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Sentenza

Infortunio sull'autubus: deve essere sempre indennizzato. SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI CIVILE Ordinanza 23 febbraio 2011, n. 4442
Infortunio sull'autubus: deve essere sempre indennizzato. SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI CIVILE Ordinanza 23 febbraio 2011, n. 4442
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

E' stata depositata la seguente relazione:

1 - Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

G.A. ha chiesto il risarcimento dei danni conseguenti alla caduta sul pavimento di un autobus causata da una brusca frenata.

Con sentenza depositata in data 14 settembre 2009 la Corte d'Appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale, che aveva riconosciuto all'attore una modesta indennità.

Alla Corte di Cassazione è stata devoluta la seguente questione di diritto: la corretta applicazione dell'art. 1681 c.c..

2 - Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. - Il primo motivo denuncia falsa applicazione dell'art. 1681 c.c., cui segue il motivo 1 bis che lamenta omessa motivazione.

Anche recentemente questa stessa sezione ha ribadito (Cass. Sez. 3^, n. 4482 del 2009) che, in tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità di cui all'art. 1681 c.c., a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore medesimo e l'attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui il sinistro venga attribuito al fatto di un terzo viaggiatore.

La sentenza impugnata non si è affatto discostata da questo orientamento (vedi art. 360 bis c.p.c., n. 1) in quanto ha affermato che il conducente dell'autobus non aveva la possibilità di tenere una condotta di guida diversa e che era stato costretto a frenare per l'improvvisa invasione della corsia di marcia di un motorino cui ha attribuito l'esclusiva responsabilità dell'evento.

In realtà anche nella parte relativa all'asserita falsa applicazione di norme di diritto il ricorrente adduce argomentazioni che implicano apprezzamenti di fatto, che nella specie trovano congrua motivazione nella sentenza impugnata.

Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 1681 c.c., art. 116 c.p.c., art. 2735 c.c.; contraddirlo ria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Anche questa censura, pur prospettando formalmente anche violazione di norme di diritto, tratta argomenti (velocità del mezzo, intensità della frenata; dinamica del sinistro; attendibilità del teste escusso) squisitamente di merito e, quindi, inammissibili in sede di legittimità.

Le medesime considerazioni si attagliano al quarto (rectius: terzo) motivo, che lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione con riferimento alla C.T.U. nei cui confronti non risultano rispettati il dettato dell'art. 366 c.p.c., n. 6 e il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il quarto motivo ipotizza violazione dell'art. 112 c.p.c., cui segue il motivo 4 bis che lamenta omessa motivazione. Il tema riguarda la misura dell'indennità liquidata: l'asserita violazione dell'art. 112 c.p.c., resta indimostrata, mentre la duplice censura poggia su argomentazioni generiche e non consentite in questa sede.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Entrambe le parti hanno presentato memorie; nessuna ha chiesto d'essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non sono condivisibili e non superano i rilievi critici contenuti nella relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,000, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Avv. Antonino Sugamele

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