C. Costituzionale, sent. 02.02.2011 n. 33 Non si puo' costruire impianto nucleare in una Regione senza il coinvolgimento della stessa
.
La Corte Costituzionale
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente sentenza
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 commi 1 e 2, 8, 9 comma 1, 11 commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10, 13 commi 10, 11 e 12, 19 commi 1 e 2, 20 commi 1 e 2, 27 commi 6, 7, 8, 9, 11, 14, 15 e 16 del decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99), promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia, notificati i primi due, rispettivamente il 6 e il 7 maggio 2010, il terzo spedito per la notifica il 7 maggio 2010, depositati in cancelleria l'11, il 12 e
il 14 maggio 2010 ed iscritti ai nn. 75, 76 e 78 del registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché gli atti di intervento dell'Enel s.p.a. e dell'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS (quest'ultima intervenuta in termine nel giudizio iscritto al n. 76 del registro ricorsi 2010 e fuori termine nel giudizio iscritto al n. 78 del registro ricorsi 2010);
udito nell'udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Regione Toscana, Rosaria Russo Valentini e Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Maria Liberti per la Regione Puglia, Marcello Collevecchio e Carlo Malinconico per l'Enel s.p.a. e l'avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 6 maggio 2010 e depositato il successivo 11 maggio 2010
(iscritto al reg. ric. n. 75 del 2010), la Regione Toscana ha promosso, in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, dell'art. 8, comma 3, dell'art. 11, commi 6, 7, 8 e 10, dell'art. 13, commi 11 e 12, dell'art. 20, comma 2, e dell'art. 27, commi 7, 8, 9 e 15 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99).
1.1. – La ricorrente, preliminarmente, dà atto che il decreto citato è stato emanato in attuazione della delega contenuta nella legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) – già impugnata dalla Regione avanti a questa Corte – e che è volto a disciplinare le procedure relative alla localizzazione, realizzazione ed esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, nonché dei sistemi di stoccaggio dei relativi rifiuti.
Ciò premesso, la Regione Toscana sostiene che talune disposizioni del d.lgs. n. 31 del 2010 sarebbero lesive delle competenze regionali costituzionalmente garantite.
1.2. – In particolare, l'art. 4, nel prevedere che l'autorizzazione unica per la ostruzione e l'esercizio degli impianti nucleari sia rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro delle infrastrutture, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), non assicurerebbe «alcun ruolo incisivo alla Regione direttamente interessata alla localizzazione dell'impianto» come, invece, sarebbe necessario essendo coinvolte molteplici competenze regionali ed in particolare quelle relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, al turismo e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Tale previsione normativa contrasterebbe con gli artt. 117 e 118 Cost. così come interpretati dalla giurisprudenza costituzionale (sono citate le sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003), nonché con il principio di leale collaborazione.
Infatti, nel settore energetico, caratterizzato dalla interconnessione tra attribuzioni costituzionali dello Stato e delle Regioni, la «chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative» in materie di competenza regionale dovrebbe prevedere necessariamente un'intesa con la Regione direttamente interessata che è incisa dal provvedimento autorizzatorio. L'intesa con la Conferenza unificata potrebbe costituire strumento sufficiente solo in relazione alla adozione di norme legislative e di disposizioni generali, indirizzi e linee guida.
1.3. – La Regione Toscana impugna, inoltre, l'art. 8, comma 3, che disciplina la «definizione delle caratteristiche delle aree idonee alla localizzazione degli impianti nucleari» affidando ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico – di concerto con il Ministro dell'ambiente, il Ministro delle infrastrutture e il Ministro dei beni culturali – l'individuazione dello schema definitivo contenente i parametri esplicativi dei criteri tecnici. Avverso tale decreto, adottato secondo le procedure individuate dalla norma in esame, entro sessanta giorni dalla pubblicazione, possono presentare osservazioni «le Regioni, gli Enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati».
La ricorrente lamenta la grave lesione del ruolo delle Regioni che sarebbe assimilato a quello di un qualunque cittadino, senza che sia prevista alcuna intesa né con la singola Regione interessata, né con la Conferenza unificata. In tal modo sarebbe vanificata la competenza regionale nelle materie del governo del territorio, della tutela della salute, dell'energia, del turismo e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali, in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
1.4. – Nel ricorso si denuncia, altresì, l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, commi 6, 7, 8 e 10.
Tale disposizione, che disciplina il procedimento di certificazione dei siti da destinare alla localizzazione degliimpianti, al comma 5 prevede che il Ministro dello sviluppo economico sottoponga ciascuno dei siti certificati all'intesa della Regione interessata.
I successivi commi 6, 7 e 8 regolano l'ipotesi in cui l'intesa non sia raggiunta, stabilendo che si provveda alla costituzione di un Comitato interistituzionale, «i cui componenti sono designati in modo da assicurare una composizione paritaria, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da un lato, e dalla Regione, dall'altro, che assicura la presenza di un rappresentante del comune interessato. Le modalità di funzionamento del Comitato interistituzionale sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta del parere stesso; il Comitato opera senza corresponsione di compensi o emolumenti a favore dei componenti. Ove non si riesca a costituire il Comitato interistituzionale, ovvero non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa entro i sessanta giorni successivi alla costituzione del Comitato, si provvede all'intesa con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata. L'intesa ovvero il decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 6 operano anche in deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni interessate da ciascuna possibile localizzazione. Al termine della procedura di cui ai commi 4, 5 e 6, il Ministro dello sviluppo economico trasmette l'elenco dei siti certificati, sui quali è stata espressa l'intesa regionale o è intervenuto il decreto sostitutivo di intesa, alla Conferenza Unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che si esprime entro i termini di cui all'art. 3 del medesimo decreto legislativo e, comunque, non oltre sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta; in mancanza di intesa entro il predetto termine, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata, secondo quanto disposto dallo stesso art. 3, sulla base delle intese già raggiunte con le singole Regioni interessate da ciascun sito o sulla base dei decreti sostitutivi di intesa».
Ad avviso della Regione Toscana tali disposizioni disciplinerebbero il potere sostitutivo statale per il caso di mancato raggiungimento dell'intesa in modo lesivo delle attribuzioni regionali, in violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. L'autonomia e il ruolo di parità riconosciuti dalla Costituzione alle Regioni imporrebbe, infatti, di prevedere una codeterminazione paritaria del contenuto finale dell'atto e dunque un'intesa forte il cui mancato raggiungimento dovrebbe inibire la definizione del procedimento.
Anche il comma 10 dell'art. 11 violerebbe le attribuzioni costituzionali delle Regioni in quanto imporrebbe loro l'obbligo di adeguare il proprio Piano energetico ambientale entro 12 mesi dalla pubblicazione del decreto di approvazione dell'elenco dei siti certificati, e ciò tenendo conto dell'intesa ovvero del decreto sostitutivo della stessa.
1.5. – Sulla base delle medesime argomentazioni sarebbe incostituzionale, in quanto lesivo degli artt. 117, 118 e 120 Cost., anche l'art. 13, commi 11 e 12, che prevede un analogo potere sostitutivo nel caso di mancato raggiungimento dell'intesa relativa all'autorizzazione unica per la costruzione, l'esercizio degli impianti nucleari, nonché per lo stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi. Le disposizioni in esame stabiliscono che qualora in sede di conferenza di servizi non sia raggiunta l'intesa con un ente locale coinvolto nel procedimento, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, assegna all'ente un termine per esprimere l'intesa. Decorso inutilmente tale termine, è adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sostitutivo dell'intesa, previa delibera del
Consiglio dei ministri, cui partecipa il Presidente della Regione interessata. Nei trenta giorni successivi alla positiva conclusione dell'istruttoria, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro delle infrastrutture, rilascia con proprio decreto l'autorizzazione unica.
La ricorrente denuncia l'illegittimità costituzionale di tali previsioni richiamando la sentenza di questa Corte n. 62 del 2005 nella quale si afferma che ai fini della validazione, localizzazione e realizzazione dell'impianto deve essere preso in considerazione e adeguatamente tutelato l'interesse della Regione nel cui territorio l'opera è destinata ad essere ubicata.
Un procedimento analogo sarebbe previsto, altresì, dall'art. 27, commi 7, 8 e 9, i quali disciplinano il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione
e l'esercizio del Parco tecnologico. Ai fini della individuazione delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco, il comma 7 prevede che il Ministro dello sviluppo economico acquisisca l'intesa delle Regioni interessate. Ove questa non sia raggiunta, si procede alla costituzione di un Comitato interistituzionale ed eventualmente alla adozione di un decreto del Presidente della Repubblica sostitutivo di tale intesa (comma 8). Sulla proposta delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione oggetto dell'intesa regionale è, altresì, prevista l'acquisizione un'intesa meramente eventuale con la Conferenza unificata. In mancanza di essa, infatti, il Consiglio dei ministri provvede con deliberazione motivata (comma 9). In relazione alla fase concernente il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio del Deposito nazionale e a tutte le altre opere connesse comprese nel Parco, il comma 15 limiterebbe il ruolo delle Regioni alla partecipazione ai lavori della conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
Anche tali disposizioni – ad avviso della ricorrente – contrasterebbero con gli artt. 117, terzo comma, 118 Cost. e con il principio di leale collaborazione in quanto determinerebbero un sostanziale svuotamento delle intese con la Regione interessata,
necessarie a garantire la legittimità costituzionale della “chiamata in sussidiarietà” in capo allo Stato di funzioni amministrative inerenti a materie di competenza concorrente.
Le disposizioni impugnate violerebbero, altresì, l'art. 120 Cost. in quanto contemplerebbero un'ipotesi di potere sostitutivo straordinario del Governo al di fuori dei presupposti ivi individuati per i quali è necessario il verificarsi di un previo inadempimento dell'ente sostituito rispetto ad un'attività ad esso imposta come
obbligatoria. Tale non potrebbe considerarsi, invece, l'intesa che la Regione è chiamata a raggiungere per l'esercizio di una funzione amministrativa posta in capo allo Stato.
1.6. – La Regione Toscana impugna, infine, l'art. 20 il quale stabilisce che l'attività di gestione dei siti a seguito della disattivazione degli impianti compete esclusivamente alla società Sogin s.p.a.
Nonostante il coinvolgimento, anche in questa fase, di competenze regionali attinenti al governo del territorio, la norma non prevede alcuna partecipazione della Regione con conseguente violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
1.7. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ad avviso del resistente la lamentata lesione delle competenze regionali conseguente alla mancata previsione di un'intesa “forte” sarebbe insussistente dal momento che «la “materia” nucleare non tollera, di per sé» tale tipo di intesa in quanto comporterebbe il
riconoscimento di un «diritto di veto» che pregiudicherebbe l'attuazione delle scelte di politica nucleare. Ciò spiegherebbe l'esigenza di «lasciare l'ultima parola allo Stato» pur dopo avere coinvolto la Regione nel procedimento al fine di adottare scelte condivise.
Questa, d'altra parte, non potrebbe vantare alcun interesse «a sistemare la centrale in un posto piuttosto che in un altro invocando l'ambiente, il pericolo, etc. poiché questi non mutano con lo spostamento del luogo».
Inoltre – prosegue l'Avvocatura – non vi sarebbe lesione delle funzioni regionali dal momento che la disciplina della produzione, stoccaggio e deposito definitivo del materiale radioattivo atterrebbe alla materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema che compete in via esclusiva allo Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e in relazione alla quale solo questo potrebbe assicurare una visione globale.
Conseguentemente, proprio in forza dell'art. 118 Cost., la produzione di energia nucleare in Italia e la gestione delle relative problematiche potrebbe essere assicurata in modo adeguato solo a livello centrale.
Infondata sarebbe, infine, la censura avente ad oggetto l'art. 20 che affida alla società Sogin s.p.a. la gestione della sicurezza dell'impianto nucleare disattivato. Lo Stato, infatti, interverrebbe «con i propri mezzi e le proprie scelte per le stesse ragioni per cui agisce al momento dell'attivazione».
2. – Con ricorso notificato il 7 maggio 2010, e depositato il successivo 12 maggio 2010 (iscritto al reg. ric. n. 76 del 2010), la Regione Emilia-Romagna ha promosso, in riferimento agli artt. 76, 117, commi secondo, terzo e sesto, 118 e 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 31 del 2010 nella sua interezza, nonché con specifico riferimento all'art. 4, comma 1;
all'art. 5, comma 2; all'art. 8, comma 3; all'art. 9, comma 1, unitamente all'art. 8 comma 3; all'art. 11, comma 6; all'art. 13, commi 10, 11 e 12, in connessione con l'art. 4, comma 1; all'art. 19, commi 1 e 2; all'art. 20, comma 1; all'art. 27, commi 6, 8, 11, 14, 15 e 16.
La ricorrente premette di non contestare il potere statale di operare la scelta del «ritorno» all'energia nucleare, ma di difendere il ruolo delle Regioni in tutte le procedure in cui tale scelta deve essere attuata. La disciplina dettata dal decreto impugnato, infatti, incide in materie attinenti alla potestà legislativa concorrente regionale quali la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia, il governo del territorio, la tutela della salute e nelle quali (in particolare le prime due) la Regione Emilia-Romagna ha già emanato una propria disciplina legislativa.
2.1. – Ciò premesso, viene denunciato, innanzitutto, l'intero decreto legislativo per violazione dell'art. 76 Cost. dal momento che esso sarebbe stato adottato senza la preventiva acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.
Ciò risulterebbe dalle premesse dello stesso decreto nelle quali si dà atto che la seduta della Conferenza unificata «non si è tenuta». Tale circostanza è stata rilevata dal Consiglio di Stato in sede consultiva il quale ha qualificato tale parere come «atto prodromico essenziale per l'esercizio della specifica potestà delegata».
Osserva la ricorrente che il parere della Conferenza era dovuto in forza di una specifica previsione della legge delega n. 99 del 2009 che, all'art. 25, ne richiedeva espressamente la previa acquisizione seguita, successivamente, dal parere delle Commissioni parlamentari. Dunque, l'intero decreto sarebbe viziato per il mancato rispetto della procedura prevista dalla legge delega.
La ricorrente afferma la propria legittimazione a sollevare la censure in esame in ragione della ridondanza che il vizio denunciato determina sulle competenze regionali in quanto il parere costituiva lo strumento con cui la legge di delega prevedeva che le Regioni
partecipassero alla elaborazione del decreto legislativo.
2.2. – La Regione impugna, quindi, specifiche disposizioni del decreto e, innanzitutto, l'art. 5, comma 2 il quale stabilisce che con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono definiti i criteri esplicativi dei requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, esercizio e disattivazione dell'impianto.
Tale disposizione avrebbe disatteso la legge delega sotto il profilo della fonte cui avrebbe dovuto essere affidata l'individuazione di tali requisiti dal momento che essa rinvia ad una norma secondaria, anziché, come espressamente indicato nell'art. 25, ad un decreto legislativo. Ciò determinerebbe una violazione dell'art. 76 Cost. ed una compressione delle attribuzioni regionali. Infatti, poiché il citato art. 25 stabilisce che il Governo deve esercitare la delega «secondo le modalità ed i principi direttivi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59» – vale a dire secondo forme di azione
che tengano conto dei «principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, nella ripartizione delle attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nella istituzione di sedi stabili di concertazione e nei rapporti tra soggetti istituzionali ed i soggetti interessati, secondo i criteri dell'autonomia, della leale collaborazione, della responsabilità e della tutela dell'affidamento» – emergerebbe chiaramente la «diretta rilevanza degli interessi regionali coinvolti».
Per tale ragione la Regione sarebbe legittimata a far valere il vizio di eccesso di delega.
L'art. 5, comma 2 sarebbe incostituzionale anche sotto un ulteriore profilo, in quanto, cioè, non avrebbe dato attuazione alla delega omettendo di determinare i requisiti soggettivi. Il comma 3, infatti, si sarebbe limitato a riproporre i requisiti richiesti, in via generale, dalla normativa vigente per qualunque appaltatore concessionario pubblico.
2.3. – La Regione Emilia-Romagna impugna, poi, l'art. 8, comma 3. La ricorrente lamenta che nonostante che la definizione dei parametri per l'individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti nucleari debba essere fatta considerando attentamente la realtà locale, e nonostante che la procedura di localizzazione coinvolga competenze regionali – quali il governo del territorio, la tutela della salute, la protezione civile, le grandi reti di trasporti e navigazione, la produzione di energia elettrica e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali – non sarebbe prevista alcuna forma di idonea concertazione con le Regioni. Tale omissione contrasterebbe con quanto espressamente previsto da questa Corte nella sentenza n. 62 del 2005 in cui si precisa che ai fini della localizzazione e realizzazione dell'impianto è necessario dare adeguata tutela all'interesse della Regione nel cui territorio l'opera deve essere ubicata.
Anche l'art. 8, come già l'art. 5, violerebbe l'art. 76 Cost. e le prerogative regionali in quanto, discostandosi dall'art. 25 della legge di delega, rinvierebbe la determinazione dei criteri in questione ad un decreto ministeriale, anziché ad un decreto legislativo. A sostegno di tale censura la ricorrente svolge argomentazioni analoghe a quelle relative al citato art. 5.
2.3.1. – Viene poi impugnato, in combinato disposto con l'art. 8, comma 3, anche l'art. 9, comma 1, a norma del quale «la Strategia nucleare di cui all'articolo 3, insieme ai parametri sulle caratteristiche ambientali e tecniche delle aree idonee ai sensi del comma 3 dell'articolo 8, è soggetta alle procedure di valutazione ambientale strategica ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, nonché al rispetto del principio di giustificazione di cui alla Direttiva 96/29/EURATOM del Consiglio del 13 maggio 1996».
Poiché il decreto di cui all'art. 8 rappresenta il presupposto necessario per l'individuazione dei siti su cui saranno localizzati gli impianti nucleari, l'incostituzionalità di tale norma determinerebbe anche quella dell'art. 9, comma 1. Anche in tal caso, infatti, non sarebbe prevista alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni interessate con conseguente compressione delle loro prerogative costituzionali.
2.4. – È censurato, ancora, l'art. 11, comma 6, che, ad avviso della Regione Emilia- Romagna, prevederebbe l'esercizio del potere sostitutivo per il caso di mancato conseguimento dell'intesa con la Regione in sede di certificazione dei siti.
La giurisprudenza di questa Corte avrebbe chiarito che, ai fini delle localizzazioni nel territorio regionale di impianti di produzione di energia, sarebbe necessario prevedere intese “forti” (sono richiamate le sentenze n. 383 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). Non corrispondente a tale soluzione sarebbe la previsione contenuta nella norma impugnata secondo cui anche nel caso in cui il dissenso regionale sia oggettivamente giustificato e vi sia un comportamento collaborativo, «lo Stato abbia alla fine il potere unilaterale di “provvedere all'intesa”».
La previsione in esame sarebbe incostituzionale anche nella parte in cui richiede il mero parere, anziché l'intesa, della Conferenza unificata sul decreto che definisce le modalità di funzionamento del Comitato nominato in caso di mancato raggiungimento dell'intesa sulla certificazione dei siti.
In via subordinata, la ricorrente denuncia l'art. 11, comma 6, nella parte in cui prevede il potere di acquisizione forzata dell'intesa anche nelle ipotesi in cui questa non si raggiunga a causa di un comportamento non collaborativo dello Stato, come nel caso in cui gli organi statali rimangano inerti.
Sempre in via subordinata, la disposizione in esame è censurata nella parte in prevede che il potere sostitutivo statale «si traduca nel “provvedere all'intesa” con un atto unilaterale». Poiché l'intesa è per sua natura un atto bilaterale, ove dovesse ammettersi un potere sostitutivo unilaterale, esso non potrebbe denominarsi “intesa”.
2.5. – Ancora, la ricorrente impugna l'art. 4, comma 1, e l'art. 13, commi 10, 11 e 12, in quanto, nell'ambito della procedura per il rilascio dell'autorizzazione unica all'esercizio degli impianti nucleari non è prevista l'intesa “forte” con la Regione interessata. Anzi, neppure sembra essere prevista la necessità di un'intesa dal momento che nelle norme citate si prevede solo la circostanza che nella Conferenza di servizi possa non raggiungersi l'intesa con un ente locale coinvolto. D'altra parte, secondo la ricorrente, nell'ambito di detta Conferenza non vi sarebbe spazio per un intesa “forte”, dal momento che in essa è previsto «un potere decisionale finale unilaterale, che ne contraddice la natura».
In subordine, la Regione censura le disposizioni impugnate per «l'omissione in relazione alla autorizzazione unica della previsione dell'intesa della stessa Regione interessata nel quadro di una procedura corrispondente a quella prevista per la certificazione dei
siti, ovviamente emendata dalle illegittimità costituzionali che anche in relazione ad essa sono state sopra lamentate».
2.6. – È censurato, inoltre, l'art. 19, commi 1 e 2, per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. La disposizione in questione attribuisce al soggetto titolare dell'autorizzazione unica la responsabilità della gestione dei rifiuti radioattivi operazionali e del combustibile nucleare per tutta la durata dell'impianto e vincola tale soggetto al rispetto delle disposizioni vigenti nonché delle prescrizioni tecniche impartite dall'Agenzia per la sicurezza nucleare. Questa è un organo collegiale il quale non sarebbe tenuto a dare rilevanza ad interessi ed istanze regionali, né nella sua composizione sarebbe prevista alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni e ciò nonostante che venga in rilievo la competenza concorrente in materia di energia, di tutela della salute, di protezione civile, tutela della sicurezza del lavoro e della materia ambientale.
A quest'ultimo riguardo, la ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la natura trasversale dell'«ambiente», precisando che la competenza del legislatore statale atterrebbe alla fissazione di standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale senza escludere la competenza regionale in materia di potestà concorrente o residuale volta alla cura di interessi collegati con quelli propriamente ambientali.
La disciplina in questione, dunque, coinvolgerebbe materie nelle quali sarebbero inestricabilmente connesse competenze statali e regionali, e nelle quali, per il principio di leale collaborazione – quale interpretato dalla giurisprudenza costituzionale – sarebbe necessaria la predisposizione di procedimenti a cui tutte le istanze istituzionali coinvolte possano partecipare.
L'art. 19, invece, non prevede che le prescrizioni da emanarsi dalla Agenzia concernenti la gestione dei rifiuti radioattivi e il loro smaltimento siano definite di concerto con le Regioni interessate «per i profili attinenti alle modalità specifiche di gestione, trattamento, condizionamento e smaltimento dei rifiuti radioattivi», o quanto meno «previo parere della Conferenza unificata (in ordine alla definizione delle modalità generali di gestione, trattamento, condizionamento e smaltimento dei rifiuti radioattivi)».
Vi sarebbe, dunque una «illegittima attrazione a livello statale della competenza a disciplinare la materia sia sotto il profilo normativo sia sotto quello della regolamentazione di funzioni amministrative», nonché la lesione del principio di leale collaborazione per la mancata previsione di forme di raccordo e integrazione tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti.
2.7. – È denunciato, altresì, l'art. 20, comma 1 nella parte in cui non prevede che le modalità tecniche di disattivazione degli impianti siano definite d'intesa con le Regioni interessate «o, quanto meno in relazione alla determinazione dei profili generali, di concerto con la Conferenza unificata».
Le modalità di disattivazione degli impianti, infatti, coinvolgerebbero materie che appartengono alla competenza ripartita, quali la produzione, trasporto e distribuzione dell'energia, il governo del territorio, la protezione civile, la tutela della salute e l'ambiente. Pertanto lo Stato, in forza del principio di leale collaborazione, dovrebbe prevedere l'intesa con la Conferenza unificata per l'individuazione delle modalità essenziali e generali di disattivazione degli impianti.
Inoltre, la definizione delle modalità tecniche di detta disattivazione dovrebbe avvenire d'intesa con la Regione o le Regioni nel cui territorio gli impianti sono localizzati.
Dovrebbe poi trattarsi di un'intesa “forte”, come si desume dalla giurisprudenza costituzionale più volte richiamata.
2.8. – La Regione Emilia-Romagna deduce, ancora, l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 6, il quale disciplina l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del Parco tecnologico in cui dovrà insediarsi il deposito nazionale delle scorie radioattive.
La disposizione è censurata sotto due profili.
Innanzitutto, nella parte in cui essa affida ad un decreto ministeriale, da emanarsi previa acquisizione del parere tecnico dell'Agenzia, la approvazione della Carta delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco. Tale previsione contrasterebbe con l'art. 25 della legge di delega che rimette ad appositi decreti legislativi la determinazione di tale disciplina.
La norma impugnata, dunque, prevede una fonte normativa sottordinata rispetto a quella prevista dalla delega e che non è tenuta al rispetto dei requisiti di cui all'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e secondo le modalità definite dall'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) con conseguente diretta lesione delle competenze e degli interessi regionali.
In secondo luogo, la ricorrente censura il procedimento delineato dalla norma in questione in quanto, nonostante nella localizzazione del Parco siano coinvolti interessi regionali e siano investite le competenze in materia di governo del territorio, di tutela della salute, di protezione civile, grandi reti di trasporti, produzione e trasporto dell'energia e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, non sarebbe prevista alcuna forma di efficace partecipazione delle Regioni alla determinazione della Carta. In particolare, non sarebbe stato previsto il coinvolgimento della Conferenza unificata in sede di determinazione e approvazione della Carta nazionale, né quello della Regione interessata alla concreta localizzazione dell'impianto.
Del tutto insufficienti a realizzare un adeguato coinvolgimento delle istanze regionali sarebbero le statuizioni contenute nei commi 3, 4 e 5 del citato art. 27 dal momento che è prevista la semplice audizione delle osservazioni che comuni, province o regioni possono formulare in relazione al progetto preliminare della carta nazionale, «senza, tuttavia, che la Sogin s.p.a. o il Ministero, abbiano alcun obbligo sostanziale e formale di tener conto o recepire le istanze degli enti territoriali».
2.9. – È denunciata, poi, l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 8, il quale disciplina il mancato raggiungimento dell'intesa con le Regioni interessate relativamente alla localizzazione del Parco tecnologico.
Nonostante che, ad avviso della ricorrente, nel caso in questione venga in rilevo la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, sia pure intrecciata con la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, e dunque non si possa negare il potere statale di determinazione finale unilaterale, tuttavia si contesta sia la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza unificata sulle regole di funzionamento del Comitato interistituzionale, sia la mancata esclusione del potere sostitutivo nel caso in cui sia l'atteggiamento statale ad impedire la costituzione del comitato ovvero il raggiungimento dell'intesa. Si contesta, infine, la previsione di un'intesa formata unilateralmente dallo Stato anziché un semplice atto unilaterale.
2.10 – È impugnato, inoltre, l'art. 27, comma 11, nella parte in cui ai fini della localizzazione del sito per la realizzazione del parco tecnologico non è contemplata l'intesa con la Conferenza unificata nonostante l'interesse delle Regioni a partecipare alla corretta scelta del sito del deposito nazionale e del parco tecnologico.
2.11. – Infine, la ricorrente denuncia l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, commi 14, 15 e 16, per le stesse ragioni esposte in relazione al comma 11. Tali disposizioni, infatti, nel disciplinare il rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del suddetto deposito e di tutte le opere comprese nel parco tecnologico, non prevedrebbero l'intesa con la Conferenza unificata.
2.12. – Anche in tale giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Quanto alla censura avente ad oggetto l'intero decreto per mancata acquisizione del parere della Conferenza unificata, la difesa dello Stato sostiene che dalla premessa del decreto stesso emergerebbe che la Conferenza era stata appositamente convocata per la seduta del 27 gennaio 2010, la quale, però, è andata deserta. Secondo la resistente, lo Stato avrebbe sì l'obbligo di convocazione di tale soggetto, ma non quello di costringere i suoi componenti ad intervenire; d'altra parte, la semplice «diserzione» delle Regioni non potrebbe impedire l'adozione dell'atto, perché diversamente si riconoscerebbe loro un potere di veto assoluto non previsto dalla Costituzione.
Del pari infondata – «anche a prescindere dall'inammissibilità» – sarebbe la censura relativa all'art. 5, comma 2, il quale avrebbe affidato l'individuazione dei requisiti degli operatori ad un decreto ministeriale anziché ad un decreto legislativo. In realtà, dalla lettura complessiva dell'art. 5 emergerebbe come sia lo stesso decreto delegato ad individuare i criteri per operare tale scelta nonché le cause di esclusione, di tal che il decreto ministeriale avrebbe una funzione meramente applicativa di quanto già previsto dalla legge.
Analoghe ragioni determinerebbero l'infondatezza della censura relativa all'art. 8, comma 3: anche in tal caso, infatti, i criteri tecnici la cui determinazione è rimessa al decreto ministeriale costituirebbero una semplice specificazione di quelli dettati dallo stesso art. 8.
Riguardo alla censura concernente l'art. 9, il quale prevede i modi di attuazione della strategia nucleare, l'Avvocatura osserva come poiché essa è affidata dall'art. 3 allo Stato e tale disposizione non è stata impugnata, non sarebbe necessario alcun coinvolgimento regionale.
Infondate sarebbero anche le censure relative all'art. 11, nonché agli artt. 4 e 13 in relazione alla mancata previsione dell'intesa “forte”. La difesa dello Stato svolge al riguardo le medesime argomentazioni prospettate nella memoria depositata nel giudizio avente ad oggetto il ricorso della Regione Toscana.
Quanto alle questioni aventi ad oggetto gli artt. 19, 20 e 27, si osserva che la disciplina della produzione, fabbricazione, stoccaggio e deposito definitivo di materiale radioattivo atterrebbe alla materia della tutela dell'ambiente di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e che soltanto lo Stato potrebbe assicurare una visione globale delle problematiche connesse alle attività produttive con forte impatto ambientale. Proprio il principio di sussidiarietà, unitamente a quello di adeguatezza imporrebbe l'esercizio unitario a livello statale delle funzioni amministrative, atteso che gli enti locali, essendo portatori di interessi contrapposti (e in specie quello alla non installazione della censurale sul proprio territorio) non sarebbero in grado di assicurare il raggiungimento dell'obiettivo di consentire la produzione dell'energia nucleare in Italia.
2.13. – È intervenuta in giudizio l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS, con atto depositato il 28 giugno 2010.
Quanto alla propria legittimazione ad intervenire, la difesa di WWF Italia sostiene che l'interesse alla tutela dell'ambiente, ancorché formalmente estraneo rispetto ai giudizi,
«inerisce immediatamente al rapporto sostanziale», in quanto la decisione di questa Corte «eserciterebbe un'influenza diretta con effetti rilevanti sulla posizione soggettiva dell'Associazione».
Nel merito, la interveniente non solo contesta la scelta dello Stato di tornare all'energia nucleare, ma lamenta che ciò avvenga senza una adeguata partecipazione delle Regioni e delle comunità locali in ordine alla localizzazione degli impianti.
In particolare l'interveniente ripropone le medesime censure prospettate dalla Regione Emilia-Romagna. L'intero decreto legislativo sarebbe incostituzionale per la mancata acquisizione del parere della Conferenza unificata, mentre l'art. 5, comma 2 contrasterebbe con l'art. 25 della legge delega n. 99 del 2009 in quanto rimanda ad un decreto ministeriale la fissazione dei requisiti soggettivi per lo svolgimento dell'attività di costruzione, esercizio e disattivazione degli impianti, anziché ad un decreto legislativo.
Analoghe censure sono proposte in relazione all'art. 8, comma 3, il quale, nel rinviare a un decreto ministeriale la individuazione dello schema dei parametri esplicativi dei criteri tecnici per la localizzazione degli impianti, ometterebbe ogni forma di coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali.
Altrettanto lesivo delle prerogative regionali – a detta dell'interveniente – sarebbe l'art. 11, comma 6, sulla certificazione dei siti non essendo prevista un'intesa “forte” con la Regione. Inoltre, il rinvio ad un Comitato interistituzionale per il superamento del dissenso sarebbe vanificato dalla previsione che affida la determinazione delle sue modalità di funzionamento ad una delle parti in causa.
3. – Con ricorso notificato il 7 maggio 2010 e depositato il successivo 14 maggio 2010 (iscritto al reg. ric. n. 78 del 2010), anche la Regione Puglia ha promosso, in riferimento agli artt. 76, 117, 118 e 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale dell'intero d.lgs. n. 31 del 2010, nonché dell'art. 4, dell'art. 5, commi 1 e 2, dell'art. 8, dell'art. 11, commi da 5 a 10, dell'art. 13, commi 10 e 11.
Preliminarmente la ricorrente sostiene che l'oggetto di disciplina del decreto impugnato sarebbe riconducibile alla materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia e a quella del governo del territorio, entrambe rientranti nella potestà
legislativa concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.
3.1. – Ciò posto, la Regione eccepisce innanzitutto l'incostituzionalità dell'intero d.lgs. n. 31 del 2010 per violazione della legge delega e, conseguentemente, dell'art. 76 Cost., nonché degli artt. 117 e 118 Cost. Infatti, disattendendo l'espressa previsione contenuta nell'art. 25 della legge delega, non sarebbe stato acquisito sullo schema di decreto il parere della Conferenza unificata, che costituiva «atto prodromico essenziale per l'esercizio della potestà delegata».
Tale omissione avrebbe impedito alle Regioni di partecipare all'iter legislativo, benché esso inerisse all'esercizio della potestà legislativa concorrente e alla disciplina di funzioni amministrative incidenti su interessi territoriali riferibili alle Regioni medesime.
3.2. – Quanto all'art. 5, comma 2, la ricorrente denuncia l'affidamento ad una fonte di normazione secondaria l'individuazione dei requisiti soggettivi per l'attività di costruzione, esercizio e disattivazione degli impianti, laddove la legge delega
prescriveva il ricorso a decreti legislativi.
Tale previsione violerebbe l'art. 76 Cost. e lederebbe le prerogative regionali dal momento che ai fini dell'adozione del decreto delegato sarebbe stata necessaria la previa acquisizione del parere della Conferenza unificata. Di qui la violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. e del principio di leale collaborazione e di sussidiarietà.
3.3. – La Regione Puglia, inoltre, censura il d.lgs. n. 31 del 2010 nella parte in cui, ai fini della localizzazione e dell'autorizzazione alla realizzazione degli impianti, «circoscrive il coinvolgimento delle Regioni alla formulazione di meri pareri».
In particolare, l'art. 8, comma 2, rimette la determinazione dei criteri localizzativi delle aree potenzialmente da destinarsi agli impianti nucleari all'autorità statale senza la effettiva partecipazione delle Regioni che possono solo proporre mere osservazioni.
Il procedimento per la certificazione dei siti, di cui all'art. 11, commi da 5 a 10, contempla un'intesa “debole” con la Regione interessata. Inoltre, la procedura prevista per il mancato raggiungimento di tale intesa si conclude con un decreto sostitutivo che opera anche in deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni. Il comma 8 stabilisce poi che l'elenco dei siti certificati sia trasmesso alla Conferenza unificata e che, in mancanza di intesa con tale soggetto, provvede il Consiglio dei ministri.
In sostanza, ad avviso della ricorrente, nonostante l'apparente coinvolgimento delle Regioni, il decreto introdurrebbe procedimenti volti al «superamento unilaterale e imperativo del dissenso o del mancato pronunciamento delle autonomie regionali», anche con «effetti modificativi cogenti» sulla programmazione energetica nazionale, ai sensi dell'art. 11, comma 10.
Analoghe considerazioni la Regione svolge in relazione all'art. 13, comma 11, avente ad oggetto il procedimento per il rilascio delle autorizzazioni. In tale ambito, alle Regioni non sarebbe neppure richiesta la partecipazione alla formazione dell'intesa, ma soltanto l'intervento ai lavori del Consiglio dei ministri preordinati alla emanazione della deliberazione presupposta al d.P.C.m. sostitutivo dell'intesa.
In definitiva, conclude la ricorrente, il decreto impugnato disciplinerebbe materie di potestà concorrente senza limitarsi alla fissazione di principi fondamentali, avocando allo Stato «consistenti ambiti di potestà amministrativa», di normazione secondaria e di
pianificazione di competenza regionale; tutto ciò senza predisporre un meccanismo idoneo ad assicurare alla Regione un ruolo di codecisione paritaria.
3.4. – Anche nel presente giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale, nel contestare le censure svolte dalla ricorrente, svolge le medesime argomentazioni addotte nell'atto di costituzione nel giudizio instaurato con ricorso della Regione Emilia- Romagna.
3.5. – È intervenuta in giudizio l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS, con atto depositato fuori termine l'8 luglio 2010.
L'interveniente osserva che benché il decreto n. 31 del 2010 intervenga in materie di potestà concorrente, quali il governo del territorio e la produzione dell'energia, il legislatore avrebbe sottratto i poteri amministrativi spettanti alle Regioni senza garantire loro una partecipazione paritaria attraverso la previsione di intese “forti”.
In particolare, il WWF propone le medesime censure svolte dalla Regione Emilia-Romagna in relazione sia all'illegittimità dell'intero decreto per la mancata acquisizione del parere della Conferenza unificata, sia in relazione alla lesione delle competenze delle Regioni operata dagli artt. 5 e 8.
4 – In tutti i giudizi è intervenuta Enel s.p.a., la quale, con atti di identico contenuto, ha chiesto che le sollevate questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili e infondate, riservando a successive memorie la compiuta articolazione delle proprie difese.
5. – In prossimità dell'udienza pubblica la Regione Toscana ha depositato una memoria al fine di ulteriormente argomentare in merito alle prospettate doglianze.
5.1. – In via preliminare, la difesa regionale ribadisce il corretto inquadramento materiale del contestato intervento normativo: le impugnate disposizioni ricadono nell'ambito, di competenza concorrente, della produzione dell'energia, come riconosciuto
da questa Corte con la sentenza n. 278 del 2010.
Al riguardo, la ricorrente contesta la tesi del resistente secondo cui la asserita “materia” del nucleare non tollererebbe una intesa in senso forte tale da consentire alle Regioni di opporre un vero e proprio veto. Non di veto si tratterebbe, bensì della possibilità per le Regioni di rendere la scelta del nucleare compatibile con i rispettivi assetti territoriali.
5.2. – Per quanto concerne l'impugnazione dell'art. 4 del d.lgs. n. 31 del 2010, la Regione ricorrente evoca la giurisprudenza di questa Corte in tema di attrazione in sussidiarietà allo scopo di dimostrare come l'intesa con la Conferenza unificata, quivi contemplata, non appaia adeguata. La denunciata opzione normativa «può costituire lo strumento sufficiente a fronte di norme legislative e di disposizioni generali, indirizzi, criteri e linee guida perché tutte queste hanno ad oggetto misure generali rivolte all'intero sistema delle autonomia; viceversa, a fronte dello specifico atto autorizzatorio, è costituzionalmente indispensabile l'intesa con la Regione interessata».
5.3. – In ordine alla doglianza avente ad oggetto l'art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 31 del 2010, la ricorrente ribadisce che negli ambiti materiali incisi dalla disciplina in parola, a cominciare dalla produzione dell'energia, le Regioni non possono essere abilitate alla mera presentazione di osservazioni. Alla luce di quanto statuito dall'adìta Corte nella sentenza n. 278 del 2010, il coinvolgimento della Conferenza unificata può concretizzarsi anche nella sola formulazione di un parere obbligatorio. Al contrario, la censurata disposizione non contempla neppure tale forma di leale collaborazione.
5.4. – In merito alle questioni di costituzionalità relative agli artt. 11, commi 6, 7, 8 e 10; 13, commi 11 e 12; 27, commi 7, 8, 9 e 15, del decreto legislativo in oggetto, la Regione Toscana conferma le doglianze già esposte nel ricorso.
In particolare, è denunciata l'attivazione del potere sostitutivo in caso di mancato raggiungimento dell'intesa con la Regione interessata. Detto potere svilirebbe il carattere forte di tale intesa, come strumento per la codeterminazione paritaria del contenuto finale dell'atto.
5.5. – Infine, quanto alla impugnazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 31 del 2010, per la difesa regionale l'attività di gestione dei siti, a seguito della disattivazione degli impianti, sarebbe stata illegittimamente devoluta, in via esclusiva, alla Sogin s.p.a., «nonostante le evidenti ricadute e l'intreccio che una siffatta attività presenta con le competenze legislative ed amministrative delle Regioni».
6. – Ad ulteriore supporto alle argomentazioni sviluppate nel ricorso, anche la Regione Emilia-Romagna ha depositato due memorie in prossimità dell'udienza.
6.1. – Con la prima, la ricorrente ha lamentato l'inammissibilità dell'intervento, nell'odierno giudizio di costituzionalità, della società Enel s.p.a., alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte.
6.2. – Con la seconda memoria, la Regione Emilia-Romagna ha ribadito e ulteriormente motivato in merito alle prospettate doglianze.
6.2.1. – La difesa regionale ha, innanzitutto, ribadito la sospetta incostituzionalità dell'impugnato decreto legislativo per violazione dell'art. 76 Cost., essendo stata omessa la previa acquisizione del parer obbligatorio della Conferenza unificata.
In punto di fatto, la ricorrente lamenta che la prevista riunione del 27 gennaio 2010 non si è tenuta, «né il Governo si è fatto carico di indirne una nuova né prima né dopo la trasmissione dello schema di decreto legislativo alle Commissioni parlamentari». La controparte non fornisce, peraltro, alcun elemento di fatto idoneo ad acclarare la reale dinamica degli accadimenti rilevanti a tal fine.
Pertanto, «dal mancato rispetto della procedura prevista dalla legge di delega per l'emanazione del decreto legislativo, si origina (…) un vizio di legittimità costituzionale che necessariamente inficia l'intero atto».
6.2.2. – Quanto alla impugnazione dell'art. 5 del d.lgs. n. 31 del 2010, in punto di ammissibilità della questione la difesa regionale obietta all'Avvocatura dello Stato che la denunciata violazione dell'art. 76 Cost. è potenzialmente idonea a determinare una grave lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alle Regioni.
Nel merito, l'emanazione di un decreto ministeriale, in luogo di un decreto delegato, per la definizione dei previsti «criteri esplicativi» costituirebbe – secondo la ricorrente – un esercizio della delega palesemente difforme da quanto previsto dall'art. 25 della legge n. 99 del 2009. La fonte abilitata a procedere a tale definizione non è destinata a porre norme meramente esecutive, «andando, al contrario, a definire e, in parte, ad integrare i requisiti che la legge di delegazione voleva fossero disciplinati con atto avente forza di legge.
6.2.3. – La Regione Emilia-Romagna, poi, riafferma l'incostituzionalità dell'art. 8, comma 3, del decreto legislativo in oggetto, non contemplando alcuna forma di adeguato coinvolgimento delle Regioni interessate alla individuazione delle aree potenzialmente destinate alla localizzazione degli impianti nucleari.
E lo stesso ragionamento è riproposto in merito alla impugnazione del combinato disposto dell'art. 8, comma 3, e dell'art. 9, comma 1, versandosi in un ambito materiale in cui la rilevanza assunta dagli interessi regionali «appare di tutta evidenza».
6.2.4. – Sulla censura dell'art. 11, la ricorrente conferma la propria tesi circa la natura “forte” dell'intesa ivi prevista, con conseguente illegittimità della previsione che demanda ad una decisione unilaterale il rimedio al veto opposto dalle Regioni.
6.2.5. – Gli artt. 4 e 13, commi 10, 11 e 12, sarebbero parimenti incostituzionali in quanto, come riaffermato dalla ricorrente, non configurano alcuna intesa con la Regione interessata. A questa conclusione la difesa regionale perviene evocando la sentenza n. 278 del 2010, dalla quale si deduce che, pur in assenza della apposita previsione nella legge di delega, il decreto legislativo avrebbe dovuto prevedere la suddetta intesa.
6.2.6. – Infine, quanto alla impugnazione degli artt. 19, 20 e 27 del decreto legislativo in parola, la difesa regionale ribadisce la necessità, costituzionalmente sancita, di contemplare adeguate forme di coinvolgimento delle istituzioni regionali.
7. – Anche la Regione Puglia ha depositato in termini una memoria integrativa allo scopo di confermare e puntualizzare le doglianze già formulate nel ricorso.
7.1. – Non ritenendo di affermare la sussistenza di un obbligo generale di conformazione del procedimento legislativo al principio di leale collaborazione – peraltro, più volte escluso da questa Corte – la ricorrente lamenta che, nel caso di specie, sarebbe stato disatteso l'obbligo di acquisire il previo parere della Conferenza unificata, come prescritto dalla legge di delega.
Quanto alla obiezione della parte resistente, secondo cui lo Stato aveva l'obbligo di convocare la predetta Conferenza e non di costringere i suoi componenti a parteciparvi, la difesa regionale replica osservando che: a) la legge di delega imponeva il rispetto di un preciso iter procedimentale, scandito da fasi puntualmente determinate; b) il mancato svolgimento, in quella data, della riunione della Conferenza unificata non è un motivo valido per disapplicare la norma di delega. Al più, il Governo avrebbe potuto adire questa Corte in sede di conflitto di attribuzioni per censurare la condotta ostruzionistica di quell'organo collegiale.
7.2. – Premessa una ricostruzione della giurisprudenza di questa Corte in tema di attrazione in sussidiarietà e individuati i punti salienti della sentenza n. 278 del 2010 specie in ordine all'intesa “forte”, la Regione Puglia si duole della mancata previsione di adeguati meccanismi di coinvolgimento delle Regioni ai fini della localizzazione e dell'autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di produzione di energia nucleare.
Questa doglianza è riproposta in relazione alle contestate previsioni dell'art. 11 del d.lgs. n. 31 del 2010, che disciplina gli adempimenti funzionali alla certificazione dei siti da destinare all'insediamento degli impianti nucleari. La disciplina per il superamento del dissenso non risponderebbe alla «irrinunciabile esigenza che risulti garantita la permanente posizione di paritarietà delle parti coinvolte».
Analogo iter argomentativo è, poi, seguito in relazione ai censurati artt. 4, comma 1, e 13, commi 10 e 11, sul rilascio dell'autorizzazione unica, al fine di contestare la mancata previsione di una intesa “forte”: secondo la difesa regionale i decreti delegati «avrebbero dovuto necessariamente prevedere l'introduzione di idonee forme partecipative della singola Regione all'eventuale esercizio del potere sostitutivo del Governo nelle ipotesi di mancata intesa».
7.3. – La Regione Puglia, inoltre, ribadisce la denunciata devoluzione ad una fonte secondaria – ex artt. 5 e 8 del decreto legislativo in esame – del compito di stabilire i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività qui considerate e di definire le
caratteristiche delle aree idonee alla localizzazione degli impianti nucleari. Si tratterebbe di un rinvio incompatibile con la direttiva enunciata nella legge di delega.
8. – La difesa di Enel s.p.a. ha depositato, nei tre giudizi, altrettante memorie, integrando i rilievi già formulati nell'atto di intervento.
9. – Anche l'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) ONLUS ha depositato una memoria integrativa.
10. – Con un'unica memoria, depositata in prossimità dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver riassunto i passaggi rilevanti della sentenza n. 278 del 2010, ha ulteriormente argomentato in ordine alle questioni di costituzionalità sollevate dalle tre ricorrenti.
10.1. – L'Avvocatura dello Stato premette un inquadramento materiale delle disposizioni che compongono la disciplina in esame, alla luce della sentenza n. 278 del 2010, al fine di dimostrare che solo una parte di essa è inclusa nel settore, di competenza concorrente, della produzione dell'energia, mentre il resto appartiene alla competenza esclusiva del legislatore statale.
Tra i principi fondamentali dettati dalla legge n. 99 del 2009 vi sarebbe quello della apertura di tutto il territorio nazionale al nucleare, con conseguente «inesistenza per le Regioni di un diritto di veto».
10.2. – La parte resistente contesta, innanzitutto, la doglianza relativa all'impugnazione dell'intero testo del d.lgs. n. 31 del 2010 per omessa acquisizione del parere della Conferenza unificata.
La questione sarebbe inammissibile non trattandosi di impugnazione sollevata per ragioni di competenza. Nel merito, dagli atti depositati in giudizio risulterebbe che la predetta Conferenza fu convocata «ma gli inviti e le convocazioni restarono disattesi».
10.3. – Per quanto concerne l'impugnazione dell'art. 4, secondo la difesa dello Stato le ricorrenti avrebbero omesso di considerare che «di quel coinvolgimento per l'autorizzazione unica è ampia previsione nell'art. 11».
10.4. – La lamentata violazione dell'art. 76 Cost., ad opera del censurato art. 5 del d.lgs. n. 31 del 2010, non dovrebbe, poi, trovare ingresso nell'odierno giudizio, trattandosi di vizio non deducibile. Per l'Avvocatura dello Stato, il decreto esplicativo
quivi previsto «è logico corollario di una funzione di coordinamento e di raccolta di elementi che lo Stato ben può attribuire a se stesso pur nelle materie di competenza concorrente».
10.5. – Le motivazioni addotte dalle ricorrenti a sostegno della asserita incostituzionalità dell'art. 8 non coglierebbero nel segno, a detta della parte resistente, in quanto oggetto della impugnata previsione è la definizione dei requisiti delle aree potenzialmente idonee all'insediamento degli impianti nucleari: «requisiti e idoneità potenziali che tocca allo Stato stabilire perché attengono al principio fondamentale – come tale riconosciuto dalla sentenza n. 278/10 – del coinvolgimento di tutto il territorio nazionale nel momento della produzione dell'energia nucleare». Non si tratta, invero, di disporre l'allocazione di un impianto.
Quanto, poi, al correlato art. 9, la doglianza sarebbe inammissibile, per genericità e, comunque, infondata, essendo provvedimenti propri dello Stato irrilevanti ai fini della distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni.
10.6. – Il denunciato art. 11, a detta della difesa dello Stato, contempla un adeguato meccanismo di superamento del dissenso in caso di mancato raggiungimento dell'intesa con la Regione interessata. Il coinvolgimento delle istituzioni regionali è sì necessario, ma «non esiste un modulo unico». La Regione è chiamata ad esprimere una volontà “procedimentalizzata” al fine di partecipare «realmente e lealmente» al procedimento in questione. L'intesa “forte” non può arrestarsi al diniego, essendo indispensabile configurare un meccanismo di superamento della situazione di stallo che verrebbe così a determinarsi. Non si verserebbe, dunque, in una ipotesi di «atto sostitutivo di intesa», bensì di ripristino di un meccanismo davvero informato al principio di leale collaborazione.
10.7. – In merito alle questioni aventi per oggetto l'art. 13, l'Avvocatura dello Stato obietta che le impugnate disposizioni seguono ad un procedimento – ex art. 11 – per il quale già sono stati individuati i siti sia in astratto che in concreto «e si tratta di
dare attuazione a quanto già accertato e deciso».
Diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti, l'intesa forte è già contemplata per l'individuazione del sito, «che è tutto approvato per l'impianto». Sicché, «non avrebbe senso un'altra “intesa forte” per stabilire dove, nel sito approvato, vada in concreto allocato l'impianto».
10.8. – La questione di costituzionalità avente per oggetto l'art. 19, commi 1 e 2, sarebbe, a detta del Presidente del Consiglio dei ministri, infondata versandosi in un ambito, quale quello della tutela dell'ambiente, di competenza esclusiva dello Stato. Il legislatore statale ben può definire ed organizzare gli opportuni controlli tecnici volti a verificare il rispetto dei procedimenti in parola. Gli atti dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, ove ritenuti lesivi delle attribuzioni regionali, ben potrebbero essere impugnati con gli ordinari rimedi giurisdizionali.
10.9. – Quanto alla disattivazione degli impianti, di cui al censurato art. 20, comma 1, per l'Avvocatura dello Stato la ricorrente avrebbe dovuto, peraltro, impugnare l'art. 26 che meglio definisce le competenze della società Sogin s.p.a.
10.10. – La netta prevalenza delle competenze esclusive statali renderebbe, a detta della parte resistente, infondata la doglianza relativa all'art. 27, comma 6, giacché, quanto al trattamento dei rifiuti radioattivi, sarebbero comunque previste adeguate forme di coinvolgimento delle autorità regionali.
Analoghe conclusioni sono ribadite in merito alle altre denunciate previsioni dell'art. 27.
11. – Con memoria depositata fuori termine, Enel s.p.a. ha ribadito le proprie posizioni, anche alla luce di recenti pronunce di questa Corte.
Considerato in diritto
1. – Il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99), è stato oggetto di tre distinti ricorsi regionali.
Più precisamente, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Puglia hanno censurato l'intero testo del decreto, lamentando la violazione dell'art. 76 Cost. e del principio di leale collaborazione. Le stesse Regioni e la Regione Toscana hanno, poi, impugnato alcune
specifiche disposizioni, in relazione a molteplici parametri.
2. – Considerato che i ricorsi sono diretti in larga parte contro le medesime disposizioni e pongono questioni analoghe, i giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3. – Le questioni di costituzionalità sottoposte al sindacato di questa Corte dalle odierne ricorrenti possono essere ordinate in tre distinte aree tematiche, cui corrispondono altrettante doglianze generali: I) impugnazione dell'intero d.lgs. n. 31 del 2010; II) modalità di coinvolgimento delle Regioni; III) disciplina del potere sostitutivo.
3.1. – I) Nella prima area tematica (che verrà trattata, infra, nei paragrafi 5 e ss.) rientra l'impugnazione dell'intero decreto legislativo in oggetto ad opera delle Regioni Emilia-Romagna e Puglia, le quali lamentano la violazione dell'art. 76 Cost. e del principio di leale collaborazione non avendo il Governo previamente acquisito il parere della Conferenza unificata prescritto dall'art. 25, comma 1, della legge delega 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia)3.2. – II) La seconda area tematica (che verrà trattata, infra, nei paragrafi 6 e ss.) abbraccia, in relazione a diverse disposizioni del d.lgs. n. 31 del 2010, le doglianze con cui si denuncia l'inadeguatezza del coinvolgimento delle Regioni nei diversi momenti in cui si articola il procedimento relativo alla localizzazione, alla realizzazione ed all'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi.
Più precisamente, sono censurati:
II.A.1) l'art. 4, secondo cui «la costruzione e l'esercizio di impianti nucleari sono considerate attività di preminente interesse statale e come tali soggette ad autorizzazione unica che viene rilasciata, su istanza dell'operatore e previa intesa con la Conferenza unificata, con decreto del Ministro della sviluppo economico di concerto con
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo», il quale violerebbe gli a
08-02-2011 00:00
Richiedi una Consulenza