Avvocato chiama in giudizio un collega senza avvisarlo prima. Secondo la Suprema Corte a Sezioni riunite non si ravvisa illecito disciplinare.
Avvocato chiama in giudizio un collega senza avvisarlo prima. Secondo la Suprema Corte a Sezioni riunite non si ravvisa illecito disciplinare.
Corte di Cassazione Sez. Unite Civ. - Sent. del 05.11.2011, n. 25930
Svolgimento del processo
L'avv. A. propone ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione, affidato a tre motivi, avverso la decisione del CNF che, in parziale modifica della decisione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Torino, gli ha inflitto la sanzione dell'avvertimento.
Il COA di Torino, a seguito di esposto dell'avv. F.G.S. ed all'esito di complessa attività di indagine (relativa alla pubblicazione 31.5.2007 sul The Wall Street Journal del contenuto sintetico della citazione 28.5.2007, notificata il 1.6.2007, che la cliente M.d.P. dell'avv. A. aveva proposto a carico dell'esponente) ebbe a contestare all'avv. A. la violazione degli artt. 18 II cpv. e 22 II cpv. del CDF per avere proposto il giudizio verso il collega senza prima avvisarlo, per avere dato alla stampa notizia della proposizione prima del deposito degli atti allegati alla citazione, per avere abusato del nome della cliente per accreditare la propria competenza professionale.
Con decisione 2.10.2008 il COA di Torino ha quindi inflitto la sanzione della censura, affermando la propria competenza territoriale e ravvisando le contestate violazioni del CDF.
Il CNF adito con decisione 13.12.2010 ha attenuato la sanzione in quella dell'avvertimento dopo aver condiviso la statuizione del COA sulla competenza territoriale: ha invero affermato la piena sussistenza dei profili di cui all'art. 22 II cpv. del CDF (la ingiustificata piena omessa previa comunicazione al collega della citazione), quanto al capo 1), e dell'art. 18 II cpv, quanto al capo 3), relativo al comunicato stampa del 31.5.2007. Il CNF ha invece assolto l'incolpato dalla censura afferente la comunicazione al Wall Street Journal della azione intrapresa (capo 2).
Per la cassazione di tale decisione l'avv. A. ha proposto ricorso 23.6.2011 censurando la decisione stessa per eccesso di potere, per vizio di motivazione e per violazione della regola della competenza territoriale (che avrebbe visto radicata in Milano la competenza del COA a decidere).
Motivi della decisione
1.- Con il terzo motivo, da esaminare preliminarmente pur tenuto conto delle considerazioni del professionista riguardo ai motivi per cui tale tema è trattato in ricorso per ultimo, sotto il profilo della violazione dell'art. 38, secondo comma, del RDL 27 novembre 1933, n. 1578, il ricorrente contesta la competenza dell'Ordine torinese, assumendo che tanto l'illecito di cui all'art. 22 del CDF, quanto quello di cui all'art. 18, contestato al capo 3), si sarebbero compiuti a Milano.
1.1.- Il mezzo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Per quanto riguarda l'incolpazione di cui al capo l, è infatti evidente - in ciò correggendo la motivazione della decisione del CNF, ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. - che il luogo in cui è stato commesso il fatto non può che coincidere, in relazione all'art. 22, secondo comma, del CDF, con il luogo in cui l'avvocato è stato convenuto in giudizio senza tempestiva comunicazione scritta preventiva, in quanto solo con l'instaurazione del giudizio si perfeziona l'illecito disciplinare, a nulla rilevando che colui al quale detto illecito è contestato risieda altrove ed ivi abbia verosimilmente redatto l'atto introduttivo del giudizio, trattandosi di attività solo preparatoria dell'illecito.
Per quanto riguarda invece il terzo capo di incolpazione il mezzo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Il motivo si fonda infatti sul tenore letterale del comunicato stampa in questione, assumendosi che da esso emergerebbe la mancanza di prova riguardo al fatto che il comunicato stesso sia stato redatto o trasmesso a Torino, cosicché la mancata trascrizione integrale - ivi compresa la firma - di detto comunicato preclude al giudice di legittimità di valutare la fondatezza delle censure.
2.- Con il primo motivo, sotto il profilo della violazione dell'art. 22 del CDF, il ricorrente assume, tra l'altro, che l'avv. F.G.S non era stato convenuto in giudizio per fatti attinenti all'esercizio della professione.
2.1.- Il mezzo è fondato.
È pacifico che l'avv. F.G.S è stato convenuto in giudizio in quanto, nella prospettazione dell'attrice, avrebbe gestito il patrimonio di G.A. prima e dopo la sua morte, insieme con il dott. G. ed il sig. M.
Premesso che la norma di cui all'art. 22 del CDF va interpretata restrittivamente, attribuendo ad una categoria di cittadini - gli avvocati - un diritto ad essere preavvisati delle altrui iniziative giudiziarie non riconosciuto alla generalità dei consociati, deve escludersi che il giudizio, instaurato nei termini suindicati, avesse ad oggetto «fatti attinenti all'esercizio della professione», non potendo certamente intendersi come atto di esercizio della professione una attività per la quale non è richiesta l'iscrizione all'albo degli avvocati e che in concreto il professionista svolge insieme a non avvocati, a nulla rilevando ogni indagine necessariamente ipotetica nella specie - sui motivi (soggettivi) per i quali il dominus abbia officiato per detta attività (anche) un avvocato.
3.- Con il secondo motivo, sotto il profilo della violazione dell'art. 18 del CDF e del vizio di motivazione, il ricorrente si duole della condanna disciplinare relativa al capo 3), assumendo, tra l'altro, che sarebbe fondata su circostanze diverse da quelle contestate.
3.1. - Il mezzo è inammissibile per difetto di autosufficienza, per le medesime ragioni già esposte sub 1.1., non essendo testualmente riprodotto il comunicato stampa in questione, ivi compresa la firma cosicché è preclusa a questo giudice di legittimità di valutare la congruità della motivazione del CNF.
4.- Accolto il primo motivo di ricorso, la decisione del CNF va cassata in relazione, con l'esclusione dell'illecito disciplinare contestato all'avv. A. al capo 1 dell'incolpazione.
Pur avendo il CNF applicato la sanzione minima dell'avvertimento, che potrebbe essere giustificata dall'unico illecito disciplinare residuo (quello contestato al capo 3), la causa va comunque rinviata allo stesso CNF perché valuti la concreta irrogabilità della sanzione.
PQ M
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al CNF.
Depositata in Cancelleria il 05.12.2011
10-12-2011 00:00
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