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Sentenza

Simulazione soggettiva e clausola compromissoria nei contratti di agenzia Tribunale Udine, sez. civile, sentenza 17.01.2010.
Simulazione soggettiva e clausola compromissoria nei contratti di agenzia Tribunale Udine, sez. civile, sentenza 17.01.2010.
Tribunale di Udine

Sezione Civile

Sentenza 17 gennaio 2010

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI UDINE- SEZIONE CIVILE

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il dott. Gianfranco PELLIZZONI, in funzione di GIUDICE UNICO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA


nella causa civile di 1° grado iscritta al n. 6199/07 RACC. promossa con atto di citazione notificato il 2.11.2007, cron, n. 20869, Uff. Giud. Unep del Tribunale di Udine;


da

D. S.p.a. con proc. e dom. l'aw,to G. CAMPEIS per mandato a margine della citazione

ATTRICE

contro


Z. TRADING COMPANY LIMITED con sede in Teheran ( Iran) e recapiti in Francia e Inghilterra (Z. France e Z. London UK) e N.S. con avv.ti R. CRIVELLARO e G. DAMIANI per mandato a margine della comparsa

CONVENUTI

OGGETTO: contratto di agenzia.

Causa iscritta a ruolo il  12.11.2007.

L'attrice ha convenuto in giudizio le parti indicate in epigrafe ed anche le presunte società Z. Trading Company Ltd ( France) e Z. Trading Company Ltd Uk (London) chiedendo che venisse accertata la nullità o la simulazione relativa (per interposizione fittizia di persona) del contratto di agenzia sottoscritto con la Z. Trading Company Limited in data 3.04.94 e dei successivi "addendum” di data 17.10.00 e estensione di data 11.02.04, essendo invece titolare effettivo del rapporto il suo legale rappresentante N.S., o in subordine chiedendo che venisse accertata la cessazione dell'efficacia dello stesso contratto e delle successive integrazioni a decorrere dalla data del 3.03.2007 e quindi l'insussistenza di qualsiasi pretesa avanzata dalle società convenute o personalmente dal N.S., nonché l'invalidità dei collegati contratti di consulenza di data 8.07.96 e 15.09.02, sempre sottoscritti dalla società convenuta Z. Ltd.

Nel costituirsi in giudizio le parti convenute resistevano alle domande, eccependo l'esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero che rendeva improcedibile l'azione e comunque il difetto di giurisdizione dell'adito giudice avendo la società sede a Tehèran (Iran) e essendo il N.S. (legale rappresentante della Z.) cittadino iraniano e dovendo il contratto essere eseguito in Iran, svolgendo anche, solo in via subordinata, domanda riconvenzionale, come da epigrafate conclusioni, precisando inoltre che le società Z. France e Z. London in realtà non esistevano, trattandosi di meri recapiti in tali paesi dell'unica società esistente e avente sede in Tehèran.

L'attrice di fronte a tali eccezioni di compromesso ha replicato sostenendo che la clausola compromissoria era invalida, non solo perché la controversia in materia di contratto di agenzia non era compromettibile in arbitri, coinvolgendo un soggetto persona fisica, trattandosi di controversia di competenza del giudice del lavoro, ma anche perché l'azione di simulazione presupponeva la presenza anche del terzo interponente, quale litisconsorte necessario, estraneo al compromesso.

Va preliminarmente rigettata l'eccezione dell'attrice circa l'invalidità del mandato rilasciato dalla Z. Ltd., con sede in Tehèran (Iran), Boulevard Mirfdamad, in quanto come risulta dalla dimessa documentazione, l'amministratore delegato della stessa società N.S. aveva il potere di conferire il mandato, mentre per quanto attiene alle presunte società Z. France e Z. (UK) London non vi è prova che siano autonomi soggetti giuridici, ma piuttosto semplici recapiti della Z. Ltd (v. certificato del Registro delle imprese di Teheran e atto costitutivo, docc, nn. 6 - 7), dovendo l'attrice dare prova del contrario, anche perché la denominazione delle due sedi europee appare identica a quella della società Iraniana e si deve quindi presumere, fino a prova contraria, che vi sia piena identità fra le stesse.

L'eccezione di improponibilità dell'azione per la presenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero, con conseguente rinunzia alla giurisdizione sia del giudice statale italiano, che di qualsiasi altro giudice straniero, è fondata e va accolta, in quanto sulla base dei contratti sottoscritti dalle parti (v. clausola n. 7.2 del contratto di data 3.03.1994, nonché clausole n. 10 dei contratti di consulenza stipulati con la società Z. in data 8.07.96 e 15.09.02) competente a conoscere di ogni controversia relativa agli stessi e Internazionale di Parigi, dove è anzi già pendente un arbitrato concernente il contratto di agenzia di data 3.03.1994, fu promosso dalla convenuta Z. in data 6.06.2008.

Va in primo luogo precisato che la questione attinente all'interpretazione della clausola arbitrale è un questione di merito affidata alla giurisdizione del giudice adito e non di giurisdizione, preliminare a tutte le altre, che deve essere affrontata dal giudice adito in via di delibazione sommaria (cfr, Cass. S. U. 21.09.09, n. 22236, secondo cui: " In presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria per arbitrato estero, si pone una questione non di giurisdizione - posto che il "dictum" arbitrale é un atto di autonomia privata, non esercitando gli arbitri funzioni giurisdizionali - ma di merito, inerente all'accertamento, da effettuarsi dal giudice fornito di giurisdizione secondo i normali criteri dì sua determinazione, della validità del patto prevedente l'arbitrato estero, il quale comporta la rinuncia ad ogni tipo di giurisdizione, sia essa italiana o straniera) e anche in senso conforme Cass. 5.01.2007, n. 35, secondo cui: "In presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria che prevedano il ricorso ad un arbitrato estero, si pone una questione non di giurisdizione ma di merito, inerente l'accertamento, da effettuarsi dal giudice fornito di giurisdizione secondo i normali criteri, della validità del patto prevedente l'arbitrato estero, che comporta la rinuncia ad ogni tipo di giurisdizione, sia essa italiana o straniera (in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito che, dichiarando la giurisdizione del giudice italiano dopo aver escluso che la controversia rientrasse nella clausola arbitrale, ha ritenuto che l'interpretazione della clausola integrasse una questione di giurisdizione).

E' inoltre principio consolidato che spetti al giudice adito verificare preliminarmente, in via di delibazione sommaria la validità, operatività e applicabilità della clausola arbitrale, in quanto : " L'art. 2, 3° comma, della Convenzione di New York del 1958 attribuisce al giudice adito il potere-dovere di verificare, preliminarmente, la validità, operatività ed applicabilità della clausola compromissoria per arbitrato estero, in via di delibazione sommaria, e, all'esito favorevole di tale verifica, di rimettere le parti dinanzi agli arbitri. Solo in caso di verifica negativa, il giudice si pronunzierà sulla giurisdizione propria o di altro giudice. La delibazione sommaria effettuata dal giudice adito sulla validità, operatività ed applicabilità della clausola compromissoria, non essendo idonea a formare il Giudicato, non vincolerà né il collegio arbitrale né il giudice straniero, di cui sia stata ritenuta la giurisdizione (cfr. ancora Cass., S. U., 12.01.2007, n. 412, nonché Cass., 18.04.03, n. 6349, secondo cui: "Il principio dell'inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione rivolto a far valere la carenza di giurisdizione del giudice adito, così come di ogni altro giudice della Repubblica Italiana, a fronte della presenza di un compromesso, o di una clausola compromissoria, che prevedano il ricorso ad un arbitrato estero (e ciò sul rilievo dell'insorgenza, in tal caso, di una questione, non già di giurisdizione, ma di merito), opera anche nel sistema risultante dalla Convenzione per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958 e ratificata con la legge 19 gennaio 1968, n, 62, atteso che l'art. Il, comma terzo, di detta Convenzione non impone che il rinvio agli arbitri debba avvenire attraverso una declinatoria di giurisdizione, ma rimette agli ordinamenti degli Stati contraenti il meccanismo attraverso il quale il giudice adito si spoglia della causa, cosi consentendo che la questione sulla validità ed operatività della clausola arbitrale sia considerata dall'ordinamento processuale interno come attinente alla proponibilità della domanda, e non alla giurisdizione; detta norma convenzionale, d'altra parte, attribuendo a qualunque giudice adito il potere - dovere di verificare, in via assolutamente preliminare, la validità e l'operatività della clausola, esclude altresì che possa porsi un problema di giurisdizione del giudice italiano adito, rispetto al giudice straniero, a conoscere di detta questione).

Va in secondo luogo osservato che le parti nello stipulare il contratto hanno previsto di riferirsi alle norme del codice civile italiano per la risoluzione di eventuali controversie ed è quindi alla luce della nostra legislazione che l'indagine sulla validità della clausola e la sua applicabilità deve essere svolta ( v. clausola n. 7.1). Non vi sono dubbi nella fattispecie in esame, che con le clausole compromissorie le parti abbiano voluto devolvere la cognizione di ogni controversia relativa alla validità, efficacia e esecuzione del contratto di agenzia alla camera arbitrale, in quanto la clausola n. 7.2 afferma esplicitamente che; "... qualsiasi disaccordo in relazione all'interpretazione e/o esecuzione e/o cessazione della nomina, verrà risolto tramite arbitrato conformemente alle norme e regolamenti della Camera di Commercio Internazionale di Parigi" e che le questioni sollevate nella presente controversia che attengono proprio alla validità o meno del contratto e alla sua efficacia fra le parti (o del terzo interponente, in forza dell'asserita simulazione relativa), oltre che conseguentemente alla sua esecuzione, compresa quindi l'azione di simulazione, rientrino nelle materie devolute alla competenza del collegio arbitrale estero.

Va infatti rammentato che anche l'accertamento dell'eventuale simulazione relativa, per interposizione fittizia di persona, presuppone l'accertamento di un accordo simulatorio strutturalmente trilatero, al quale partecipano contraente apparente (interposto), contraente effettivo ( interponente) e la controparte, che comporta come conseguenza l'efficacia fra le parti dell'accordo realmente voluto e l'inefficaci di quello simulato.
Priva di pregio è poi la tesi che la controversia in esame sia relativa anche a dei rapporti diversi dal contratto di agenzia e che quindi sussista la giurisdizione del giudice ordinario in forza della vis atractiva della giurisdizione statale, nel caso di controversie connesse, atteso che secondo costante giurisprudenza della Suprema Corte il giudice ordinario non può pronunziare anche sulle domande che le parti nella loro autonomia hanno devoluto alla competenza arbitrale, pure in presenza di controversie connesse (v. Cass. 7.09.2007, n. 18525, secondo cui. " L'art. 819 bis cod. proc. civ., introdotto dalla legge n. 25 del 1994 ed applicabile alle controversie insorte dopo l'entrata in vigore della legge stessa, stabiliva, prima della sostituzione ad opera dell'art. 22 del d.lgs. n. 40 del 2006, che la controversia rimessa ad arbitri sulla base di valida clausola compromissoria non era attratta, per ragioni di connessione, da altra causa pendente dinanzi al giudice ordinario, senza che assumesse rilievo il fatto che la causa fosse stata già instaurata dinanzi agli arbitri, ovvero non fosse ancora pendente).

Tale orientamento ha d'altro canto trovato definitiva affermazione nell'art. 819 ter, primo comma epe, come modificato dall'art. 22 , comma primo, del d. Igs. 2.02.2006, n, 40, che ha esplicitamente affermato che la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita e una causa pendente davanti al giudice ordinario. Va in tutti i casi osservato che anche nei contratti di consulenza di data 8.07.1996 e 15.9.2002 è presente una convenzione di arbitrato (v. clausola n. 10 dei contratti di consulenza), con la conseguenza che anche in questa ipotesi sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

Parimenti infondata appare la tesi della giurisdizione del giudice adito sul presupposto della domanda di accertamento della simulazione soggettiva del contratto (interposizione fittizia di persona), che vedrebbe come vera parte del contratto il S. personalmente e non la interposta società Z., di cui lo stesso peraltro è amministratore (circostanza che già sotto tale profilo fa ritenere ad un esame sommario, l'eccezione meramente strumentale per ottenere una artificiosa competenza del giudice ordinario, rispetto a quella arbitrale), con la conseguenza che la domanda coinvolgerebbe delle parti diverse da quelle della convenzione arbitrale, quali litisconsorti necessari, in quanto la posizione di litisconsorte necessario del S., in relazione a tale domanda di simulazione, non esclude la competenza del collegio arbitrale.

Va infatti rammentato che l'art, 816 - quinquies, secondo comma, cpc, così come modificato dalla legge di riforma di cui al d. Igs n. 40/06, che ha risolto l'annosa questione dell'intervento del litisconsorte necessario pretermesso nel procedimento arbitrale, stabilisce espressamente che sono sempre ammessi nel procedimento arbitrale l'intervento previsto dal secondo comma dell'art. 105 e l'intervento del litisconsorte necessario ( vincolato o non vincolato che sia dalla clausola compromissoria) e che il primo comma del medesimo articolo consente anche l'integrazione del contraddittorio (chiamata in arbitrato) nei confronti del litisconsorte necessario, pur estraneo al compromesso, ove le parti e il terzo vi consentano e gli arbitri lo ritengano necessario.

Viceversa anche dopo la modifica legislativa, così come unanimemente ritenuto in precedenza, sotto il vigore della previgente disciplina, si deve escludere il potere delle parti compromettenti e degli arbitri dì costringere il terzo litisconsorte necessario, estraneo al compromesso, a partecipare al giudizio, con la conseguenza che qualora il contraddittorio non sia integrato, l'arbitrato deve ritenersi improcedibile e le parti originarie riacquistano il potere di adire l'autorità giudiziario ordinaria, senza che le altre parti possano opporre l'exceptio compromissi.

Alla stregua di tali principi appare evidente che l'attrice, essendo già stato promosso l'arbitrato davanti al collegio arbitrale parigino era ed è legittimata in tale sede a chiedere l'integrazione del contraddittorio del litisconsorte necessario e solo ove l'altra parte o il terzo o gli arbitri non lo consentano, potrà far valere l'improcedibilità del procedimento arbitrale, onde riacquistare il diritto alla proposizione della domanda davanti al giudice ordinario.

Instaurato infatti il giudizio arbitrale spetta solamente agli arbitri decidere della validità della clausola ( V. Cass. 8.07.96, n. 6205 e Cass. 7.04.1997, n. 3001, secondo cui: "Nell'ipotesi in cui al giudice ordinario venga richiesta, dopo l'instaurazione del giudizio arbitrale, una decisione sulla questione di competenza, il giudice deve limitarsi a prendere atto della circostanza che l'accordo derogatorio della competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria ha già trovato concreta attuazione, indipendentemente dal fatto che la contestazione in ordine alla legittima investitura del collegio arbitrale sia successiva alla concorde instaurazione del giudizio arbitrale, ovvero se essa sorga ancor prima, a seguito della mera notificazione dell'atto di accesso agli arbitri per iniziativa di una delle parti, essendo sufficiente che il giudizio arbitrale abbia comunque avuto inizio e che gli arbitri abbiano risolto la questione affermando la propria competenza  a decidere  la controversia  insorta fra le parti compromittenti. Ne consegue che, ove rilevi (a pendenza del giudizio arbitrale, il giudice adito deve limitarsi a dichiarare improponibile o improseguibile l'azione, astenendosi da ogni accertamento in ordine all'esistenza ed alla validità dell'accordo compromissorio che ha conferito agli arbitri la "potestas iudicandi" in ordine alla controversia sottoposta al loro esame, atteso che solo a questi ultimi è riservata, in via esclusiva, la preventiva verifica dei propri poteri, salva restando la possibilità di proporre impugnazione per nullità del lodo che si assuma pronunciato da arbitri privi di ogni potere al riguardo). Va inoltre osservato che nel caso di interposizione fittizia di un terzo nel rapporto contrattuale, vale a dire nella simulazione soggettiva, non necessariamente tutte le parti coinvolte nella simulazione e segnatamente il terzo interponente sono parti indispensabili del giudizio, in quanto il litisconsorzio necessario sussiste solo nel caso di domanda di simulazione svolta in via principale, come autonoma domanda, non nel caso di eccezione di simulazione, svolta in via riconvenzionale, tendente a paralizzare la pretesa della controparte (cfr. in tal senso Cass. 13.02.08, n. 3474, secondo cui: Il contraddittorio nel giudizio tra tutti ì partecipanti, od i loro eredi, all'atto impugnato per simulazione è necessario solo quando la nullità che ne deriva all'atto venga posta a fondamento dell'azione e non già quando il suo accertamento formi oggetto di una mera eccezione e debba essere effettuato in via incidentale e senza efficacia di giudicato, nonché in senso conforme Cass. n. 9374703 e Cass. n. 3105/05).

Ne consegue che la D. convenuta nel giudizio arbitrale è anche legittimata ad avanzare l'eccezione di simulazione in tale procedimento, senza necessità di coinvolgere il S., per paralizzare la  pretesa della Z. in quella sede, dovendo comunque il collegio arbitrale pronunziarsi su tale eccezione e in caso positivo, respingere la domanda della Z. come improcedibile, dato che presupporrebbe l'integrazione del contraddittorio di una parte estranea al compromesso e quindi non coercibile, al fine di accertare in via incidentale la simulazione relativa del contratto, declinando in questo caso per tale ragione la propria competenza a conoscere della controversia (salvo l'intervento volontario del S. medesimo o la sua chiamata con il consenso unanime delle parti).

Non si dimentichi infatti che l'azione promossa dalla D. davanti a questo Tribunale in via principale è di mero accertamento negativo dell'insussistenza delle obbligazioni a suo carico derivanti dal contratto (asseritamene simulato) ed è quindi in tutto uguale all'eventuale eccezione di simulazione formulabile nel procedimento arbitrale, per paralizzare la pretesa della controparte, con la conseguenza che non vi è alcuna compromissione dei diritti dell'attore che renda invalida la clausola compromissoria.

Nel caso in cui invece la Z. e il S. acconsentano nel giudizio arbitrale alla chiamata in causa del litisconsorte necessario, trova applicazione l'art, 816 ter, primo comma, cpc, che come già rammentato, ammette tale possibilità di chiamata del terzo estraneo al compromesso, nel giudizio arbitrale, ove sussista il consenso delle parti, del terzo e del collegio arbitrale.

Ne consegue che la D. in pendenza della procedura arbitrale già avviata presso la Camera di Commercio di Parigi non può far valere in questa sede eccezioni o domande che può svolgere in quella sede e che attengono alla stessa validità del compromesso, dovendo essere gli arbitri ormai investiti della questione a decidere dei loro poteri, salva l'impugnazione del lodo con mezzi previsti dall'ordinamento.

In tutti i casi anche a voler seguire il diverso orientamento giurisprudenziale - c.d. delle vie parallele - che ammette la competenza contemporanea sia del collegio arbitrale che del giudice ordinario di valutare la vincolatività della clausola, pur potendo dar luogo ad un eventuale conflitto di giudicati ( cfr. in tal senso Cass, 9.04.1998, n. 3676 e Cass. 30.08.2000, n. 11404), con conseguente potere  del   giudice  ordinario  adito   di  interpretare  il  patto compromissorio a fini delibativi dell'eccezione di compromesso, per le ragioni già esposte appare evidente la validità della clausola, anche in presenza di un litisconsorzio necessario e quindi la sua piena operatività.

Del tutto infondata appare infine anche la questione relativa all'invalidità della clausola arbitrale, in quanto attinente a materia non compromettibile in arbitri, perché sottratta alla disponibilità delle parti, per essere il (presunto) reale rapporto di agenzia (o rapporto atipico, come definito dalla stessa attrice negli atti di causa) fra il S. e la D. qualificabile come un rapporto di competenza del giudice del lavoro, atteso che la qualificazione del rapporto come rientrante fra quelli di competenza del giudice del lavoro ex art. 409 cpc, o meno presuppone il previo accertamento dell'esistenza della simulazione soggettiva, accertamento che spetta al collegio arbitrale, il quale è l'unico che possa valutare la sussistenza o meno di una simulazione relativa del contratto concluso fra la D. e la Z. (eventualmente anche in via incidentale) e anche in questo caso eventualmente declinare la propria competenza a favore del giudice ordinario.

La questione preliminare di merito da decidere è infatti quella circa la sussistenza del rapporto di simulazione relativa del contratto, atteso che solo nel caso di risposta positiva a tale quesito è possibile scendere nel merito della compromettiblità in arbitri di un rapporto di agenzia ( peraltro contestato dall'attrice, che lo qualifica essa stessa come atipico e non rientrante in tale tipo contrattuale! Con una certa mancanza di coerenza con la sollevata eccezione) che veda coinvolto un agente come persona fisica, con qualificazione personale della prestazione (v. art. 409, , primo comma, n. 3, essendo invece escluse le società di capitali; cfr. Cass. 22.03.06, n. 6351) e quindi il problema della ulteriore validità o meno della clausola, che ormai, instaurato l'arbitrato estero, per i principi sopra richiamati, è di competenza esclusiva del collegio arbitrale.

Tale questione non è quindi delibabile   dal giudice che deve decidere sulla fondatezza o meno dell'eccezione di compromesso, in quanto in questo caso lo stesso si sostituirebbe al collegio arbitrale nella decisione sulla domanda di simulazione, che appartiene invece alla competenza esclusiva degli arbitri ed è strettamente connessa alla verifica della vincolatività o meno della clausola.

Va comunque osservato che anche ove si affermasse la competenza del giudice ordinario per l'azione di simulazione, si deve ritenere che non sussista la giurisdizione del giudice italiano, sulla base dei criteri fissati dall'art. 3 della legge n. 218/95, atteso che i convenuti non sono né residenti né domiciliati in Italia, ma piuttosto in Iran (mentre Z. France e Z. UK sono dei meri recapiti, non essendovi prova che le medesime società esistano realmente), né hanno un rappresentante autorizzato a stare in giudizio nel nostro paese e l'obbligazione dedotta in giudizio, vale a dire il contratto di agenzia, non è stato concluso in Italia e doveva essere eseguito in Iran ( clienti e territorio in cui l'agente ha avuto l'incarico di promuovere le vendite: Repubblica Islamica dell'Iran).

Quand'anche si volesse ritenere che il S. sia residente in Inghilterra (v. mandato in calce alla comparsa di risposta), la competenza non spetterebbe al giudice italiano neppure in base al regolamento CE n. 44/01, sulla base dei medesimi criteri (v. artt. 2 e 5 del citato regolamento). E' infatti pacifico che in caso di accertamento negativo l'obbligazione rilevante ai fini dell'individuazione del luogo di esecuzione è l'obbligazione principale o caratterizzante il negozio, vale a dire in questo caso l'obbligazione dedotta nel contratto di agenzia e quella di pagamento delle prestazioni, a nulla rilevando le subordinate domande della convenuta, che. sono state avanzate solamente in caso di ritenuta competenza del giudice adito (v. Cass. Sez. Un., ordinanza, 2.04.2003, n. 5108, secondo cui il foro speciale previsto dall'art. 5 della convenzione di Lugano 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (resa esecutiva in Italia con la legge 10 febbraio 1992, n. 198), in base al quale il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato, in altro Stato contraente, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita, è applicabile non solo alle azioni volte alla realizzazione del vincolo contrattuale, ma anche a quelle di nullità o di annullabilità del negozio o di accertamento negativo dell'esistenza dello stesso, posto che anche dette azioni deducono, pur se al fine di contestarne la validità o l'esistenza, la volontaria assunzione di un vincolo obbligatorio, in funzione di contrasto con la pretesa che controparte deriva dal ridetto vincolo, ed attengono quindi alla materia contrattuale.   E siccome   l'obbligazione   rilevante   ai   fini dell'individuazione  del luogo  di   esecuzione  è   l'obbligazione principale, o caratterizzante il negozio, ove l'attore promuova azione di invalidità o di accertamento negativo dell'esistenza di un contratto di mandato avente ad oggetto l'incarico di svolgere attività di intermediazione finanziaria per la cessione di un pacchetto azionario, è alla detta obbligazione, quale obbligazione principale e caratteristica della convenzione, e non già all'obbligazione del mandante di pagare il compenso, che occorre aver riguardo al fine df individuare - in conformità della legge applicabile al contratto sulla base del diritto internazionale privato del giudice adito - il "forum solutionis" e anche in senso conforme Cass. , Sez. Un., 7.05.03, n. 6899, secondo cui: Il criterio di collegamento stabilito dall'art. 5, n. 1,  della  Convenzione  di Bruxelles del 27 settembre  1968 (concernente la competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale), criterio richiamato dall'art. 3, comma secondo, della legge 31 maggio 1995, n. 218, e secondo il quale, in materia contrattuale, il convenuto può essere citato davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita, è applicabile non solo nelle ipotesi in cui si controverte tra le parti contraenti, ma anche quando sia un terzo, estraneo al rapporto contrattuale, a proporre, nei confronti delle parti del contratto, un'azione di simulazione, ai sensi degli art. 1414 e 1416, primo comma, del codice civile, o un'azione revocatoria, ex art. 2901 del codice medesimo. Anche in tal caso, infatti, non diversamente da quello in cui l'azione di simulazione è proposta da una delle parti verso l'altra, sono gli obblighi che dal contratto sono derivati tra le parti a presentarsi come obbligazione dedotta in giudizio, rispetto alla quale, quindi, continua a fungere da criterio di collegamento il luogo in cui l'obbligazione stessa è stata o avrebbe dovuto essere eseguita.).

Del tutto infondata è infine la tesi dell'attrice che i convenuti svolgendo l'eccezione di compromesso, che è eccezione di merito, abbiano accettato la giurisdizione del giudice italiano, in quanto in realtà gli stessi hanno svolto in via principale, ma gradata, entrambe le eccezioni sia di difetto di giurisdizione a favore del collegio arbitrale, sia di difetto di giurisdizione del giudice ordinario italiano e il giudice adito deve esaminarle entrambe in sequenza logica, in quanto in primo luogo deve esaminare in via delibativa preliminare la validità e applicabilità della clausola compromissoria (che esclude la competenza di qualsiasi giudice statale), atteso che si tratta di una questione che riguarda la stessa proponibilità dell'azione davanti a qualsiasi giudice statale e solo in un secondo tempo, in caso di risposta negativa, scendere all'esame dell'eccezione di difetto di giurisdizione (v. in tal senso la già citata sentenza della Suprema Corte che afferma testualmente come: “L'art. 2, 3° comma, della Convenzione di New York del 1958 attribuisce al giudice adito il potere-dovere di verificare, preliminarmente, la validità, operatività ed applicabilità della clausola compromissoria per arbitrato estero, in via di delibazione sommaria, e, all'esito favorevole di tale verifica, di rimettere le parti dinanzi agli arbitri. Solo in caso di verifica negativa, il giudice si pronunzierà sulla giurisdizione propria o di altro giudice. La delibazione sommaria effettuata dal giudice adito sulla validità, operatività ed applicabilità della clausola compromissoria, non essendo idonea a formare il giudicato, non vincolerà né il collegio arbitrale né il giudice straniero, di cui sia stata ritenuta la giurisdizione (cfr. ancora Cass., S. U„ 12.01,2007, n. 412, cit, nonché la già richiamata Cass., 18.04.03, n. 6349 ., secondo cui: " ... detta norma convenzionale (convenzione di New York) , d'altra parte, attribuendo a qualunque giudice adito il potere - dovere di verificare, in via assolutamente preliminare, la validità e l'operatività della clausola, esclude altresì che possa porsi un problema di giurisdizione del giudice italiano adito, rispetto al giudice straniero, a conoscere di detta questione). Va comunque osservato che non ha alcuna rilevanza l'ordine con cui la convenuta ha sollevato le eccezioni di compromesso e di difetto di giurisdizione, in quanto l'ordine giuridico e logico che deve seguire il giudice per decidere tali questioni pregiudiziali e preliminari è determinato dalla legge processuale e non dalle parti ( art 279 c.p.c.), e in questo caso particolare anche dalla convenzione di New York relativa agli arbitrati esteri.

E' pertanto evidente la carenza di giurisdizione del giudice ordinario (italiano  o estero,  poco importa) a conoscere dì qualsiasi controversia derivante dal medesimo contratto e dai contratti collegati, sia attinente alla sua esistenza, validità ed efficacia fra le parti sia attinenti alla sua esecuzione e la conseguente improponibilità dell'azione, vendo le stesse stabilito di comune accordo di ricorrere ad un arbitrato stero, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 della I. n. 218/95 e all'art. Il della convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, rinunziando alla giurisdizione del giudice statale ed essendo già effettivamente pendente la procedura arbitrale presso la camera parigina.

Il pagamento elle spese segue la soccombenza

P.Q.M.


Il Giudice Unico fra le parti definitivamente pronunciando ogni contraria domanda, istanza e deduzione reietta;
- Respinge le domande in quanto improponibili e inammissibili;

- Condanna l'attrice al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in €24.163,00, di cui € 4.163,00 per diritti, € 20.000,00 per onorari, oltre alle spese generali, cpa e iva, se dovuta.

Udine, lì 17.01.2010

IL GIUDICE UNICO

Dott. GIANFRANCO PELLIZZONI
Avv. Antonino Sugamele

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