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Sentenza

Il notaio che omette un’iscrizione ipotecaria deve risarcire i danni cagionati.
Il notaio che omette un’iscrizione ipotecaria deve risarcire i danni cagionati.
Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 26/11/2019) 21-02-2020, n. 4686
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana - Presidente -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. OLIVIERI Stefano - Consigliere -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 468-2018 proposto da:
M.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 262-264 presso lo studio
dell'avvocato VINCENZO MARANO (STUDIO AVV.CATALDO D'ANDRIA), rappresentata e difesa
dall'avvocato FRANCO MATARANGOLO;
- ricorrente -
contro
B.F., LLOYD'S OF LONDON;
- intimati -
Nonchè da:
B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MARCO POLO 88, presso lo studio dell'avvocato
ALESSANDRO DATTURI, rappresentato e difeso dall'avvocato MASSIMO LIPPARINI;
- ricorrente incidentale - contro
M.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 262-264 presso lo studio
dell'avvocato VINCENZO MARANO (STUDIO AVV.CATALDO D'ANDRIA), rappresentata e difesa
dall'avvocato FRANCO MATARANGOLO;
- controricorrente all'incidentale - e contro
LLOYD'S OF LONDON;
- intimata -
avverso la sentenza n. 870/2017 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 25/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2019 dal Consigliere
Dott. MARCO DELL'UTRI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. CARDINO Albero, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e il rigetto del ricorso
incidentale.
Svolgimento del processo
che, con sentenza resa in data 25/11/2017, la Corte d'appello di Perugia, in accoglimento
dell'appello proposto dal notaio B.F., e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la
domanda proposta da C.L. per la condanna del B. al risarcimento dei danni alla stessa
asseritamente derivati dall'inadempimento, da parte del notaio, dell'obbligo, da quest'ultimo
negozialmente assunto, di provvedere a un'iscrizione ipotecaria nell'interesse della C.;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, pur confermando l'accertamento
operato dal primo giudice in ordine alla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento
dell'inadempimento del notaio (benchè attenuato dal ravvisato concorso di colpa della C.), ha
sottolineato come l'originaria attrice avesse omesso di fornire la prova della certezza del danno
subito, non avendo fornito alcuna notizia in ordine all'esito della procedura esecutiva all'interno
della quale l'omessa iscrizione ipotecaria avrebbe dovuto svolgere la propria funzione di causa
di prelazione, in tal modo impedendo ogni verifica circa effettiva produzione di un concreto
pregiudizio ai danni della C.;
che, avverso la sentenza d'appello, C.L. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi
d'impugnazione;
che B.F. resiste con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale articolato in due
motivi di censura;
che C.L. ha depositato controricorso per resistere all'impugnazione incidentale del B.;
che l'intimata Lloyds of London (già coinvolta nel giudizio a fini di manleva, in forza di domanda
del B. successivamente indicata come rinunciata) non ha svolto difese in questa sede;
che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato le proprie conclusioni
per iscritto, invocando il rigetto di entrambi i ricorsi;
che la ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
di dover procedere preliminarmente all'esame del ricorso incidentale proposto da B.F., per
ragioni di pregiudizialità rispetto alle doglianze illustrate da C.L. con il ricorso principale;
che, con il primo motivo, il ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per
violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, dell'art. 2237 c.c., comma 2, dell'art. 28 Legge Notarile;
nonchè degli artt. 113 e 116 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la corte
territoriale erroneamente e contraddittoriamente argomentato le ragioni dell'asserita
insussistenza del diritto del notaio di rifiutare la propria prestazione a fronte del mancato
versamento, ad opera di controparte, di quanto dovuto a titolo di onorari e spese vive, giungendo
a negare le facoltà di autotutela previste dall'art. 1460 c.c. e le prerogative di rinuncia all'incarico
(se non, più correttamente, di non accettazione) o di recesso, a causa del comportamento
contrattuale inadempiente della controparte: circostanze, queste ultime, tutte verificatesi nel
caso di specie, essendosi il B. limitato a rinunciare all'incarico ricevuto (se non, più propriamente,
a ricusarne l'accettazione) in ragione del comportamento di controparte senza incorrere in alcun
inadempimento;
che, con il secondo motivo, il ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per
violazione dell'art. 1127 c.c. e degli artt. 113 e 116 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3),
per avere la corte territoriale contraddittoriamente ed erroneamente limitato la responsabilità
della C. al solo concorso, ex art. 1127 c.c., nella produzione del danno dalla stessa denunciato,
senza avvedersi dell'integrale riconducibilità di detto danno al relativo comportamento
inadempiente, consistito nel rifiuto di corrispondere al notaio le somme dallo stesso richieste per
l'esecuzione dell'iscrizione ipotecaria: circostanza, a seguito della quale il B. ebbe legittimamente
a rifiutare l'incarico (o, più esattamente, a rinunciarvi), con la conseguente insussistenza di
alcuna efficienza causale del relativo contegno in relazione alla produzione dei danni lamentati
dalla C.;
che entrambi i motivi - congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione - sono
inammissibili;
che, al riguardo, osserva il Collegio come, con il motivo in esame, il ricorrente - lungi dal
denunciare l'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata dalle norme di legge richiamate - alleghi un'erronea ricognizione, da parte del
giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non
attiene all'esatta interpretazione delle norme di legge richiamate, inerendo bensì alla tipica
valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente
sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del
26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure
coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente incidentale, l'eventuale falsa applicazione
delle norme richiamate sotto il profilo dell'erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè
incontroverso, insistendo propriamente il B. nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei
fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
che, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell'epigrafe dei motivi
d'impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l'ubi consistam delle
censure sollevate dall'odierno ricorrente incidentale deve piuttosto individuarsi nella negata
congruità dell'interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli
elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti
rilevanti;
che si tratta, come appare manifesto, di un'argomentazione critica con evidenza diretta a
censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla
contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura
diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
che ciò posto, i motivi d'impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo
consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di
motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di
fatti giuridicamente rilevanti sui quali la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi
neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall'art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della
legittimità della motivazione nella prospettiva dell'omesso esame di fatti decisivi controversi tra
le parti;
che, in particolare, nel caso di specie, la corte territoriale ha opportunamente evidenziato come
il B. avesse assunto l'obbligazione di iscrivere ipoteca nell'interesse della C. senza che fosse mai
risultata l'espressa e inequivoca manifestazione, da parte dello stesso, della volontà di
intenderne condizionato l'adempimento al previo pagamento di alcunchè ad opera di controparte,
ovvero di volerne successivamente revocare la vincolatività o di recedere dal contratto;
che, sotto altro profilo, la stessa prospettazione incline a sostenere l'avvenuta sollevazione, da
parte del B., di un'eccezione di inadempimento ai sensi del 1460 c.c. (al di là della prevedibile
novità della questione così dedotta), appare correttamente resistita dal vigore dei principi cui è
informata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui deve ritenersi in ogni caso imposto,
all'eccipiente, in coerenza al dettato dell'art. 1460 cit., del dovere di comportarsi secondo buona
fede, nella specie traducibile nell'obbligo del debitore di esplicitare in modo chiaro e inequivoco
le ragioni del proprio rifiuto di adempiere proprio a causa dell'inadempimento di controparte al
fine di non esporla a possibili danni ulteriori;
che, al riguardo, è appena il caso di richiamare l'indirizzo consolidato nella giurisprudenza di
legittimità, ai sensi del quale, in materia di contratto d'opera intellettuale, il rimedio contrattuale
dell'eccezione di inadempimento è legittimamente esperibile dal professionista nel caso in cui il
cliente non abbia assolto l'obbligo di anticipare le spese, gli anticipi del corrispettivo, o quanto
comunque occorrente per il compimento dell'opera ex art. 2234 c.c., purchè la sospensione della
prestazione avvenga secondo buona fede, cioè non sia attuata in modo tale da determinare al
cliente un pregiudizio irreparabile, dovendo a tal fine aversi riguardo alla tempestività della
contestazione dell'inadempimento dal professionista al cliente, idonea a consentire a
quest'ultimo di assumere le iniziative opportune per salvaguardare l'interesse o la utilità
perseguita con l'attuazione del contratto (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 26973 del 15/11/2017, Rv.
646709 - 01);
che, in tal senso, coerentemente la corte d'appello ha evidenziato con chiarezza come l'istruttoria
avesse lasciato emergere l'avvenuta comunicazione, da un collaboratore dello studio del B., della
volontà di procedere all'iscrizione una volta appreso della relativa gratuità fiscale, essendo
emerso che solo la condizione dell'anticipazione delle spese vive (come anche l'atteggiamento
processuale del B., valorizzato e sottolineato dalla corte d'appello risulta aver confermato) era
stata posta come ostacolo per l'espletamento dell'incombente notarile;
che, in buona sostanza, la corte territoriale ha correttamente evidenziato come le circostanze
concrete emerse nel caso di specie fossero valse a escludere, non solo l'avvenuto recesso o la
rinuncia all'incarico da parte del notaio, ma anche il ricorso delle condizioni per la sollevazione
in buona fede dell'eccezione d'inadempimento, avendo il notaio financo trascurato di informare
o di avvisare opportunamente la cliente dei rischi cui sarebbe andata incontro a seguito della
mancata tempestiva iscrizione ipotecaria che lo stesso notaio non aveva eseguito;
che, pertanto, anche sotto il dedotto profilo concernente il contestato rispetto dell'art. 132 c.p.c.,
n. 4, varrà confermare come l'iter argomentativo compendiato dal giudice a quo, sulla base delle
premesse indicate, sia valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente
lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di
congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal
ricorrente incidentale;
che, con il primo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione
degli artt. 1223, 1225, 1226, 2729 e 2697 c.c., nonchè per violazione dell'art. 345 c.p.c. (in
relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la corte territoriale erroneamente escluso
l'avvenuta dimostrazione, da parte della C., del danno subito, atteso che gli esiti della procedura
esecutiva, all'interno della quale l'omessa iscrizione ipotecaria avrebbe spiegato la propria
efficacia, ebbero a concretizzarsi solo tardivamente, dopo l'introduzione del giudizio di appello,
con la conseguenza che il giudice del gravame ne avrebbe potuto apprezzare la certezza (come,
del resto, correttamente operato dal primo giudice), quale danno futuro, o anche solo alla
stregua di una mera perdita di chance, sulla base dell'insieme degli elementi circostanziali offerti
e analiticamente richiamati in ricorso, non potendo in ogni caso imporsi alla danneggiata di
fornire la prova negativa di non aver conseguito vantaggi in dipendenza del fatto dannoso,
incombendo piuttosto sulla controparte l'onere di comprovare la fondatezza dell'eccezione
relativa all'eventuale difetto di alcun pregiudizio concreto ai danni dell'attrice;
che il motivo è parzialmente fondato nei termini qui di seguito indicati;
che, al riguardo, varrà preliminarmente segnalare come la censura argomentata dalla ricorrente,
in ordine alla ritenuta idoneità degli elementi probatori complessivamente offerti ai fini del
riconoscimento del danno conseguente all'infruttuoso esercizio dell'azione esecutiva, debba
ritenersi non correttamente proposta in questa sede, traducendosi, le illustrazioni critiche della
ricorrente, in un'inammissibile sollecitazione del giudice di legittimità a procedere a una rilettura
nel merito delle prove consegnate alla valutazione del giudice d'appello e da quest'ultimo ritenute
inidonee a fornire conferma della certezza del danno così denunciato;
che, tuttavia, rileva il Collegio come, sotto altro profilo, la corte territoriale abbia del tutto
trascurato la valutazione del profilo di danno rivendicato dall'originaria attrice con riguardo alle
immediate e dirette conseguenze (certe nella loro verificazione) derivate dall'inadempimento
notarile, e consistite nella perdita, da parte della C., di una specifica qualità del credito vantato
nei confronti del coniuge; qualità che sarebbe stata certamente acquisita a seguito dell'esatto
adempimento, da parte del B., dell'obbligazione dallo stesso assunta;
che, in particolare, converrà sottolineare come la circostanza consistente nell'avvenuta iscrizione
ipotecaria a vantaggio di un credito, conferisca a quest'ultimo, così garantito, una qualità
specifica (misurabile sul piano della più sicura o agevole realizzabilità della pretesa connessa alla
situazione soggettiva sostanziale), di per sè suscettibile d'essere valutata in termini economici
(si pensi all'incidenza di tale qualità sul terreno della circolazione del credito in caso di cessione),
con la conseguenza che l'inadempimento consistito nella mancata assicurazione di detta specifica
qualità del credito (contrattualmente promessa) non potrà sottrarsi, sul piano della valutazione
delle conseguenze dannose concretamente provocate, all'eventuale determinazione
(necessariamente equitativa) della sua entità;
che, pertanto, essendosi la corte d'appello limitata, nella considerazione delle conseguenze
dannose lamentate nella loro integrità dall'originaria attrice, al solo esame del profilo
concernente la mancata dimostrazione dell'esito negativo del procedimento esecutivo avviato
nei confronti del coniuge-debitore della C., senza tener conto dell'eventuale già avvenuta
compromissione di uno specifico valore economico riconducibile al pregiudizio arrecato alla
qualità del credito contrattualmente affidata alla gestione notarile, la sentenza impugnata
dev'essere cassata su tale specifico punto;
che, con il secondo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione
degli artt. 1127, 1292, 1298 e 2055 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte
territoriale erroneamente affermato il concorso di colpa della C. nella produzione del danno dalla
stessa denunciato (concorso in ipotesi consistito nel tardivo esercizio del pignoramento da parte
della stessa), senza tener conto che detta condotta avrebbe dovuto essere semmai imputata al
professionista a cui la stessa si era affidata per la cura dei propri interessi, con la conseguenza
che del fatto dannoso, unitariamente considerato come ascrivibile a più soggetti, sono chiamati
a rispondere entrambi i soggetti corresponsabili in solido in misura paritetica verso la
danneggiata;
che il motivo è inammissibile;
che, infatti, la circostanza secondo cui la C. sarebbe stata totalmente ignara delle modalità di
verificazione dei fatti, e che la stessa non fosse stata tempestivamente informata dal proprio
legale del modo attraverso il quale la stessa avrebbe potuto contenere i danni derivanti
dall'inadempimento del notaio, costituisce materia di una prospettazione congetturale del tutto
priva di riscontro;
che, con il terzo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per
violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte
territoriale dettato una motivazione del tutto incongrua, siccome fondata su passaggi
argomentativi contraddittori e su affermazioni incompatibili, con particolare riferimento alle
circostanze concernenti l'affidamento riposto dalla C. sull'adempimento, da parte del notaio,
degli obblighi dallo stesso contrattualmente assunti;
che il motivo è infondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come il richiamo operato dalla corte d'appello alla circostanza
consistita nel silenzio serbato dal notaio circa la mancata iscrizione ipotecaria al momento della
cessazione del rapporto, sia stato operato, dalla corte di merito, sul piano argomentativo, da un
lato, al fine di sottolineare il ricorso di un ulteriore aspetto della sottrazione del notaio agli
obblighi contrattuali sullo stesso incombenti (comprensivi del dovere di chiarezza e di
trasparenza, anche al fine di evitare il possibile affidamento della controparte sull'avvenuto
esatto adempimento della prestazione), dall'altro, allo scopo di rimarcare come detto silenzio,
pur concretizzando un ulteriore aspetto, o forma, dell'inadempimento ascrivibile al professionista
(così ponendosi alla radice di un aggravamento del rischio di danni a carico dell'attrice), non
sarebbe comunque valso a giustificare il risarcimento di tutto il danno provocato, dovendo
conferirsi rilievo anche ai doveri di diligente sollecitudine esigibili dal creditore del risarcimento,
sotto il profilo del dovere di minimizzarne l'entità;
che, ciò posto, l'iter argomentativo compendiato dal giudice a quo, sulla base di tali indicazioni,
deve ritenersi tale da integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e
comprensibile, elaborato, anche in relazione a tale punto, nel pieno rispetto dei canoni di
correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in
questa sede illustrate dalla ricorrente principale;
che, sulla base delle considerazioni che precedono, rilevata la fondatezza del primo,
l'inammissibilità del secondo e l'infondatezza del terzo motivo del ricorso principale, e
l'inammissibilità delle censure illustrate con il ricorso incidentale, dev'essere disposta - accanto
all'accoglimento del primo, al rigetto del secondo e alla dichiarazione d'inammissibilità del terzo
motivo del ricorso principale, e alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale - la
cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio
alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla
regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo, dichiara inammissibile il secondo e rigetta il terzo motivo del ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto, e rinvia alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di
provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di
Cassazione, il 26 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020
Avv. Antonino Sugamele

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