Bancarotta fraudolenta: si configura il reato se le attrezzature dell'impresa sono scomparse. Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Sent. del 07.11.2011, n. 40085
Rilevato in fatto
La CdA di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale M. G. fu condannato alla pena di giustizia, oltre risarcimento del danno alla costituita PC, in quanto riconosciuto colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta ai sensi degli art. 216, 219,223 l. fall. con riferimento all'art. 2623 c.c.
Con il ricorso, il difensore deduce violazione di legge e carenza dell'apparato motivazionale. La CdA sostiene che l'appellante non avrebbe addotto motivazioni a sostegno della sua impugnazione, evidentemente non considerando la ritrattazione del B. in ordine ai libri contabili e alla sue dichiarazioni, in base alle quali le attrezzature “compaiono per i cantieri”. Nessuna prova, dunque, risulta acquisita con riferimento alla addebitata sottrazione delle dette attrezzature.
Quanto ai rapporti tra la fallita e la srl B., è emerso che questa ultima tratteneva il 3% dei crediti ceduti, restituendo il residuo, una volta riscosso. Non può quindi parlarsi di condotta distrattiva.
E' poi stata trascurata la condotta del M., volta al recupero dei crediti della società poi fallita e della sua assoluta disponibilità verso la Curatela, allo scopo di documentare la consistenza delle riserve. Lo stesso poi accese, a suo tempo, ipoteca volontaria sui suoi beni, allo scopo di non far fallire la società.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
La sentenza impugnata evidenzia con chiarezza quale sia stata la condotta distrattiva e dissipatoria dell'imputato.
Innanzitutto, fu dato in locazione alla Immobiliare B. per il canone di lire un milione al mese, per il lungo periodo di 14 anni, un capannone, che poi fu venduto per ben 600 milioni di lire dalla Curatela.
In secondo luogo, furono ceduti, a condizioni tutt'altro che favorevoli, crediti vantati dalla M. Costruzioni srl alla stessa B., a fornitori ed a banche.
In terzo luogo, si constatò la “scomparsa” delle attrezzature. In relazione a tale evento, non può certo ritenersi giustificazione valida quella in base alla quale le predette attrezzature “camminano per i cantieri”.
La frase (e il concetto), oltre a mostrare un sottile senso di irrisione, nulla chiariscono e nulla spiegano. Sarà pur vero che dette attrezzature vengono spostate, secondo le necessità, da un cantiere all'altro, ma, trattandosi di beni strumentali di valore, tale cammino dovrebbe essere “tracciabile”, atteso che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il mancato reperimento in bonis di cespiti e attrezzature dei quali il fallito ha certamente avuto la disponibilità rappresenta, in mancanza di una convincente ed esaustiva indicazione/spiegazione della loro “sorte”, elemento sintomatico della distrazione degli stessi (da ultimo. ASN 201035882-RV 248425).
Quanto al tentativo di recupero crediti e alla accensione di ipoteca (atti, evidentemente, di nessuna utilità pratica), essi rappresentano un post factum irrilevante ai fini della configurazione del reato.
Lo stesso dicasi della “messa a disposizione” dell'imputato nei confronti del curatore. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue condanna alle spese del grado e al versamento di somma a favore della Cassa ammende. Si stima equo determinare detta somma in € 1000.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Depositata in Cancelleria il 07.11.2011
11-11-2011 00:00
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