduta si trasforma in servitù di passaggio Cassazione civile , sez. II, sentenza 04.05.2010 n° 10746
La finestra diventa porta? La servitù di veduta si trasforma in servitù di passaggio Cassazione civile , sez. II, sentenza 04.05.2010 n° 10746
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 4 maggio 2010, n. 10746

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30 giugno 1999 il Tribunale di Imperia - adito da G.L. e in via riconvenzionale da G.E. - dichiarò la convenuta proprietaria del lastrico sovrastante un suo edificio, adiacente a un limitrofo stabile appartenente all'attore;

condannò quest'ultimo a eliminare la "stesa per i panni" che aveva realizzato in quella porzione immobiliare; respinse le ulteriori reciproche domande proposte dalle parti.

Impugnata in via principale da G.L., in via incidentale da G.E., la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Genova, che con sentenza del 29 novembre 2004 ha rigettato entrambi i gravami.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione G. L., in base a quattro motivi. G.E. si è costituita con controricorso, formulando a sua volta un motivo di impugnazione in via incidentale, contrastato da G.L. con un proprio controricorso. G.E. ha presentato una memoria.

Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c..

Nella sua memoria G.E. deduce l'inammissibilità del "ricorso incidentale proposto da G.L. avverso il ricorso incidentale di G.E.".

L'eccezione è infondata, poichè si basa sull'erroneo presupposto che il ricorrente principale abbia tardivamente rivolto alla sentenza impugnata ulteriori censure, in aggiunta a quelle che aveva formulato con l'atto introduttivo del giudizio di legittimità. Invece G.L., nel controricorso che ha presentato avvalendosi della facoltà di cui all'art. 371 c.p.c., comma 4, si è limitato a contestare la fondatezza del ricorso incidentale proposto dall'altra parte.

Con il primo motivo di impugnazione G.L. lamenta che la Corte d'appello non ha chiarito se la domanda da lui proposta, come precisata nel corso del giudizio, sia stata considerata nuova e quindi inammissibile,- quale l'aveva ritenuta il Tribunale.

La doglianza va disattesa.

Pur rilevando l'improprietà delle originarie deduzioni dell'attore, il quale aveva sostenuto di essere divenuto proprietario del lastrico in questione "per destinazione del padre di famiglia", il giudice di secondo grado ha provveduto nel merito anche sotto gli ulteriori profili prospettati successivamente da G.L.:

l'acquisto del diritto di uso o della proprietà di quella porzione immobiliare, rispettivamente ai sensi dell'art. 1062 c.c. o dell'art. 818 c.c. in seguito alla successione mortis causa del comune genitore delle parti e alla divisione tra loro del compendio immobiliare relitto dal de cuius. Di entrambe le norme suddette la Corte d'appello ha escluso l'applicabilità nella specie, non sussistendone i presupposti di fatto, poichè non era stata provata nè "la preesistenza - al momento in cui i due fabbricati cessarono di appartenere ad un unico proprietario - di visibili opere di asservimento del lastrico stesso all'appartamento del primo piano dell'adiacente fabbricato di G.L.", nè "il vincolo pertinenziale istituito dal precedente unico proprietario" o "esistente all'epoca della divisione".

Con il secondo motivo del ricorso principale G.L. sostiene che erroneamente, con la sentenza impugnata, è stata negata la presenza di opere visibili e permanenti, ravvisabili nello stato del terrazzo oggetto della causa, che è posto a soli 3-4 cm. di dislivello dal ballatoio della cucina dell'appartamento limitrofo ed è munito di una ringhiera fissa.

Neppure questa censura può essere accolta. In proposito la Corte d'appello ha correttamente fatto riferimento al tempo dell'apertura della successione e a quello della divisione, quando il lastrico era ancora del tutto impraticabile, in quanto privo di pavimentazione e di parapetto, sicchè ha escluso che fosse stato destinato a servizio dell'alloggio di G.L. o ne costituisse un accessorio.

Sono pertanto inconferenti le deduzioni del ricorrente, che presuppongono una situazione di fatto successiva, diversa da quella unicamente rilevante ai fini della decisione.

Con il terzo motivo del ricorso principale si sostiene che ingiustificatamente la Corte d'appello ha mancato di considerare che G.L. era titolare dell'uso esclusivo del terrazzo, come era stato dimostrato mediante la produzione di un documento attestante che nel 1985 egli aveva contribuito per un terzo alle spese per l'impermeabilizzazione e la pavimentazione di quella porzione immobiliare. La doglianza è infondata.

Come esattamente si è osservato nella sentenza impugnata, l'accordo verbale intercorso tra le parti per la ripartizione dell'onere di cui si tratta non era idoneo ad ampliare i diritti reali acquisiti da G.L. mediante il precedente contratto di divisione, vertendosi in materia immobiliare e occorrendo pertanto la forma scritta ad substantiam.

Con il quarto motivo del ricorso principale viene denunciato l'omesso esame, da parte del giudice di secondo grado, di varie risultanze istruttorie, dimostrative della fondatezza della domanda proposta dall'originario attore.

Anche questa censura va disattesa, per l'assorbente ragione che è stata formulata in violazione del principio di autosufficienza: degli elementi che il ricorrente addebita alla Corte d'appello di aver trascurato manca nel ricorso ogni precisa ed esauriente specificazione, essendo state riportate soltanto alcune singole affermazioni contenute nella relazione del consulente tecnico di ufficio, riguardanti peraltro constatazioni che non risultano in alcun modo utili a infirmare le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata.

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale G. E. si duole del rigetto della propria domanda riconvenzionale, intesa ad ottenere la condanna di G.L. a ripristinare la finestra prospiciente il lastrico, che egli aveva trasformato in porta - finestra: lamenta la ricorrente che la Corte d'appello, confermando sul punto la decisione di primo grado, ha erroneamente disconosciuto l'essenziale diversità di funzione della nuova apertura, rispetto a quella preesistente.

La censura è fondata.

Nella sentenza impugnata, su tale questione, si è ribadito ciò che aveva ritenuto il Tribunale: l'operato di G.L. ha comportato soltanto un aggravamento della servitù di veduta sulla limitrofa proprietà di G.E., la quale però nulla ha dedotto sotto tale profilo. L'assunto non è condivisibile, poichè una finestra, anche se aperta tra due fondi allo stesso livello, è destinata esclusivamente a guardare verso l'immobile altrui, mentre la funzione precipua di una porta è il passaggio, sicchè la trasformazione dell'una nell'altra da normalmente luogo alla situazione corrispondente a una servitù diversa, come quella di cui in effetti G.L. aveva intrapreso l'esercizio (cfr. Cass. 16 ottobre 2002 n. 14693).

Rigettato pertanto il ricorso principale e accolto l'incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d'appello di Genova.

Alla complessiva soccombenza di G.L. nel giudizio di legittimità consegue la sua condanna a rimborsare a G. E. le relative spese, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

LA CORTE

Riunisce i ricorsi; rigetta il principale; accoglie l'incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta;

condanna G.L. a rimborsare a G.E. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
Avv. Antonino Sugamele

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