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Sentenza

Il risarcimento del danno nella separazione: tutta la giurisprudenza recente sul tema
Il risarcimento del danno nella separazione: tutta la giurisprudenza recente sul tema
L'addebito nella giurisprudenza della Suprema Corte.

L'introduzione dell'istituto dell'addebito, trova il proprio presupposto nel mancato rispetto, da parte di uno dei coniugi, dei doveri che derivano dal matrimonio, ovvero, ai sensi dell'art. 143 del Codice civile, i doveri reciproci, alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale e alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Secondo la dottrina (Bianca), la violazione dei doveri inerenti alla famiglia, non riguarda soltanto il coniuge, ma anche i doveri verso i figli, ovvero i doveri inerenti il rapporto di filiazione.

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975, la separazione era stata sganciata dal concetto di colpa, cui fino ad allora era stata naturalmente legata; la ratio di ciò risiedeva nel voler ritenere la separazione un rimedio esclusivo avverso i problemi sorti nel matrimonio, senza dare rilievo ad eventuali colpe dei coniugi motivo della frattura.

Tuttavia, non evidenziare eventuali colpe, quali cause del fallimento dell'unione, sarebbe equivalso ad elidere la giuridicità dei doveri inerenti il matrimonio (Grassetti), e quindi la formulazione dell'art. 151 c.c. post riforma, costituisce un compromesso tra tali posizioni. Quindi, la separazione, da strumento per sanzionare il coniuge che ha causato la crisi del matrimonio, diviene rimedio rispetto alla prosecuzione della convivenza, ma con il secondo comma dell'art. 151 c.c. viene prevista la possibilità che il coniuge autore della crisi, possa essere sanzionato dal Giudice in costanza di determinati presupposti.

In tal modo il diritto di ciascun coniuge di separarsi attua concretamente un diritto di libertà, riconducibile al combinato disposto degli art. 2 e 29 della Carta costituzionale, che "implicano per ciascun coniuge il diritto di ottenere la separazione ed interrompere la convivenza ove, per fatti obiettivi, ancorché non dipendenti da "colpa" dell'altro coniuge o propria, tale convivenza sia per lui divenuta "intollerabile", così da essere divenuto impossibile svolgere adeguatamente la propria personalità in quella "società naturale", costituita con il matrimonio, che è appunto la famiglia.

In merito al rapporto tra addebito e colpa, rispetto alla domanda di separazione che trova la propria ratio nell'intollerabilità da parte dei coniugi della convivenza al di là di un giudizio di colpa del coniuge, diversamente, il giudizio di colpa è centrale ai fini della dichiarazione di addebito e quindi la dichiarazione dell'addebito da parte del giudice comporta l'accertamento giudiziale che la separazione è imputabile ad uno solo o, in determinate ipotesi ad entrambi i coniugi, per la violazione dei doveri che discendono dal matrimonio.

L'inosservanza di tali doveri deve essere imputabile a dolo o a colpa, sebbene una parte della dottrina (Rossi Carleo), affermi che l'istituto dell'addebito non debba mai guardare ad una logica sanzionatoria, bensì nell'ottica di uno specifico rimedio a tutela di un coniuge. Il giudizio circa il mancato rispetto da parte del coniuge dei doveri derivanti dal matrimonio, deve avvenire secondo una valutazione circa l'intenzionalità del coniuge a porre in essere tale condotta, laddove si dimostri che egli non si è adeguato volontariamente “al criterio del normale impegno diligente” (Bianca). Correlativamente, se vi sono state violazioni dei doveri matrimoniali da una parte e dall'altra, la valutazione dei comportamenti dei coniugi deve essere globale per accertare quale condotta abbia causato, in modo determinante, l'intollerabilità della convivenza. Infatti, la valutazione, in tale ipotesi, deve essere globale e fondata sulla comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi, dato che la condotta di uno non può essere giudicata senza un suo raffronto con quella dell'altro, anzi va compreso quanto la loro reciproca interferenza ha inciso sul verificarsi della crisi matrimoniale.

Gli effetti della declaratoria di addebito, si riverberano esclusivamente sul piano patrimoniale, determinando la perdita del diritto all'assegno di mantenimento (ma non a quello degli alimenti) (Cass. n. 7165/ 1994, che precisa “la perdita del diritto al mantenimento a carico del coniuge al quale la separazione sia stata addebitata costituisce una sanzione che prescinde dalle condizioni economica del colpevole e si fonda su una valutazione discrezionale del Legislatore che non è censurabile per violazione degli articoli 3 e 29 della Costituzione”), e dei diritti successori.
Presupposti dell'addebito: profili generali

Cass. 8862/2012; Cass. 2012 8873/2012; Cass. 14042/2008, conf. Cass. n. 21245/2010; Cass. 12130/2001; Cass. 7566/1999, Cass. 10742/1998 Cass. n. 12130/2001; Cass. n. 7566/1999; Cass, n. 10742/1998, “ai fini dell'addebitabilità della separazione, il giudice di merito deve accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o entrambi i coniugi, e, quindi, se sussista un rapporto di causalità tra detto comportamento ed il verificarsi dell' intollerabilità dell'ulteriore convivenza o se, piuttosto, la violazione dei doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi sia avvenuta quando era gia maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale, o per effetto di essa”.

La Giurisprudenza, con orientamento ormai costante, ha precisato che: «ai fini dell'addebitabilità della separazione il Giudice di merito deve accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi, e quindi se sussista un rapporto di causalità tra detto comportamento ed il verificarsi dell'intollerabilità dell'ulteriore convivenza, o se piuttosto la violazione dei doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi sia avvenuta quando era già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale, o per effetto di essa».

Tribunale di Brescia, 14/10/2006, “non ogni violazione di obblighi coniugali comporta il diritto al risarcimento del danno ma solo quello posto in essere attraverso condotte che, per loro intrinseca gravità, si pongano come fatti di aggressione e che, pertanto, comportano una grave lesione dell'esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana ossia della lesione che, in un certo senso, va a toccare l'in sé della persona e non aspetti marginali della stessa. Infatti, il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di un altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo, da un lato ritenersi che i diritti definiti inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i titolari si trovino all'interno di un contesto familiare e dovendo, dall'altro, escludersi che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio riceve la propria sanzione, in nome di una presunta specificità, completezza ed autosufficienza del diritto di famiglia, esclusivamente nelle misure tipiche previste da tale branca del diritto”.

Tribunale S. Maria Capua V. , sez. I , 16/05/2018 , n. 1660

In materia di separazione per quanto concerne la domanda di addebito, com'è noto la pronuncia presuppone che sia raggiunta la prova di due circostanze:

a) un comportamento posto in essere da parte di uno o di entrambi i coniugi volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio (sui quali si fonda la cd. comunione materiale e spirituale cui lo stesso dà vita);

b) il nesso di causalità tra la detta violazione e la intollerabilità della prosecuzione della convivenza, nel senso che deve essere raggiunta la prova che proprio il comportamento posto in essere da parte di uno dei coniugi in violazione dei citati doveri "sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza.

Tribunale, S. Maria Capua V., sez. I, 11/01/2018, n. 120 In tema di separazione dei coniugi, va disposta la separazione dei coniugi qualora le risultanze processuali hanno ampiamente comprovato una crisi del rapporto coniugale di tale gravità da escludere, secondo ogni ragionevole previsione, la possibilità di ricostituzione di quell'armonica comunione di intenti e di sentimenti che di quel rapporto costituisce l'indispensabile presupposto. Nel caso di specie, sorregge tale convincimento il clima di tensione e di intolleranza determinatosi ormai irreversibilmente tra le parti, quale si desume dalla condotta processuale delle parti, dalle accuse che i coniugi si sono scambiati, dall'indifferenza ad ogni sollecitazione verso una conciliazione.

Elementi tutti dai quali si ricava, in modo univoco, il venir meno di ogni forma di comunione materiale e spirituale tra i coniugi per cui, essendo divenuta del tutto intollerabile la prosecuzione della loro convivenza, ricorrono senza dubbio le condizioni previste dall'art. 151 cc. e conseguentemente, in accoglimento della richiesta concorde delle parti, viste le rispettive rinunce, deve essere pronunziata la loro separazione personale senza addebito.

Cassazione civile, sez. I, 16/05/2017 , n. 12196

La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio.

Cassazione civile, sez. I, 01/02/2016 , n. 1867

Per l'addebito di responsabilità della separazione in capo ad uno dei due ex coniugi, è necessario verificare che la crisi del rapporto coniugale sia stata determinata dalla violazione dei doveri coniugali e non da altri fattori esterni (nella specie, la Corte ha sottolineato che la situazione d'intollerabilità della convivenza era maturata in una fase immediatamente vicina al deposito del ricorso di separazione personale e quindi per ragioni diverse dalla violazioni degli obblighi matrimoniali. Infatti, le denunce presentate dalla moglie per maltrattamenti, anche se successivamente risultate infondate, erano per tutelare i figli dal deterioramento del clima familiare, dovuto alla prossimità del ricorso per la separazione).
Abbandono della casa coniugale

Cass. Sez. I, 31.05.2012 n. 8773 non costituisce causa di violazione dell'obbligo matrimoniale, e non è quindi causa di addebito, se l'abbandono della casa coniugale è determinato dalla “mancanza di una appagante e serena intesa sessuale.”. (Nella fattispecie presa in esame dalla Corte la moglie aveva abbandonato la casa coniugale a Causa di problematiche di natura sessuale (mancanza di intesa sessuale). Il marito in sede di ricorso in Cassazione evidenziava che le problematiche lamentate erano da imputare alla donna che “si presentava indisponibile e priva di recettività).”

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2019, n.14591

La mancanza di intesa sessuale rappresenta una «giusta causa» per abbandonare il tetto coniugale per cui chi lascia il coniuge, non vivendo con lui un rapporto «sereno e appagante» non rischia di vedersi addebitata la colpa della separazione.
Allontanamento dalla causa coniugale

Cass. Pen., Sez. VI, 11.09.2012 n. 34562 “è sufficiente una lettera di addio del coniuge all'altro per provare la giusta causa dell'allontanamento definitivo dalla casa coniugale”. il giudice non può esaurire il proprio compito nell'accertamento del fatto storico dell'abbandono, ma deve ricostruire la situazione in cui esso si è verificato onde valutare la presenza di cause di giustificazione, per impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza.” L'art. 570 cp. rende punibile non l'allontanamento (rectius abbandono del domicilio domestico) in sé ma quello privo di una giusta causa. Al contrario, viene ritenuto motivo di addebito della separazione, l'allontanamento del marito dalla casa familiare dettato non da esigenze lavorative, ma dall'intento di abbandonare la famiglia, mentre non costituisce causa di addebito quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto.

Cassazione civile sez. VI, 18/09/2019, n. 23284

Sotto il profilo probatorio relativo al nesso di casualità, in caso di allontanamento dalla casa coniugale e di richiesta di addebito, spetta al coniuge richiedente provare non solo detto allontanamento, ma anche il nesso causale tra questo comportamento e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Violazione dell'obbligo di fedeltà

Cass. n. 8862/2012 l'addebito per violazione di tale obbligo sussiste pertanto qualora vi siano state violazioni degli obblighi matrimoniali, gravi e ripetute, che abbiano causato l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Ciò vale in generale per tutti gli obblighi nascenti dal matrimonio e non solo per quello di fedeltà.

Cass. n. 21245/2010 viene riconosciuto l'addebito al coniuge che tradisce l'altro e rende nota la sua relazione extraconiugale agli amici di famiglia. Per escludere l'addebito è richiesto che si fornisca la prova che il ménage preesistente restava in piedi solo sul piano formale.

Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, n. 21657

La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c. c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge. Corte appello Perugia, 20/01/2020, n. 33

In tema di separazione tra coniugi, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2020, n. 1136

La relazione con estranei che dà luogo a plausibili sospetti d'infedeltà rende addebitabile la separazione, quando comporti offesa alla dignità ed all'onore del coniuge, anche se non si sostanzia in adulterio.

Tribunale Brescia sez. III, 06/07/2019, n. 2103

In tema di separazione dei coniugi, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà rappresenta, di per sé, una violazione particolarmente grave determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza sempre che non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di un nesso causale tra l'infedeltà e la crisi coniugale tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Quanto poi all'allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato unilateralmente dal coniuge, cioè senza il consenso dell'altro coniuge, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale ed è conseguentemente causa di addebitamento della separazione.

Tribunale Benevento sez. I, 23/04/2019, n. 732 In tema di separazione personale, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che sussista un nesso di causalità tra l'infedeltà e la crisi coniugale. Tale rapporto causale deve essere verificato mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che non risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Ciò posto, nel caso di specie, il giudice ha analizzato le domande di addebito avanzate da entrambi i coniugi e, sulla base delle testimonianze, ha ritenuto sussistente il diretto nesso casuale tra la violazione del dovere di fedeltà a opera della moglie, colta in flagrante adulterio, e il suo abbandono del tetto coniugale, circostanza che determinava la crisi irreversibile del rapporto matrimoniale.

Tribunale Brescia sez. III, 22/03/2019, n. 815

La violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l'infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
Addebito e causalità

Tribunale Salerno sez. I, 16/12/2019, n. 3990

In tema di separazione dei coniugi, l'indagine sull'addebitabilità della separazione ad uno dei coniugi non può derivare semplicemente dalla valutazione di singoli episodi della vita coniugale, ma deve scaturire da un globale e rigoroso accertamento delle reciproche condotte. Inoltre, la pronuncia di addebito postula non soltanto il riscontro di un comportamento contrario ai doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi, ma anche l'accertamento che a tale comportamento sia causalmente collegabile la situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza, restando irrilevante la condotta successiva al verificarsi di tale situazione. Ne consegue che deve essere pronunciata la separazione senza addebito allorchè non sia stata raggiunta la prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno o da entrambi i coniugi abbia concretamente causato il fallimento della convivenza.

Tribunale Bergamo sez. I, 04/09/2019, n. 1909

La pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi – inosservanza che non può comunque essere generica ma deve manifestarsi in precisi fatti storici essendo, invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza tenendo a tal fine conto delle modalità e frequenza dei fatti e del tipo di ambiente in cui sono accaduti, in una valutazione globale e comparativa dei comportamenti di ciascun coniuge che permetta di verificare se quello tenuto da uno di essi sia stato la causa della intollerabilità della convivenza ovvero un effetto di questa.
Profili processuali

Cassazione civile sez. I, 28/06/2019, n. 17590

L'addebitabilità della separazione è oggetto di un accertamento giudiziale emesso su istanza di parte e tale domanda va proposta nel giudizio di separazione. Il giudice dichiarerà l'addebitabilità nella pronuncia di separazione. Pur essendo connessa alla domanda di separazione, la domanda di addebito è distinta rispetto ad essa. In materia di separazione personale dei coniugi, la domanda di addebito della separazione può essere introdotta per la prima volta con la memoria integrativa di cui all'art. 709, comma 3, c.p.c., in ragione della natura bifasica del giudizio, per cui alla finalità conciliativa propria della fase innanzi al presidente del tribunale segue, nell'infruttuosità della prima, quella contenziosa dinanzi al giudice istruttore, introdotta in applicazione di un sistema di norme processuali che mutua, per contenuti e scansioni, le forme del giudizio ordinario di cognizione, il tutto nell'ambito di una più ampia procedura segnata, nel passaggio tra la fase di conciliazione dei coniugi e quella contenziosa, da una progressiva formazione della "vocatio in ius".
Prova dell'addebito

Cassazione civile, sez. I, 12/09/2011, n. 18618

L'addebito di colpa presuppone la violazione dei doveri coniugali derivanti dal matrimonio e il nesso di causalità tra tale violazione e l'intollerabilità della convivenza, che deve essere provato dal richiedente. Pertanto, fallita la riconciliazione, non rileva il comportamento pregresso della moglie, e la mancanza di prove sulla prosecuzione della relazione extra coniugale, nonché sulla causalità di tale circostanza con la nuova crisi e l'intollerabilità della convivenza, preclude l'accoglimento dell'istanza di addebito di colpa. ‐ Non può non evidenziarsi che la prova per l'accertamento della violazione dei doveri matrimoniali, ai fini della dichiarazione di addebito, risulta spesso indiziaria e indiretta perché i fatti oggetto di causa, sono avvenuti tra le mura domestiche o nella dimensione privata dei soggetti coinvolti. Quando si tratta di provare l'infedeltà coniugale entrano in gioco una serie di elementi probatori che singolarmente non avrebbero alcun valore, ma unitariamente considerati possono condurre il giudice a considerare il fatto come provato.

Cassazione 6 novembre 2012, n. 19114, Cass. Civ. 19 maggio 2006, n. 11844 e Cass. Civ. 8 febbraio 2006, n. 28159

Le prove indiziarie (le così dette testimonianze de relato o indirette da parte di soggetti terzi estranei alla vicenda), in cui il fatto non è sottoposto alla diretta percezione fisica del teste. possono divenire valido elemento di prova se sono suffragate da altre circostanze oggettive e soggettive o da altre risultanze probatorie acquisite al processo che concorrano a rafforzarne la credibilità.

Pertanto il Giudice nel pronunciare l'addebito potrà basare la propria decisione anche su presunzioni purchè siano gravi, precise e concordanti.

Tribunale Perugia sez. I, 28/11/2019, n. 1850

Ai fini della domanda di addebito, la comprovata violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio ne rappresenta la condizione necessaria, ma non sufficiente, poiché il coniuge richiedente è onerato di provare che una simile condotta sia stata altresì concretamente idonea a produrre l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale, ossia il rapporto di causalità tra l'inadempimento dei suddetti doveri ed una rottura della comunione di intenti e di sentimenti tale da rendere impossibile la continuazione della convivenza, dovendosi pertanto escludere tale nesso qualora la crisi matrimoniale sia antecedente rispetto alla predetta violazione o sia comunque intervenuta semplicemente ad aggravare o a rendere definitiva una crisi già in atto.

Tribunale Perugia sez. I, 10/10/2019, n. 1548

Il giudice può dichiarare la separazione con addebito a carico di uno dei coniugi soltanto laddove la violazione dei doveri previsti dall'art. 143 c.c. sia stata causa ma non effetto della crisi familiare e della intollerabilità della convivenza, tenuto conto del comportamento precedente anche nei confronti dei figli e avuto riguardo alla condotta dell'altro coniuge, irrilevante, invece, in caso di aggressione ai diritti fondamentali, quali l'integrità e l'incolumità fisica, sociale o morale. Per quanto attiene all'onere della prova, grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda. Cassazione civile sez. VI, 18/09/2019, n.23284 Sotto il profilo probatorio relativo al nesso di casualità, in caso di allontanamento dalla casa coniugale e di richiesta di addebito, spetta al coniuge richiedente provare non solo detto allontanamento, ma anche il nesso causale tra questo comportamento e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

Tribunale Novara, 03/07/2019, n. 564

Ai fini dell'accoglimento della domanda di addebito, è necessaria la prova non solo delle condotte violative dei doveri nascenti dal matrimonio, ma anche della rilevanza causale delle stesse rispetto alla crisi coniugale, prova che deve essere fornita dalla parte che formula la relativa domanda; dal canto suo, la parte che ne contesta il fondamento è tenuta a fornire la prova dell'anteriorità della crisi coniugale rispetto alla condotta che le viene addebitata.

Corte appello Ancona, 12/02/2019, n. 206

La prova dell'addebito della separazione non deve necessariamente essere fornita mediante prova orale ma a tal fine ben possono essere utilizzate le risultanze documentali quali la sentenza pronunciata nell'ambito di un procedimento penale ove il coniuge è stato condannato per i reati di cui agli artt. 572 e 582 c.p. e dalla quale emerge una condotta tenuta dallo stesso marito prevaricatoria, offensiva ed infine violenta a carico della moglie, cui va, pertanto, attribuito l'addebito dell'intervenuta separazione risultando tali comportamenti caratterizzati da indubbia incidenza causale rispetto alla richiesta di separazione avanzata dalla moglie.
Altre cause di addebito

Cassazione civile, sez. I, 14/04/2011, n. 8548. 78

“In tema di addebitabilità della separazione personale, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili -traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner - essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo, e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l'addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere.”.

Tribunale Roma, sez. I, 11/02/2011, n. 2899

Va concesso l'addebito a carico del marito il quale, non soltanto non ha ottemperato ai propri doveri familiari ma ha altresì avuto nel corso della convivenza coniugale condotte ripetutamente violente nei confronti delle figlie e della moglie esternatesi in aggressioni fisiche, espressioni scurrili ed offensive, scatti di rabbia incontrollata a fronte di motivi futili se non inesistenti, intolleranza nei confronti dei familiari, oltre ad essersi più volte allontanato dall'abitazione familiare per periodi prolungati senza più dare notizie di sé.

Cassazione civile, sez. I, 14/01/2011, n. 817

Va confermata la pronuncia di addebito al marito che si è reso protagonista anche di un solo episodio di percosse, soprattutto ove causato da un motivo banale e futile come l'aver gettato nella spazzatura un tozzo di pane raffermo.

Cassazione civile, sez. I, 10/07/2008, n. 19065

Il marito è stato ritenuto responsabile della separazione che gli è stata addebitata, per aver fatto mancare il suo sostegno morale e materiale alla moglie malata di depressione.

Tribunale Prato, 02/12/2008 fattispecie particolare di addebito della separazione è costituita dalla condotta del marito che ha imposto alla moglie pratiche di scambio di coppia e di amori di gruppo, le quali, seppur dalla stessa a lungo accettate , hanno determinato un atteggiamento violento ed umiliante del marito allorquando la stessa ha dichiarato di volerle interrompere (‐ Costituisce motivo di addebito della e, nell'arco di una lunga convivenza matrimoniale, sottopone la moglie ad umiliazioni quotidiane, rivolgendosi alla stessa, in presenza di terzi, in modo irriguardoso e non assistendola anche quando aveva problemi di salute, ed infine manifestando nei suoi confronti ulteriore ostilità allorché la donna aveva manifestato l'intenzione di cessare le pratiche di scambio di coppia e di amori di gruppo che il marito le aveva imposto in precedenza, e dalla stessa a lungo accettate).

Cassazione civile, sez. I, 03/10/2008, n. 24574

Altro caso in cui la Cassazione ha addebitato al marito la separazione riguarda la scelta del marito di fissare la residenza familiare nel luogo più consono alla propria attività lavorativa non curandosi delle esigenze della moglie, prossima al parto. (Nel giudizio di separazione personale, ove venga dedotto come causa di addebitabilità della separazione il mancato accordo sulla fissazione della residenza familiare, il giudice di merito, al fine di valutare i motivi del disaccordo, deve tenere presente che l'art. 144 c.c. rimette la scelta relativa alla volontà concordata di entrambi i coniugi, con la conseguenza che questa non deve soddisfare solo le esigenze economiche e professionali del marito, ma deve soprattutto salvaguardare le esigenze di entrambi i coniugi e quelle preminenti della serenità della famiglia. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito, che aveva tenuto conto unicamente delle esigenze economiche e lavorative prospettate dal marito, omettendo di valutare quelle, offerte dalla moglie, inerenti al suo stato di gravidanza ed all'imminente maternità).

Cassazione civile, sez. VI , 19/07/2016, n. 14728

In materia di separazione personale, il mutamento di religione da parte di uno dei coniugi non può essere considerato come causa dell'addebito della separazione, neanche in un matrimonio concordatario, né dell'affido esclusivo dei figli all'altro genitore. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato dalla madre rivolto a ottenere la pronuncia dell'addebito in capo all'ex marito e l'affido esclusivo dei figli perché il padre di questi ultimi aveva aderito ai testimoni di Geova. Per la donna, si trattava di un disconoscimento "dei valori da lui fino ad allora accettati e trasmessi ai figli e la sua adesione a valori inconciliabili con quelli propri del cattolicesimo, accettati con il matrimonio concordatario e coincidenti con quelli costituzionali". Per la Suprema corte, invece, "nonostante l'incidenza sull'armonia della coppia", il mutamento di fede religiosa e la conseguente partecipazione alle pratiche collettive del nuovo culto, non possono rappresentare, in quanto tali, ragioni sufficienti a giustificare la pronuncia di addebito".

Corte appello Roma, 10/01/2020, n. 134

In tema di separazione dei coniugi, le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare di per sé sole, quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale.

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2019, n. 23010

Avere un secondo marito all'estero, pur essendo legata da precedente vincolo matrimoniale, è una circostanza di tale gravità da fondare, di per sé sola, la dichiarazione di addebitabilità della separazione (addebito della separazione per la moglie che aveva contratto altro matrimonio con un cittadino egiziano, in costanza del matrimonio con il marito italiano).

Cassazione civile sez. VI, 15/02/2019, n. 4653

In tema di separazione, è da escludere l'addebito alla moglie che si rifiuta di avere rapporti intimi con il marito, quando ciò dipende da una malattia documentata nonché dall'opprimente atmosfera instaurata in casa dal marito, che non poteva certo agevolare una normale vita di coppia. Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse. Al riguardo, va osservato che il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Cassazione civile, sez. VI, 01/08/2018, n. 20374

In tema di separazione coniugale, l'addebito della separazione è riconosciuto "in toto" in capo al coniuge che ha denunciato la realizzazione di un fatto grave in capo all'altro coniuge, nonostante la consapevolezza dell'insussistenza di tale fatto (nella specie, la moglie aveva denunciato il marito di abusi sessuali commessi nei confronti della figlia nonostante fosse consapevole dell'insussistenza di tali fatti).

Cassazione civile, sez. I, 16/04/2018, n. 9384

In tema di addebito di separazione, costituisce una violazione degli obblighi di fedeltà ex art. 143 cod. civ. da parte del marito la ricerca di relazioni extraconiugali tramite internet, trattandosi di circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l'insorgere della crisi matrimoniale all'origine della separazione.

Tribunale, Prato, 28/10/2016, n. 1100

La separazione giudiziale va addebitata al coniuge che, con la sua condotta, abbia determinato il venir meno del rapporto fiduciario con l'altro coniuge, e quindi la crisi matrimoniale, oltretutto dando cattivo esempio ed incitamento alla figlia minore adolescente (nella specie, la separazione è stata addebitata alla moglie che:

a) ha avuto, o almeno ha dato a intendere di avere, una relazione extraconiugale, alludendovi con post volgari sul suo profilo Facebook, leggibili anche dalla figlia;

b) ha ivi pubblicato foto sia sue che della figlia in abbigliamento succinto e con atteggiamento inopportuno per l'una e per l'altra;

c) ha consentito che alla figlia venissero scattate foto in pose allusive e discutibili, commentandone poi una positivamente allorché la figlia stessa l'ha pubblicata sul proprio profilo Facebook).
Il risarcimento del danno nella separazione

Le norme che regolano il diritto di famiglia hanno costituito fino ad oggi un sistema autonomo e completo, da sempre refrattario al concetto della responsabilità civile ex art. 2043 c.c., ma, a seguito di una profonda rielaborazione giurisprudenziale, tale impianto ha subito rilevanti modifiche. Pertanto, la responsabilità aquiliana, ha fatto il proprio ingresso anche all'interno delle problematiche della famiglia.

Circa il rapporto tra addebito e risarcimento del danno nella separazione, la giurisprudenza non ha una posizione unitaria. In via generale, nel ricorso per separazione giudiziale dei coniugi può essere richiesto, dal ricorrente, il risarcimento del danno subito in conseguenza di comportamenti dell'altro che vanno ad intaccare “l'in sè della persona e non aspetti marginali della stessa”. Pertanto, è stato, statuito che la mancanza di addebito della separazione di per sé non esclude il ricorso allo strumento risarcitorio; oltre alla separazione con addebito, si può richiedere un ulteriore risarcimento del danno subito a seguito di comportamenti illeciti dell'altro coniuge, qualora essi siano “palesemente incompatibili con il sano e normale andamento della vita di coppia ponendo in essere atteggiamenti di evidente disinteresse nei confronti della consorte”. Qualora i comportamenti illeciti tenuti dal coniuge comportino, in capo all'altro coniuge, danni all'integrità psicofisica, la parte danneggiata potrà pretendere il risarcimento del danno biologico (comprensivo del danno esistenziale) o alla salute.

La Cassazione, con sent. N. 5866 del 1995 ha precisato chr “l'addebito della separazione, di per sé considerato, non è fonte di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043, determinando solo il diritto del coniuge incolpevole al mantenimento.

Pertanto la risarcibilità dei danni ulteriori è configurabile solo se i fatti che hanno dato luogo all' addebito integrano gli estremi dell'illecito ipotizzato dalla clausola generale di responsabilità espressa dalla norma citata”. Secondo la giurisprudenza, si renderà necessaria una verifica della ricorrenza, nel caso concreto, della lesione di una posizione giuridica soggettiva, causata da una condotta dolosa o colposa e andrà riscontrata l'esistenza di un nesso causale tra condotta ed evento. Dottrina e giurisprudenza riconoscono la risarcibilità del c.d. danno endofamiliare, a condizione che la condotta del coniuge contraria ai doveri nascenti dal matrimonio abbia altresì cagionato un danno ingiusto suscettibile di essere risarcito ai sensi degli artt. 2043 ss.

È necessario poi verificare le circostanze nelle quali la condotta di un coniuge possa cagionare all'altro un danno ingiusto, nonché i rapporti che intercorrono tra la violazione dei doveri matrimoniali, l'addebito della separazione ed il danno ingiusto. Secondo gli interpreti, il comportamento di un coniuge in violazione dei doveri matrimoniali, può provocare l'addebito della separazione, soltanto se ha determinato l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, oppure il grave pregiudizio all'educazione della prole.

Tale comportamento può portare ad una responsabilità aquiliana se si concretizza un danno ingiusto, che non necessariamente deve coincidere con la violazione dei doveri matrimoniali o con la declaratoria di addebito. Il risarcimento del danno può essere accordato quando la condotta grave del coniuge ha violato, non solo uno dei diritti nascenti dal matrimonio, ma ha anche provocato la lesione di un interesse ulteriore, tutelato dall'ordinamento. Quindi, se non si riconoscesse il risarcimento del danno, tale interesse rimarrebbe privo di tutela, perché non potrebbe essere compensato con i rimedi specifici previsti nell'ambito del diritto di famiglia.

Cass. 10 maggio 2005, n. 9081

La violazione dei doveri derivanti dal matrimonio rappresenta il presupposto per accertare la concreta lesione di un interesse tutelato, al riguardo la Suprema Corte ha affermato a chiare lettere che «il rispetto della dignità e della personalità di ogni componente del nucleo familiare assume i connotati di diritto inviolabile, la cui lesione da parte dell'altro componente del nucleo della famiglia, così come da parte del terzo, costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo ritenersi che diritti definiti come inviolabili ricevano tutela diversa a seconda che i loro titolari si pongano o meno all'interno di un contesto familiare».

Cass. 31 maggio 2003, n. 8827 e n. 8828

Il rapporto tra violazione dei doveri coniugali e responsabilità aquiliana deve essere inquadrato nel più ampio contesto del risarcimento del danno per lesione di un interesse costituzionalmente rilevante ex art. 2059 c.c., ,”....Appare significativa l'evoluzione della giurisprudenza di questa S.C., sollecitata dalla sempre più avvertita esigenza di garantire l'integrale riparazione del danno ingiustamente subito, non solo nel patrimonio inteso in senso strettamente economico, ma anche nei valori propri della persona (art. 2 Cost.). In proposito va anzitutto richiamata la rilevante innovazione costituita dall'ammissione a risarcimento (a partire dalla sentenza n. 3675-81) di quella peculiare figura di danno non patrimoniale (diverso dal danno morale soggettivo) che è il danno biologico, formula con la quale si designa l'ipotesi della lesione dell'interesse costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.) alla integrità psichica e fisica della persona.

Non ignora il Collegio che la tutela risarcitoria del c.d. danno biologico viene somministrata in virtù del collegamento tra l'art. 2043 c.c. e l'art. 32 Cost., e non già in ragione della collocazione del danno biologico nell'ambito dell'art. 2059, quale danno non patrimoniale, e che tale costruzione trova le sue radici (v. Corte cost., sent. n. 184-1986) nella esigenza di sottrarre il risarcimento del danno virtù del collegamento tra l'art. 2043 c.c. e l'art. 32 Cost., e non già in ragione della collocazione del danno biologico nell'ambito dell'art. 2059, quale danno non patrimoniale, e che tale costruzione trova le sue radici (v. Corte cost., sent. n. 184-1986) nella esigenza di sottrarre il risarcimento del danno biologico (danno non patrimoniale) dal limite posto dall'art. 2059 norma nel cui ambito ben avrebbe potuto trovare collocazione, … si deve ormai ritenere acquisito dal diritto positivo la nozione di danno non patrimoniale inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona, e non più solo come "danno morale soggettivo".

Cass. n. 18853/11

Il danno non patrimoniale così configurato costituisce la forma più appropriata per un adeguato ristoro alla lesione subita dal familiare, in quanto consente di offrire una tutela indipendentemente dalla circostanza che la condotta lesiva integri fattispecie delittuosa, o fattispecie per la dichiarazione dall'addebito della separazione.

Trib di Brescia, sentenza 14/10/2006

All'interno del ricorso per separazione giudiziale dei coniugi può essere richiesto, dal ricorrente, il risarcimento del danno subito in conseguenza di comportamenti dell'altro che vanno ad intaccare l'in sè della persona e non aspetti marginali della stessa. E' stato, dunque, giustamente, sancito il principio secondo cui la mancanza di addebito della separazione di per sé non esclude il ricorso allo strumento risarcitorio. Rileva, infatti, che lo stesso è previsto e riconosciuto allorchè vengono poste in essere “condotte che, per loro intrinseca gravità, si pongono come fatti di aggressione e che, pertanto, comportano una grave lesione dell'esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana ossia della lesione che, in un certo senso, va a toccare l'in sé della persona e non aspetti marginali della stessa.

Infatti, il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di un altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo, da un lato ritenersi che i diritti definiti inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i titolari si trovino all'interno di un contesto familiare e dovendo, dall'altro, escludersi che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio riceve la propria sanzione, in nome di una presunta specificità, completezza ed autosufficienza del diritto di famiglia, esclusivamente nelle misure tipiche previste da tale branca del diritto.

Cass. civ., 15 settembre 2011, n. 18853

Si rileva, infatti, che “I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi su detti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell'azione di risarcimento relativa a detti danni "

Tribunale, Parma, 07/12/2017, n. 1667

E' ammessa, in sede di separazione, la possibilità di risarcire un danno sia patrimoniale sia non patrimoniale (quale, ad esempio, la violazione del diritto di "dignità", quale voce di danno autonoma rispetto a quella riguardante la lesione del diritto alla salute) conseguente alla violazione dei doveri coniugali. In ragione di quanto esposto, è ipotizzabile richiedere oltre alla separazione con addebito, un ulteriore risarcimento del danno subito a seguito di comportamenti illeciti dell'altro coniuge, qualora essi siano palesemente incompatibili con il sano e normale andamento della vita di coppia ponendo in essere atteggiamenti di evidente disinteresse nei confronti della consorte. Qualora i comportamenti illeciti tenuti dal coniuge comportino in capo all'altro coniuge danni all'integrità psicofisica, la parte lesa potrà pretendere il risarcimento del danno biologico (comprensivo del danno esistenziale) o alla salute. Tale voce di danno, giova ribadirlo, esula sia dalla figura del danno patrimoniale e/o da quello del danno morale.

La mancanza di addebito della separazione non è preclusiva di separata azione per il risarcimento dei danni riguardanti diritti costituzionalmente protetti, ma la mera violazione dei doveri matrimoniali non può di per sé, ed automaticamente, integrare una responsabilità risarcitoria (nel caso di specie la notorietà dei fattori di criticità preesistenti e la loro consapevole accettazione da parte del coniuge ricorrente al momento delle nozze non consentono di ravvisare la illiceità della condotta ed il carattere ingiusto del danno cui l'art. 2043 cit. condiziona il sorgere di una responsabilità.
Sentenze sul risarcimento del danno

Cass. civile, Sez. I, 15.09.2011 n° 18853

"I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi su detti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell'azione di risarcimento relativa a detti danni".

Cass. Civile, Sezione I, 01-06-2012, n. 8862

La violazione di diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, anche ai sensi dell'art. 2 Cost., invero, incidendo sui beni essenziali della vita, dà luogo a risarcimento dei danni non patrimoniali. La responsabilità aquiliana del coniuge per violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale è compatibile con la pronuncia di addebito della separazione a carico del medesimo. Va precisato che la responsabilità tra coniuge o del genitore nei confronti del figlio, non si fonda sulla mera violazione dei doveri, matrimoniali o di quelli derivanti dal rapporto di genitorialità, ma sulla lesione, a seguito dell'avvenuta violazione di tali a doveri, di beni inerenti la persona umana, come la salute, la privacy, i rapporti relazionali, etc.

Tribunale, Ragusa, 15/11/2017, n. 1278

La violazione dei doveri nascenti dal matrimonio non trova sanzione nelle sole misure tipiche previste dal diritto di famiglia, essendo al contempo atta — ove ne sussistano i presupposti — ad integrare gli estremi di un illecito civile generatore di responsabilità aquiliana. Quest'ultima, tuttavia, non discende automaticamente dalla mera violazione dei doveri di cui all' art. 143 c.c., dovendo, in particolare, quanto ai danni non patrimoniali, riscontrarsi la concomitante esistenza di tutti i presupposti ai quali l'art. 2059 c.c. riconnette detta responsabilità. Segnatamente, reiterati comportamenti ingiuriosi, violenti e gravemente intimidatori integrano senz'altro la tradizionale fattispecie risarcitoria ex art. 2059 c.c. essendo fatti delittuosi sussumibili all'interno delle fattispecie di cui agli artt. 612, 594 e 581 c.p.

Tribunale Rimini, 04/04/2019, n. 301

Se la violazione dei doveri coniugali abbia determinato esclusivamente il vulnus di quei diritti che, seppure costituzionalmente rilevanti, afferiscono allo status di coniuge, i rimedi del diritto di famiglia esauriscono la tutela apprestata dall'ordinamento. Ove, però, la violazione abbia cagionato un interesse che travalica l'ambito della famiglia, in quanto afferisce alla persona in quanto tale e non in quanto coniuge - come nel caso in cui l'adulterio, per le sue modalità ingiuriose o diffamatorie, abbia comportato la lesione dell'onore e della reputazione – non può escludersi la concorrente tutela aquiliana del danneggiato.

Tribunale Rimini, 04/04/2019, n. 301

La condotta del coniuge in violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio ben può (oltre che costituire motivo di addebito della separazione, anche) assurgere a fonte di responsabilità civile, ove presenti i caratteri propri del fatto illecito, descritti dagli artt. 2043 e ss c.c. e, in particolare, dall'art. 2059 c.c., che subordina il risarcimento del danno non patrimoniale all'espressa previsione di legge, alla rilevanza penale del fatto o al rilievo costituzionale dell'interesse leso. Tuttavia va anche precisato che la condotta violativa dei doveri nascenti dal matrimonio non è di per sé sufficiente a fondare la tutela risarcitoria. Non può, infatti, pretermettersi il bilanciamento tra interessi contrapposti o meglio tra le situazioni soggettive coinvolte dall'illecito endofamiliare: la posizione del coniuge che domanda il risarcimento - allegando la lesione del diritto all'integrità familiare e all'assistenza morale e materiale in seno al matrimonio – con la situazione soggettiva del coniuge autore della violazione, il quale, dal canto suo, vanta il diritto ad autodeterminarsi nell'ambito della sfera privata e familiare, nonché la libertà delle scelte sentimentali, ontologicamente incoercibili. Nell'ambito di tale bilanciamento, deve dirsi che, se il diritto alla conservazione dell'unione coniugale prevale nell'ambito del sistema del diritto di famiglia, trovando la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio adeguata sanzione nell'addebito della separazione, fuori da tale sistema, non necessariamente il diritto all'integrità della vita familiare è destinato a prevalere, sicché la mera violazione del dovere di fedeltà coniugale non può di per sé sola determinare la condanna al risarcimento del danno che ontologicamente ne deriva.

Cassazione civile sez. III, 07/03/2019, n. 6598

I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi suddetti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell'illecito civile e dar luogo a un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell'articolo 2059 del codice civile, senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a questa preclusiva.

Cassazione civile sez. III, 07/03/2019, n. 6598

La natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l'addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all'onore o alla dignità personale. (Nella specie, la S.C ha confermato la sentenza che aveva escluso non solo, in radice, che la violazione del dovere di fedeltà fosse stata causa della separazione, avendo la moglie svelato al marito il tradimento solo mesi dopo la separazione, ma anche che il tradimento, per le sue modalità, avesse recato un apprezzabile pregiudizio all'onore o alla dignità del coniuge, in quanto non noto neppure nell'ambiente circostante e di lavoro e comunque non posto in essere con modalità lesive della dignità della persona).
Avv. Antonino Sugamele

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