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Sentenza

Il Trib. di Venezia assegna la casa coniugale alla moglie perchè affidataria della figlia minore, ma il marito è cieco. La Corte di appello riforma il provvedimento.
Il Trib. di Venezia assegna la casa coniugale alla moglie perchè affidataria della figlia minore, ma il marito è cieco. La Corte di appello riforma il provvedimento.
Scarica il provvedimento. Corte di Appello di Venezia - Decreto 6 marzo 2013

In caso di divorzio, all'affidamento dei figli ad un coniuge non segue necessariamente anche l'attribuzione della casa familiare. Infatti, fermo restando che a dover essere valutato per primo è l'interesse del minore, il giudice non può trascurare gli interessi dell'altro coniuge, se rilevanti. Con questa motivazione la Corte di Appello di Venezia, decreto 6 marzo 2013, ha ribaltato un provvedimento cautelare assegnando la casa all'ex marito affetto da grave disabilità (cecità totale), togliendola alla moglie ed alla figlia di 11 anni.
La Corte di appello di Venezia ha precisato: “L'articolo 155 quater codice civile prevede che il godimento della casa coniugale sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”. Per cui “il significato letterale e logico della norma consente tranquillamente di ritenere che il giudice, pur tenendo, innanzi tutto, conto dell'interesse del minore a restare nella casa coniugale non possa trascurare di prendere in considerazione anche altri interessi ed in particolare quelli del coniuge non affidatario e da ciò desumere se vi sia un interesse prevalente rispetto a quello del minore”.


Il caso concreto
Il caso riguardava un uomo completamente cieco che aveva sempre abitato nella casa familiare, fra l'altro di sua proprietà, e che utilizzava un cane guida per recarsi al lavoro. Ragion per cui al tribunale è sembrato “estremamente ingiusto estrometterlo dalla casa coniugale” perché ciò “creerebbe indiscutibili problemi di gestione della sua vita quotidiana richiedendosi un ragionevole periodo di ambientamento in una nuova casa”. Ma, continua il decreto, “soprattutto gli impedirebbe per un lunghissimo periodo di recarsi al lavoro autonomamente posto che il cane accompagnatore ha ormai appreso e memorizzato i percorsi da compiere per consentire al padrone di portarsi sul luogo di lavoro”. Non solo, la presenza del giardino, non facile da trovare, facilitava la gestione del cane da parte del soggetto disabile.
La motivazione della Corte
Secondo i giudici, dunque, “la norma non prevede alcun obbligo di assegnazione della casa coniugale né un'automatica attribuzione al coniuge affidatario del minore il cui interesse comunque deve essere per primo valutato e salvo che non ricorrano nel caso concreto situazioni tali da favorire l'altro coniuge”.
Infatti, mentre per la minore non era stato dimostrato alcun particolare interesse se non quello di ordinario derivante dal “distacco affettivo” dalla casa in cuoi aveva vissuto fin dalla nascita, vi era invece un “preciso, concreto, apprezzabile e degno di tutela” interesse del soggetto disabile a “non vedere totalmente stravolta la sua vita e di continuare a prestare la propria attività lavorativa”.
A fronte di ciò però è stato rideterminato in aumento l'assegno che è passato da 400 a 1000 euro.
Avv. Antonino Sugamele

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