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Sentenza

Cassazione III Civile, sentenza 16 novembre 2010, N. 23095 . Alle Regioni compete l'obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose.
Cassazione III Civile, sentenza 16 novembre 2010, N. 23095 . Alle Regioni compete l'obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 26 giugno 1998 E. s.r.l. conveniva innanzi al Tribunale di Firenze la Regione Toscana e la Provincia di Grosseto per ottenere il risarcimento dei danni provocati alla propria autovettura SAAB da un grosso cinghiale, che aveva repentinamente attraversato, al sopraggiungere di essa, la strada provinciale che da Macchiascandona in località Castiglione della Pescaia va a intersecare la ss. 322, nella notte del 2 agosto 1997.

La Regione si costituiva in giudizio eccependo di non essere titolare del potere di gestione del patrimonio faunistico e di manutenzione della strada. Anche la Provincia eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva e nel merito rilevava che l'obbligo di apporre cartelli segnalatori si imponeva solo nei casi di strada situata in una zona particolarmente battuta da tale tipo di fauna.

Assunte le prove orali, con sentenza del 23 febbraio 2001, l'adito Tribunale, riconosciuta la legittimazione passiva di entrambi gli enti pubblici territoriali rispetto all'azione proposta, in quanto, sulla base della l. 157/1992, le competenze di entrambi gli enti in materia di pianificazione faunistica si intersecavano, tuttavia rigettava la domanda ritenendo che la parte attrice non avesse fornito in concreto la prova che l'evento dannoso fosse ricollegabile a una condotta colposa dell'una o dell'altra amministrazione (o di ambedue).

Con sentenza del 12 dicembre 2005 la Corte d'Appello di Firenze accoglieva l'appello proposto da E. s.r.l. e condannava in solido la Regione Toscana e la Provincia di Grosseto al pagamento della somma di euro 9.327,56 oltre interessi, rivalutazione e spese di entrambi i gradi.

Ricorre per cassazione la Regione Toscana con cinque motivi.

Resiste con controricorso la E. s.r.l.; l'Amministrazione provinciale di Grosseto ha proposto ricorso incidentale con due motivi.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. poiché riguardano la stessa sentenza della Corte d'Appello.

Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 14 della l. n. 142 dell'8 giugno 1990; degli artt. 4, 5, 8, 12 della l.r. n. 77 del 19 luglio 1995, della l. n. 157 dell'11 febbraio 1992, della l.r. n. 3 del 12 gennaio 1994; la violazione degli artt. 1, 2, 4 della l. n. 59 del 15 marzo 1999, meglio conosciuta come legge "Bassanini".

Con il secondo motivo si denuncia la ulteriore violazione del principio di sussidiarietà dettato dagli artt. 1, 2, 4 della l. n. 59 del 1997; la violazione degli artt. 6 e 15 della l.r. della Toscana n. 49 dell'11 aprile 1995 "legge sui parchi e riserve naturali".

Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2, 3, 37 e 38 del codice della strada in relazione alla assenza di obblighi facenti capo alle Regioni, in tema di apposizione di cartelli sulle strade.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell'art. 2043 c.c., in quanto nessun comportamento doloso o colposo risulta configurabile a carico della Regione Toscana.

Con il quinto motivo si denuncia la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si afferma che in caso di sinistro stradale spetta alla parte attrice di provare l'omissione dell'ente convenuto, ai sensi dell'art. 2043 c.c. per procedere alla condanna dell'ente stesso in base al generico principio del "neminem laedere".

I suddetti motivi possono essere esaminati unitariamente, in quanto connessi: la sentenza impugnata ha affermato il principio che la responsabilità del sinistro era addebitabile alla Regione ed alla Provincia per violazione del precetto del "neminem laedere" di cui all'art. 2043 c.c.; in particolare, si è ritenuto che le funzioni svolte dalla Provincia in materia di fauna selvatica sono regolate dalla seguente normativa:

- la l. n. 142 del 1990, nel definire i rapporti tra Regione, Provincia e Comune, ha attribuito alla prima la qualifica di ente di programmazione di coordinamento e agli altri due quella di enti di attuazione, attuando così lo schema classico della delega amministrativa;

- la l. n. 157 del 1992, in materia di gestione e tutela delle specie della fauna selvatica, ha disposto che "le Province attuano la disciplina regionale";

- la l.r. Toscana 12 gennaio 1994 n. 3, ha stabilito che alla Regione compete la disciplina dell'utilizzazione dei territori a interesse faunistico ed alla Provincia l'attuazione della disciplina regionale.

La Regione Toscana sostiene che la propria l.r. n. 3 del 1994 ha attribuito alla sola Provincia le funzioni concernenti la conservazione e l'incremento del patrimonio faunistico ivi compresa l'adozione delle misure cautelari. Si tratterebbe di attribuzione del potere in senso proprio come risulterebbe anche dalle norme statali sul nuovo ordinamento degli enti locali (l. 15 marzo 1997, n. 59).

I motivi non sono fondati.

L'art. 1 della l. 11 febbraio 1992, n. 157, contenente norme per la protezione della fauna selvatica, dispone:

- che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale (primo comma);

- che le Regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica (terzo comma).

Si deve aggiungere:

- che le Regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'art. 10 della legge prima richiamata e svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla stessa legge e dagli statuti regionali. Alle Province spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna secondo quanto previsto dalla l. 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano nel rispetto della legge (art. 9);

- che, per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni Regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'art. 23 (art. 26).

Alle Regioni, quindi, compete l'obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose e, pertanto, nell'ipotesi (corrispondente al caso in esame) di danno provocato dalla fauna selvatica ed il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, la Regione può essere chiamata a rispondere in forza della disposizione generale contenuta nell'art. 2043 c.c.: Cass. 1° agosto 1991, n. 8470; 13 dicembre 1999, n. 13956; 14 febbraio 2000, n. 1638; 24 settembre 2002 n. 13907.

La sentenza impugnata si è attenuta a questi criteri e, quindi, si sottrae alle censure che si stanno esaminando.

L'Amministrazione provinciale di Grosseto ha proposto ricorso incidentale con il quale si denuncia, con il primo motivo, la violazione dell'art. 2043 c.c. in relazione all'art. 38 d.lgs. n. 285/1992 e al decreto n. 156 del 27 aprile 1990 del Ministero dei Lavori Pubblici, avendo la sentenza impugnata ritenuto che la responsabilità dell'Amministrazione provinciale fosse conseguente alla proprietà della strada percorsa dalla autovettura coinvolta e alla mancata segnalazione del pericolo.

Con il secondo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all'assenza di condotta colposa a carico del conducente dell'auto, il quale certamente non procedeva a velocità moderata.

Il ricorso incidentale è inammissibile poiché l'atto che lo contiene risulta notificato alla controricorrente Ellebi s.r.l. oltre il termine di cui al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c.

Questa Corte ha più volte ritenuto che il principio dell'unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l'atto contenente il controricorso. In ogni caso la ammissibilità dell'atto è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l'abbreviato e l'annuale) di impugnazione in astratto operativi. Detto termine decorre dall'ultima notificazione dell'impugnazione principale nel caso in cui tale impugnazione sia stata notificata anche alla parte che propone l'impugnazione incidentale (Cass. 2 agosto 2002, n. 11602; 6 dicembre 2005, n. 26622).

Il ricorso incidentale deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Tenuto conto dell'esito del processo, appare conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese del presente grado di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di cassazione, Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale
Avv. Antonino Sugamele

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